Il Sole 24 Ore, 16 novembre 2016
Il sistema elettorale in vigore negli Usa è un relitto del passato
Gentile Galimberti,l’esito delle elezioni Usa ha scatenato le analisi di politologi e storici, che hanno paragonato la situazione ai primi decenni del Novecento, tirando in ballo populismi vari, seguiti da derive nazionalistiche culminate in dittature. Sono considerazioni corrette. Ma – senza parlare dei meriti/demeriti dei candidati – c’è un altro punto da valutare. È un aspetto aritmetico, per illustrare il quale bastano somme e differenze. Mi baso sui dati riportati dalla Cnn (http://edition.cnn.com/election), affidabili, benché in aggiornamento. Clinton ha ottenuto 60.467.245 voti popolari e Donald Trump 60.071.650; quindi più di Trump, sia pure non di molto in percentuale. Ciononostante ha conquistato 232 voti elettorali rispetto ai 290 di Trump: come è potuto succedere? È capitato che la Clinton abbia vinto con il voto popolare largamente in certi Stati e perso per poco in parecchi altri. Per esempio, in Florida per una differenza dell’1,3% (su milioni di votanti) i 29 grandi elettori sono andati a Trump, e in Michigan, per meno dello 0,3% di preferenze, la democratica non ha avuto i 16 voti elettorali. Vincendo in Florida e Michigan, la Clinton avrebbe ottenuto 277 voti elettorali contro i 245 di Trump. Discorsi analoghi valgono per Stati quali Pennsylvania e Ohio.
È una situazione di equilibrio critico già capitata e che si ripeterà sempre più frequentemente quando vi sia la necessità di scegliere in situazioni di aut aut, quali referendum, ballottaggi, ecc. E che nella fascia di oscillazione intorno al 50% di probabilità sta la ragione dei fallimenti di sondaggi ed exit poll, le cui capacità previsionali, in molti casi, risultano sopravvalutate.
Angelo Luvison
Caro Luvison, sono completamente d’accordo con lei. E rincaro la dose. Nelle elezioni politiche, specie quando si presentano parecchi partiti e partitini, è giusto introdurre elementi quali il collegio uninominale o il premio di maggioranza (il sistema Usa dei “grandi elettori” è una variante su questo tema): la ragione è che un proporzionale puro porterebbe a governi di coalizione, spesso deboli e sottoposti a ricatti di un membro della coalizione. Ma nelle situazioni, come dice lei, binarie – scegliere fra A o B, bianco o nero, Clinton o Trump – l’unico sistema che rispetta la volontà del popolo è il proporzionale puro: vince chi prende più voti.
Trump ha vinto sulla base di un misero tecnicismo dei “grandi elettori”, un sistema elettorale che è il relitto di una nazione differente, quando gli Usa avevano 13 Stati e dei 2,5 milioni di cittadini potevano votare solo i bianchi che possedessero terra. Un sistema elettorale che rispettasse la “volontà del popolo” avrebbe dato la presidenza alla Clinton. È la seconda volta nelle ultime cinque elezioni che questo accade (Al Gore prese più voti di Bush Jr., e se fosse stato eletto magari ci saremmo risparmiati la guerra in Iraq e la caccia alle inesistenti “armi di distruzione di massa”).
In teoria i “grandi elettori”, che non hanno un mandato vincolante, potrebbero ancora dare la presidenza alla Clinton, che ha preso più voti, ma non ci spero. Speriamo che un giorno, per quanto riguarda l’elezione del presidente, gli Stati Uniti riscoprano la democrazia.