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 2016  novembre 16 Mercoledì calendario

Storie di referendum In Francia e in Italia

I padri della Costituzione furono molto prudenti nel dare al popolo la possibilità di esercitare la sovranità e così abbiamo il referendum abrogativo (caso forse unico al mondo, abbiamo anche avuto i referendum traditi) che però non può riguardare le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali (art. 75 della Costituzione). Come mai previdero il referendum confermativo (art. 138 della Costituzione) col quale gli elettori possono bocciare le modifiche alla Costituzione approvate dal Parlamento? Sarebbe interessante sapere in quali Paesi le modifiche alla Costituzione sono sottoposte al giudizio degli elettori.
Mario Scarbocci San Donato Milanese

Caro Scarbocci,
Credo che il modo migliore per rispondere, almeno parzialmente, alla sua domanda sia quello di ricordare le vicende costituzionali di un Paese che ci assomiglia e che ha fatto esperienze simili alle nostre.
In Francia come in Italia, alla fine della Seconda guerra mondiale, bisognava rifare lo Stato. La Terza Repubblica era stata eliminata da una drammatica sconfitta. Lo Stato Francese del maresciallo Pétain (una definizione che conteneva un implicito ripudio della tradizione repubblicana) aveva condiviso la sorte del Terzo Reich hitleriano. Nella sua veste di presidente del governo provvisorio, il generale De Gaulle avrebbe desiderato una Repubblica semipresidenziale, ma l’Assemblea Costituente, eletta il 21 ottobre 1945, disegnò uno Stato in cui la sorte dei governi sarebbe stata interamente dipendente dalla fiducia dell’Assemblea.
La nuova Costituzione aveva anche una forte componente sociale che non piacque all’elettorato moderato e fu respinta con una percentuale di «no» pari al 53%. Nel giugno del 1946 fu eletta una seconda Assemblea Costituente e la nuova Carta costituzionale fu approvata in settembre con una forte percentuale di astensioni (31%). De Gaulle, nel frattempo, contrario alla deriva eccessivamente parlamentare del sistema costituzionale francese, si era dimesso e aspettava nel suo esilio di Colombey-les-Deux-Églises l’occasione per tornare in campo.
Cominciò così la ronda dei presidenti del Consiglio: Blum, Ramadier, Schuman, ancora Ramadier, Marie, ancora Schuman, Queille, Bidault, Pleven, ancora Queille, ancora Pleven, Faure, Pinay, Mayer, Laniel, Mendès-France, ancora Faure, Mollet, Bourgès-Maunoury, Gaillard, Pflimlin e, finalmente, dopo la crisi algerina del maggio 1958, De Gaulle a cui l’Assemblea parlamentare conferì poteri speciali per la riforma della Costituzione.
Gli bastarono quattro mesi per scrivere con l’aiuto di Michel Debré una nuova Costituzione che conferiva maggiori poteri al capo dello Stato e che fu approvata con un referendum dall’80% dei francesi. Ma furono necessari quattro anni prima che De Gaulle, dopo avere tagliato il nodo algerino con la concessione della indipendenza alla vecchia colonia, chiedesse ai francesi di approvare la elezione diretta del presidente della Repubblica. Nel referendum che ebbe luogo il 28 ottobre 1962 i sì furono il 62% dei votanti. Sul risultato di quei referendum è naturalmente possibile avere opinioni diverse. Sulla rapidità con cui i francesi hanno affrontato e risolto i loro problemi costituzionali, tanto di cappello.