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 2016  novembre 17 Giovedì calendario

Le quattro tribù attorno a Donald

Gli affari ai figli Il genero Kushner consigliere numero 1
Jared Kushner, 35 anni, sta emergendo come la figura chiave nella Trump Tower. È l’esponente di un’importante dinastia di immobiliaristi di New York. Nel 2009 ha sposato Ivanka, secondogenita di Donald Trump. La sua società, Kushner Real Estate Group, dispone di un patrimonio di 7 miliardi di dollari. È possibile che abbia appoggiato anche finanziariamente la campagna elettorale del suocero. I tre figli più grandi del tycoon, cioè Donald Jr., la stessa Ivanka ed Eric, hanno fatto sapere che non assumeranno incarichi nell’amministrazione. Si occuperanno delle aziende. Jared, invece, può coltivare liberamente le sue ambizioni politiche. In questa fase, nelle riunioni più ristrette, è anche il portavoce di Ivanka, la persona della famiglia che, fin dall’inizio della campagna, ha più influenza su «The Donald». Ma bisogna fare attenzione: Jared non è affatto il ventriloquo di Ivanka. È un rapporto bilanciato. La coppia ha tre figli e vive secondo i dettami religiosi degli ebrei ortodossi. Sta di fatto che nelle ultime ore il giovane uomo d’affari ha scardinato quelli che sembravano equilibri consolidati. In un colpo solo ha messo in difficoltà Chris Christie e Ben Carson. C’è chi sostiene che potrebbe diventare lui il consigliere numero uno, al di là dei ruoli, anche alla Casa Bianca.
L’establishment dei repubblicani conta su Pence
Nessun rappresentante del partito repubblicano tradizionale fa parte del «caminetto» di The Donald nella Trump Tower. Il neo presidente, con una mossa distensiva, ha avallato la scelta dei deputati di confermare lo speaker Paul Ryan, spesso su posizioni frondiste durante la campagna elettorale. Questo blocco, dunque, sta cercando di condizionare le scelte di Trump per vie esterne, dialogando soprattutto con il vice presidente in pectore, Mike Pence. Lo scontro è sul prossimo Segretario di Stato. L’autocandidatura di Rudy Giuliani ha spiazzato Ryan e gli altri, che immaginavano l’ex sindaco di New York alla Giustizia. Il problema, dal loro punto di vista, è che l’alternativa potrebbe essere peggiore: l’interventista John Bolton. Anche questa nomina, come tutte le altre, dovrà essere ratificata dal Senato, dove i repubblicani possono contare su una maggioranza di misura: 51 contro 48, l’ultimo seggio sarà assegnato il 10 dicembre in Louisiana. Sono comunque due nomi che dividono il Grand Old Party. Il candidato dell’establishment di Washington è Bob Corker, presidente della Commissione affari esteri del Senato. Ma per Trump ha una grave controindicazione: Corker ha definito Vladimir Putin «un dittatore».

Quelli di Wall Street puntano ad assicurarsi la poltrona del Tesoro
La partita sull’economia sembra al riparo dalle grandi turbolenze della Trump Tower. Sui nomi per il Ministero del Tesoro ci sono state finora poche discussioni. La prima scelta del presidente eletto sarebbe Carl Icahn, uno dei raider più famosi e controversi del mondo. Ma Icahn ha 80 anni e ha già fatto capire che toccherà a qualcun altro. Molto probabilmente a Steven Mnuchin, 53 anni, gestore di un hedge fund, 17 anni alla Goldman Sachs. Nel 2007, con il fondo OneWest Bank, Mnuchin ha condotto speculazioni sugli immobili e i cosiddetti mutui subprime, guadagnando ingenti profitti, mentre esplodeva la grande bolla immobiliare che innescò la grande crisi. Ieri Mnuchin è comparso alla Trump Tower e ha delineato, per titoli, l’agenda economica: «Imposte, regolamenti, commercio e infrastrutture». La parte di Wall Street schierata con Trump è dunque soprattutto occupata ad assicurarsi la poltrona del Tesoro, tenendola al riparo dagli estremisti. Nella dinamica della Torre dorata Mnuchin può contare sull’appoggio del genero del presidente, Jared Kushner: entrambi fanno parte della comunità ebraica di New York.

Il «transition team»: in politica estera sintonia con Le Pen 
 Steven Bannon è la voce del movimento dell’Alternative Right, Alt-right. In queste ore sta cercando di forzare il più possibile più sui contenuti che sulle nomine. Bannon e gli altri estremisti del «transition team» potrebbero appoggiare sia il super falco John Bolton sia l’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani per il ruolo di Segretario di Stato, secondo quello che si apprende dalla Trump Tower. L’importante, però, è che la politica estera americana sarà radicalmente diversa dal passato: iniziative più dure contro il terrorismo; avvicinamento alle forze anti-sistema in Europa, a cominciare dalla leader di Front National, Marine Le Pen e al partito indipendentista britannico guidato da Nigel Farage. Sul piano interno Bannon, 62 anni, presidente del sito conservatore Breibart, si è trovato in queste ore in sintonia con l’ex candidato alle primarie repubblicane Ben Carson. Ancora una volta sui temi: la necessità di azzerare l’Obamacare, il sistema sanitario e di promuovere una svolta «a difesa dell’identità americana» nelle istituzioni scolastiche. L’offensiva degli iper conservatori mette in difficoltà il neo presidente che ha usato di fatto gli stessi slogan durante la campagna elettorale.