Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 17 Giovedì calendario

I vincitori sconfitti. I casi Al Gore e Clinton

Solamente pochi commentatori hanno evidenziato che Hillary Clinton, anche se di poco, ha ottenuto un numero di voti maggiori di Donald Trump. Ritengo che la cosa sia invece rilevante perché la stampa ed in genere i media in Italia hanno lasciato in molti casi passare il messaggio che Trump abbia stravinto le elezioni americane. La verità è che solamente il sistema elettorale americano (un po’ arcaico) ha fatto vincere Trump e non il voto popolare che è andato in maggioranza alla Clinton. Non crede che questo sistema ponga seri problemi di democrazia negli Stati Uniti ?
Romano Casalini

Caro Casalini,
Come Sabino Cassese ha ricordato sul Corriere del 14 novembre, il presidente degli Stati Uniti non è eletto dall’insieme dei suoi connazionali, ma da un collegio elettorale che si compone di grandi elettori. Ogni Stato della Federazione ha diritto a una pluralità di grandi elettori calcolata sulla base di due fattori: il numero dei suoi rappresentanti al Congresso e quello dei suoi abitanti. La vittoria, in ultima analisi, non dipende dai voti che un candidato riceve dai singoli elettori, ma dal numero dei grandi elettori che sono disposti a votare per la sua persona. Vince quindi il candidato che conquista gli Stati in cui il numero dei grandi elettori è più alto. Non è tutto: per favorire un risultato indiscusso, è stato deciso che i collegi elettorali dei singoli Stati assomiglino ai collegi uninominali di un sistema maggioritario. Come basta un solo voto di maggioranza perché Tizio rappresenti l’intero collegio, così basta la semplice maggioranza perché tutti i grandi elettori del secondo arrivato si facciano da parte e diano i loro voti al vincitore.
Il sistema fu messo a punto da James Madison, quarto presidente degli Stati Uniti, per inserire una sorta di filtro intermedio fra il popolo e i suoi rappresentanti. Si temeva che i singoli cittadini fossero insufficientemente informati sulle grandi questioni nazionali o venissero manipolati da fazioni rissose e partigiane. Le circostanze, oggi, sono alquanto diverse e questa antica consuetudine ha provocato in tempi recenti almeno due risultanti molto discutibili: la sconfitta di Al Gore contro George W. Bush nel 2000 e quella di Hillary Clinton negli scorsi giorni. Ma la modifica del sistema richiede un emendamento alla Costituzione e i repubblicani (che sinora ne hanno tratto vantaggio) sembrano decisi a impedirla.
Recentemente il New York Times ha ricordato che una soluzione possibile consisterebbe nel cambiare almeno il sistema dei voti nei collegi elettorali. Anziché votare tutti per il candidato che ha ricevuto il maggior numero di voti, i grandi elettori di ogni singolo Stato potrebbero, al momento, dividersi secondo le percentuali ottenute dai candidati nel loro Stato. Ma in questo caso il voto elettorale sarebbe soltanto una ripetizione del voto popolare e quindi sostanzialmente inutile.