La Stampa, 16 novembre 2016
Eroina e prostitute nelle vie della movida. «Così San Salvario rischia di esplodere»
Forse ha ragione don Mauro Mergola, il parroco della chiesa di largo Saluzzo, quando dice: «Qui capita ben poco vista la quantità di sostanze e il numero di persone che girano la notte, specie nei fine settimana». Quando ti racconta che le risse sono la normalità. E che l’eroina è tornata prepotente su questa piazza e su queste strade. Dove il mix immigrazione, movida, droghe e illegalità rischiano di diventare esplosivi. Ma questo è il cuore di San Salvario, spiaggia storica dell’immigrazione africana a Torino. E le sue strade, via Berthollet, via Saluzzo, via Galliari, via Goito sono la vetrina di una città che prova a far convivere il tutto. I locali più alla moda tra i giovanissimi e le soffitte affittate a 200 euro al mese agli immigrati, con il bagno sul balcone e il riscaldamento come optional. L’alcol a basso costo con i ristorantini trendy, le famiglie barricate dentro alloggi protetti da finestre e porte con doppi vetri per mitigare i rumori della strada e le notti del divertimento. In una corsa sempre al limite fra il cadere e il prendere il volo.
I blindati dell’esercito da questo angolo di città, che si lascia alle spalle il centro e corre verso una periferia ancora lontana, se ne sono andati da tempo. Ne resta uno soltanto, notte e giorno, con alpini armati di mitragliatore davanti alla Sinagoga. E gli African Market che tengono le serrande alzate fino a tardi, sono diventati punto di riferimento anche per chi protesta, ma già protestava 15-20 anni fa, per l’immigrazione selvaggia. «Qui ci vuole ordine, è chiaro», dice Domenico Di Marzo, presidente dell’associazione «Rispettando San Salvario». «Ma non siamo noi a dover trovare gli strumenti per cambiare le cose. Questo compito spetta alle istituzioni. In estate hanno installato le telecamere in piazza: guardino con i loro occhi il caos che si genera ogni weekend. E si muovano di conseguenza».
Ma le telecamere e i pattuglioni sporadici di vigili, polizia e carabinieri insieme sono soltanto un palliativo. Vai in via Ormea, che è sempre lì, a due passi dalla movida e a ogni incrocio trovi i pusher: due tre quattro. Che non fanno concorrenza per un metro di marciapiede alle prostitute, generando un’altra convivenza impossibile con chi, qui, ci vive. Palazzi della Torino storica, e costruzioni Anni 70. Le ronde dei cittadini di dieci anni fa non ci sono più. Ma la tensione resta alta. E le telecamere della zona della movida sembrano lontane. E tornano le parole di don Mauro: «Il rischio è alto. Qualcosa può accadere». È già accaduto. Maggio 2014. Sette persone scese da due auto sparano e uccidono un pusher del Gabon. Finiscono quasi tutti in manette. Erano albanesi, e quella fu una spedizione punitiva contro un uomo reo di aver infastidito una loro protetta. Da allora più nulla. Torino è diventata una città pacifica. Nel 2016 ci sono stati 6 omicidi. Nell’84 furono 50.