Il Sole 24 Ore, 17 novembre 2016
L’outsider Macron scende in campo
PARIGI «Sono pronto». Adesso anche la Francia ha il suo candidato outsider, apparentemente anti-sistema, all’elezione presidenziale. Com’era peraltro scontato da mesi, l’ex banchiere d’affari ed ex ministro dell’Economia Emmanuel Macron ha ufficialmente annunciato ieri mattina che parteciperà alla corsa all’Eliseo dell’anno prossimo (primo turno il 23 aprile, ballottaggio il 7 maggio).
Con un discorso di un quarto d’ora, simbolicamente pronunciato in un innovativo centro di formazione professionale nella problematica periferia Nord di Parigi, Macron ha brevemente spiegato le ragioni della sua decisione e distillato alcuni degli slogan della prossima campagna elettorale: «Ho visto dall’interno la vacuità del nostro sistema politico. Un sistema bloccato da corporativismi che paralizza il Paese. Tra qualche mese, avremo la possibilità di rifiutare lo statu quo, perché il gioco dell’alternanza sinistra-destra non è sufficiente a farci respirare. La Francia non può rispondere alle sfide del XXI secolo con gli stessi uomini e le stesse idee, con ricette del secolo scorso che si sono dimostrate fallimentari. A questo sistema dobbiamo rispondere con una rivoluzione democratica profonda, che ci ridia la speranza».
La parola chiave di questa “rivoluzione” – pur nell’attesa di un programma chiaro e concreto che inizierà a essere dettagliato con l’uscita, la prossima settimana, del libro “Révolution”, al quale Macron lavora da mesi per costruire lo “storytelling” della sua candidatura – è «flessibilità». Per costruire un «nuovo sistema» che sia in grado di adattarsi ai bisogni e alle specificità di tutti. Che offra a tutti «nuove opportunità».
L’ambizione di giocare un ruolo di primo piano sulla scena politica francese, Macron la coltiva da tempo. Forse da sempre. L’opportunità gli è stata paradossalmente offerta proprio dall’uomo che più si sente tradito dalla sua iniziativa: il presidente François Hollande, che quattro anni fa, appena eletto, lo ha chiamato come consigliere all’Eliseo. Ma anche da un altro personaggio che oggi pure si sente tradito: il premier Manuel Valls, che due anni fa ha insistito per averlo al proprio fianco, da potente ministro appunto dell’Economia, nel nuovo Governo di ispirazione liberal-riformista.Sette mesi fa ha fondato il movimento – né di destra né di sinistra – En Marche (le cui iniziali sono le stesse del suo leader), che avrebbe ormai circa 100mila aderenti e che si sta strutturando con una presenza articolata sul territorio. E due mesi e mezzo fa si è dimesso, per dedicarsi liberamente a questa avventura. In cui per ora l’hanno seguito una quarantina di parlamentari socialisti.
La “discesa in campo” ufficiale era in realtà prevista per l’inizio di dicembre. Ma Macron ha deciso di accelerare i tempi per una serie di ragioni. La prima è che spera di poter influire sulle primarie del centro-destra (il primo turno sarà domenica prossima), fornendo un’alternativa a centristi e moderati che potrebbero quindi decidere di non andare a votare Alain Juppé (e una vittoria di Nicolas Sarkozy gli aprirebbe spazi insperati nel potenziale elettorato del sindaco di Bordeaux). La seconda è che si sta rafforzando la possibilità di una candidatura Valls (qualora Hollande gettasse la spugna) ed è importante bruciarlo sul tempo, visto che i due ex amici (ora nemici giurati) hanno entrambi nel mirino l’elettorato socialista moderato. La terza è che gli ultimi sondaggi hanno registrato un calo di popolarità di Macron e quindi c’era bisogno di rimettere della benzina nell’auto.
Durissime, ovviamente, le reazioni di tutti i dirigenti politici “tradizionali”. Valls ha sottolineato che «per governare un Paese serve esperienza e bisogna evitare le avventure individuali», richiamando l’attenzione sul fatto che Macron, 38 anni, non ha mai avuto un incarico elettivo. Juppé ha insistito sul fatto che è «un traditore» (del quale, sottinteso, non ci si può quindi fidare). E Marine Le Pen – che proprio ieri ha inaugurato il quartier generale di una campagna all’insegna dello slogan «Marine présidente», con il simbolo di una rosa (socialista) blu (il colore della destra) – lo ha liquidato come «il candidato delle banche e della finanza, dell’ultraliberismo e della mondializzazione selvaggia, l’ennesimo candidato di una élite totalmente disconnessa dalla realtà della gente».
Un’immagine che alla luce del proprio percorso – le scuole private, il liceo giusto, l’Ena, l’Ispettorato delle finanze, la banca d’affari – Macron avrà difficoltà a scrollarsi di dosso. Soprattutto nel delicato passaggio da candidato virtuale a reale, dovendosi buttare in un’arena dove spesso prevalgono i messaggi semplificati diretti alla “pancia” dell’elettorato.