Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 16 Mercoledì calendario

«I miei 35 anni da maresciallo tra operai, migranti e criminali»

Milano L’avevamo lasciato con la voce rauca per le inseparabili sigarette MS, comandante della stazione dei carabinieri di via Padova che è un po’ caserma e un po’ tutto, com’è forse giusto che sia in questa strada intensa, complicata e mediatica: parrocchia, consultorio familiare, rifugio, obbligato passaggio per la commedia umana comprese le soste di disgrazie e disgraziati.
Ritroviamo il 65enne Sebastiano Spina, andato in pensione a settembre col grado di luogotenente ma come molti colleghi affezionato a quello di maresciallo, con la stessa voce, gli stessi pensieri e le stesse parole. Però lontano dalla stazione. Lontano da via Padova. Ci ha trascorso 35 anni. Ammette che gli manca e per lui non è una forma di debolezza quanto una prova di rispetto. Anche se «quant’è cambiata...». In meglio oppure in peggio, maresciallo? «Ogni fatto criminale ha storia a sé. E così le dinamiche dei quartieri. Quando arrivai c’erano fabbriche da migliaia di operai, un sacco di lavoro, le belle case di ringhiera affollate di meridionali come me, che vengo da Catania, meridionali innamorati di Milano, a essa grati e guai a parlarne male! Oggi dipende dai punti di vista, ma non mi sembra di confidarle chissà quale verità».
Di chi e cosa dobbiamo fidarci? I tanti travestiti organizzano al parco magnifici tornei di pallavolo di giorno che hanno il loro fedele pubblico; nel contempo la notte si spostano a lato di via Padova per stare più sicuri e poter agganciare uomini che «altrimenti nemmeno si fermerebbero». Gli alimentari restano aperti fino alle due, le tre di notte; e i titolari, sovente originari del Bangladesh, si lamentano dei «troppi stranieri» specie dei sudamericani ubriachi, dimenticandosi che le vetrine dei negozi hanno esclusivamente birre, vino e superalcolici. «Glielo dico ora che non sono più “operativo”: davvero, la strada è una delle più pattugliate e seguite della città; una grande attenzione delle forze dell’ordine, personale sveglio di testa e gambe. Negli anni Ottanta fui tra i carabinieri impiegati nel parco Lambro, il parco della droga. C’erano cadaveri ovunque, giovani uccisi dall’overdose. Pareva una sfida impossibile. Ma ce l’abbiamo fatta, grazie al contrasto e alle politiche sociali, agli arresti degli spacciatori e al sostegno ai tossicodipendenti. Si può, si deve uscire dalle criticità, anche quelle più feroci».
Gli articoli su via Padova innescano puntualmente le reazioni furiose dei residenti italiani a cominciare da quelli che sono scappati e affittano le case che vengono subaffittate; dopodiché girando per i caseggiati, gli alloggi degli spacciatori si alternano a quelli dei lavoratori, con le biciclette, appoggiate sui ballatoi, usate per risparmiare evitando di viaggiare sui mezzi pubblici... «Cerco, quantomeno ho cercato di provare a cogliere le mille sfumature di ogni caso. Li ha visti i palazzi, giusto? Ha detto che c’è stato stanotte. Via Clitumno, via Arquà, i luoghi più difficili. Zone dure, ok. Ma ha una maggiore “responsabilità” un residente che s’arrende, vuole un contesto decente per la propria famiglia e dunque cambia zona, oppure un immigrato che prende quel che c’è, che s’accontenta di un tugurio perché intanto ha un tetto ed è un’enormità?». Ha avuto fama di uomo severo, il maresciallo Spina, adesso orgoglioso nonno nelle campagne fuori Milano; ha combattuto contro la malavita di periferia, rapinatori di banca, ricettatori, falsari. Non gli domandiamo se certi criminali del suo inizio di carriera avessero un’«etica», «rispettassero» le vittime e «risparmiassero» sulla violenza: con questo carabiniere le distinzioni devono essere nette. E poi... «Poi abbiamo avuto il terrorismo, attaccarono anche la caserma con una bomba... Ho sentito la proposta di mettere più militari. Non mi interessano le polemiche politiche, credo che se determinati abitanti possono sentirsi più protetti con il passaggio della camionetta dell’esercito, perché no? È un aiuto, senza scordare attorno la necessità di una grande rete, condivisa, responsabile».
Avevamo visto, nella caserma comandata da Spina, code di gente in attesa di un colloquio. Genitori che supplicavano un consiglio sulla gestione di un figlio discolo, mariti in difficoltà con le mogli e viceversa, disoccupati con la tentazione di rubare e disoccupati arrestati col bottino addosso, anziane sole e disperate, questuanti molesti. Era solo una «geografia» esclusiva di via Padova? E tornerebbe domani in servizio? «No. Nel senso: tra quattro, cinque giorni sì. Volentieri. Ma dopo un supplemento di riposo e di tempo per prepararmi a dovere. Questa strada non va affrontata a casaccio e al volo; dev’essere percorsa, respirata, se vogliamo interpretata».