La Gazzetta dello Sport, 17 novembre 2016
Un tema ovvio delle discussioni in redazione, con relativi titoli, inchieste e box, è se esista un Trump italiano e chi eventualmente sia

Un tema ovvio delle discussioni in redazione, con relativi titoli, inchieste e box, è se esista un Trump italiano e chi eventualmente sia. È chiaro che la ricerca va fatta a destra, perché il trumpismo sembrerebbe soprattutto una faccenda di destra, nonostante si sappia che parecchi sostenitori di Sanders, pur di non mettersi con la Clinton, abbiano votato per il magnate biondo. E infatti a destra ha sostenuto di essere il Trump nostrano Salvini, poi il sindaco defenestrato di Padova (leghista anche lui) Bitonci, Berlusconi, con qualche distinguo, non s’è tirato indietro e via immaginando. Il problema è che il centro-destra è diviso al suo interno, per le solite ragioni che spaccarono il centro-destra già ai tempi del duo Fini-Casini, e cioè tutti vogliono comandare su tutti, Salvini pretende di essere il capo della destra cosiddetta unita da opporre a Renzi, idem Parisi, hanno pensieri irriferibili sul punto sia Verdini che Alfano, Berlusconi non smette di dichiarare che il capo del centro-destra lo indicherà lui, col retro-pensiero ben noto di essere insostituibile. Eccetera eccetera. A queste discussioni semi-folkloristiche, e di non grande costrutto, si aggiungono i pensieri reali relativi a referendum e dopo-referendum. Questi pensieri nascondono un’idea che accomuna tutti, ma specialmente Berlusconi: l’idea è quella del ritorno a un sistema elettorale proporzionale, corretto al massimo da qualche sbarramento (basso). Il sistema proporzionale, essendo praticamente impossibile che qualche partito prenda più del 50% dei voti, obbliga alle alleanze. Il M5s non vuole allearsi con nessuno, e ormai nessuno si illude - come Bersani a suo tempo - che sia possibile allearsi col M5s. Dunque il sistema proporzionale sarebbe l’ideale per preparare un nuovo asse Berlusconi-Renzi, capace di tenere a distanza Grillo e di essere sensibile alle esigenze di Mediaset, Mondadori, Fininvest e delle altre proprietà del Cav. Berlusconi reclamizza il No, ma i suoi fedelissimi Fedele Confalonieri ed Ennio Doris hanno già fatto sapere, o capire, che voteranno Sì. Mi viene da dire che il vero Trump italiano è Renzi, intendendo per «Trump» quello che si prende tutto il piatto.
• Il problema è che in America la logica è quella del «chi vince prende tutto», mentre da noi non c’è mai nessuno che perde veramente.
Proprio così. Berlusconi, che adesso ama gli accordi e le mediazioni estenuanti (sistema proporzionale), un tempo si lamentava di non avere abbastanza potere per fare quello che voleva fare. E certo: gli alleati godevano, e col proporzionale godranno, di un potere di interdizione formidabile.
• Perché Berlusconi non è Trump?
Berlusconi ha molti piedi e li tiene in molte staffe. Ha messo in campo Parisi, assegnandogli il compito di rinnovare il centro-destra, ma l’altro giorno - come si aspettavano tutti - lo ha licenziato (quasi) sostenendo che «per fare il leader serve il consenso di tutti» e invece Parisi litiga troppo con Salvini. Quindi Berlusconi s’è rassegnato a una forte alleanza con la Lega, cioè a uno spostamento ancora più a destra (trumpiano?) di Forza Italia? No, perché i forzisti a Padova hanno fatto saltare il loro alleato leghista Massimo Bitonci, sindaco della più ghrande città amministrata dal Carroccio. Da ultimo Berlusconi spiazza tutti con questa dichiarazione: «Io spero che ci sia il mio erede. Avevo puntato molto su qualcuno che è passato dall’altra parte (Alfano
- ndr). Si sono succeduti dei personaggi o che hanno deluso o che non sono stati ben visti dagli altri. Nella politica di leader vero c’è solo Matteo Renzi». Chiusura del cerchio.
• Perché il Trump italiano non potrebbe essere Salvini?
Salvini ha l’11-12 per cento dei voti. Ha perso le ultime elezioni amministrative e finge di non saperlo. La vittoria eventuale del Sì, credo, lo metterebbe all’angolo (ha Bossi contro). Andasse lui al ballottaggio contro Renzi o contro Grillo (sto immaginando la sopravvivenza dell’Italicum così com’è adesso) non avrebbe la minima chance, e lo sanno tutti. Anche se fosse vero che Parisi litiga troppo con lui, è incontestabile che anche Salvini litiga troppo con Parisi, cioè con l’anima moderata, liberale, non trumpista del centro-destra.
• Il centro-destra e la vittoria del No.
Forza Italia pretenderebbe un secondo governo Renzi, del quale sarebbe alleato in vista di una legge elettorale proporzionale. Un’altra possibilità, mai dichiarata da nessuno ma esistente, è che l’Italicum prevede invece del ballottaggio a due, il ballottaggio a tre, alla francese. Una terza possibilità, forse la più probabile, è l’introduzione del premio alla coalizione invece che alla lista. Su tutto questo pesa però l’opinione della Consulta, che potrebbe imporre dei cambiamenti anche sostanziosi.
• Il centro-destra e la vittoria del Sì.
Crisi per Salvini, e balbettii di Berlusconi per essere ricevuto a Palazzo Chigi. Renzi lo riceverebbe, perché il centro-destra gli interessa. Ma tratterebbe da posizioni di grande forza.