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 2016  novembre 18 Venerdì calendario

Prova d’indipendenza di Lady Fed e quei timori sul superdollaro

NEW YORK I l primo avviso a Donald Trump non arriva da un leader straniero, non dal partito democratico stordito dalla disfatta e neanche dalle proteste di piazza. È Janet Yellen la voce dissonante più efficace nel Paese. Ieri la presidente della Federal Reserve ha parlato con chiarezza nell’audizione davanti alle Commissioni economiche riunite del Congresso.
Negli ultimi anni il percorso dell’economia americana è stato faticoso. Al di là degli slogan e della propaganda restano i numeri. Barack Obama termina i suoi otto anni di mandato con una crescita media annuale pari al 2,1%: è la stessa performance ottenuta da George W. Bush, il presidente che ha lasciato il Paese in piena recessione. Ora, però, quello che conta è la prospettiva: uno studio del «Congressional Budget Office», commissione bipartisan, prevede che questo ritmo del 2% continuerà fino al 2026. Donald Trump si prepara a dare una scossa a questa linea piatta che si allunga fino all’orizzonte dei prossimi dieci anni. E il solo «effetto annuncio» ha mobilitato le lobby industriali e finanziarie.
Il compito istituzionale di Janet Yellen è vigilare e, se il caso, intervenire per evitare conseguenze indesiderate. È ciò che ha inteso dire ieri la presidente della Fed rivendicando una «visione più complessiva». Yellen ha commentato alcuni segnali positivi nel mese di ottobre: il + 25% del settore edilizio, la crescita media del 2,8% dei salari. Sono passaggi di un percorso di graduale consolidamento della ripresa che dovrebbero consentire il 14 dicembre di alzare i tassi di interesse di un quarto di punto percentuale, salendo fino allo 0,75%.
Ma il tema è che Yellen resta prudente, mentre Trump suona la carica. La presidente della Fed sorveglia con attenzione la curva dei prezzi. Per il momento il tasso di inflazione viaggia sull’1,7-1,8%, al di sotto dunque della soglia obiettivo del 2%. La presidente della Fed, però, teme che il gigantismo di Trump possa riportarla fuori controllo, immettendo troppa liquidità nel sistema. E più l’inflazione sale, più corrode i vantaggi della crescita.
Il piano governativo sarà coperto da crediti di imposta concessi ai privati per un potenziale ammontare di 820 miliardi di dollari. Una cifra consistente che si scaricherebbe in prima battuta sul debito pubblico che è già pari a circa 20 mila miliardi di dollari, il 105% del pil. Anche questo è un rischio, avverte Yellen.
Vedremo nei prossimi giorni come reagirà Donald Trump. Una cosa è certa: i due dovranno convivere fino al 31 gennaio 2018. Janet Yellen ha precisato che porterà a termine il suo incarico. Trump non potrà impedirlo. Il presidente degli Stati Uniti nomina i 7 governatori del board della Fed, tra cui poi viene nominato il numero uno, ma non ha poteri di revoca.
Il controcanto di Yellen disturberà anche il progetto di «deregulation» finanziaria. Trump ha annunciato che intende cambiare radicalmente la legge Dodd-Frank, promossa da Barack Obama e varata dal congresso a guida democratica nel 2010. Norme restrittive studiate con l’obiettivo di rimettere ordine nel mondo della finanza, dopo la bolla dei subprime del 2007. Intorno a Trump si è già mobilitata una parte consistente della lobby di Wall Street. Il neopresidente vorrebbe piazzare al Tesoro Carl Icahn, 80 anni, uno dei raider più famosi e controversi del mondo. La sua figura ispirò a Oliver Stone il personaggio di Gordon Gekko nel film Wall Street (1987). È probabile che alla fine la poltrona di comando dell’economia toccherà a Steven Mnuchin, 53 anni, gestore di un hedge fund e nel 2007 speculatore d’assalto proprio sui subprime con il fondo OneWest Bank. Davanti a questi nomi Yellen rivede i pericoli di un ritorno al passato, mentre ritiene che la legge Dodd-Frank abbia «fatto progressi» nella protezione dei depositanti. Trump punta a far saltare il vincolo che impedisce alle banche commerciali di usare i depositi dei correntisti per fare investimenti a rischio. Il presidente pensa di potere recuperare anche da qui fondi per finanziarie le grandi opere. Ciò significa che la dialettica, e forse lo scontro, Trump-Yellen, è solo all’inizio.