la Repubblica, 16 novembre 2016
L’amaca di Michele Serra
URGEREBBE (alla luce della vittoria di Trump, e fenomeni collaterali) una onesta riflessione su che cosa significa “popolare”. A leggere molti dei commenti, parrebbe che popolari siano il politicamente scorretto, i modi bruschi con gli immigrati, la passione per le armi da fuoco, il fastidio per i diritti dei gay e cento altre cose apparentabili alla rivolta contro il “politicamente corretto”. Tutte cose osteggiate solo dai professori di Harvard.
Ma se io dico “nigger” a un facchino o a un benzinaio afroamericano, quello mi dà uno sganassone, e io potrò prendere atto del fatto che il politicamente corretto è popolare tanto quanto il suo contrario. Popolare è il razzismo, ma popolare è anche l’antirazzismo. Popolare è il populismo, ma popolare è anche l’affezione (profonda) alle regole della rappresentanza democratica e ai contrappesi al potere del Capo; popolare il voto per Trump, popolare anche il voto per la poco amabile Clinton (leggermente superiore, tanto per la cronaca, a quello del suo avversario); popolare è il vento che gonfia le vele di Trump, popolare anche lo sgomento per la sua vittoria. In conclusione, e chiedendo scusa per la rozza approssimazione, popolare è la destra, ma popolare è anche la sinistra. Il problema è che la sinistra, questo, sembra averlo dimenticato. Le è venuto il complesso di essere élitaria; deve levarselo in fretta. L’afroamericano che non vuole essere chiamato “nigger” non fa parte di alcuna élite.