Corriere della Sera, 17 novembre 2016
Il rifiuto di Bob Dylan che non ritirerà il Nobel
Bob Dylan non andrà a ritirare dalle mani del re di Svezia il premio Nobel per la Letteratura. «Impegni presi in precedenza», si è limitato a dire il cantautore, anche se il suo tour finisce la prossima settimana. L’Accademia di Stoccolma incassa: «Non sarebbe il primo a non venire alla consegna».
come direbbe lui, siamo Tangled Up in Blue, cioè tormentati dalla tristezza. In dicembre a Stoccolma fa freddo – forse come quando a Manhattan soffia il vento, c’è neve dovunque e ci si congela fino alle ossa ( Talkin’ New York ) – ma non è questa una buona ragione per restare a casa, parlando di «altri impegni», invece di andare a ritirare il Nobel per la Letteratura. Bob Dylan ci ha traditi. Non è solo un problema di correttezza e, perché no, di educazione.
Evitiamo l’elogio dell’ombra: non c’è niente di seduttivo, di misterioso o di romantico nel restare nascosti, nel negare il proprio volto al mondo. Soprattutto per chi è, comunque, Forever Young. È troppo tardi per dire: datelo allora a Leonard Cohen. Lui si sarebbe tolto sicuramente il cappello grigio in segno di riconoscenza. I’m Your Man, avrebbe detto, prima di conquistare anche Stoccolma.
Non tutti (soprattutto alcuni scrittori-scrittori) hanno condiviso l’assegnazione del massimo riconoscimento delle lettere a un genio della musica. Invidie, gelosie? Certo, Just Like a Woman non sarebbe quel capolavoro che è senza il ruggito in sordina che spezza a metà le strofe, il brivido che precede il pianto immaginario di una strana regina dei sogni che «finge come una donna» e poi «scoppia in lacrime come una bambina». Ma i versi di Dylan, anche letti su un foglio di carta, sono un viaggio incredibile nell’inferno della fantasia. Meritano qualsiasi premio.
Accettare un invito (che non doveva essere respinto) voleva dire però rispondere alla sfida delle sole parole. Questo è probabilmente il nocciolo della questione. Sarebbe stato il momento di spiegare: forse una cosa quasi impossibile per chi è posseduto dal demone di dilaniare e rendere irriconoscibile il proprio lavoro. Ma anche un uomo oscuro, introverso e solitario come V.S. Naipaul si convinse a parlare (vestito di nero, un cravattone bordeaux ) al cospetto degli accademici svedesi. Imbarazzato e intimidito, confessò, «perché tutto quello che vale di me è nei miei libri». Ci poteva provare anche Dylan. In fondo ha già scritto My Back Pages. E noi lo avremmo ascoltato.