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 2016  novembre 14 Lunedì calendario

Bassani, i segreti di un padre geniale

Paola Bassani, per parlare di suo padre, comincia con un inventario. Quello delle case di una vita. Le passa in rassegna: case cittadine ed eleganti, gremite di cose; case strette, chiuse, piene di ombre; case stipate come granai. Sembra naturale, pensando ai racconti e ai romanzi di Bassani, partire da luoghi concreti. La fascinazione del grande scrittore ferrarese per la toponomastica, per gli spazi precisi quella strada, quel giardino, quella lapide su quella via rende in effetti traversabile, percorribile la sua opera. Tuttavia, l’invenzione letteraria non sempre risponde ai navigatori satellitari: il giardino cui è legato il suo più celebre romanzo, Il giardino dei Finzi-Contini, non è rivela Paola «come si crederebbe dalle pagine del libro, in corso Ercole I d’Este, nel cuore della sua città, ma a centinaia di chilometri da Ferrara, a Ninfa, in una proprietà dei principi Caetani». L’esotismo di quel giardino colpì Bassani al punto che la sua immaginazione se ne appropriò per farne un giardino ferrarese. Le pagine lievi, sommesse, le bellissime fotografie, i documenti, i manoscritti, le «piccole memorie» con cui è costruito Se avessi una piccola casa mia (La Nave di Teseo, 158 pagine, 17 euro) aiutano a mettere a fuoco uno scrittore sfuggente. Quanto più scavava in sé stesso per prestare qualcosa della propria vita ai protagonisti delle storie ferraresi, tanto più Bassani si ritraeva: timido e balbuziente da adolescente, non ha mai amato essere un personaggio. «Tutta la vita di mio padre si è basata su un singolare equilibrio tra una forte tensione pratica il bisogno di costruire cose, di gettarsi nella vita, di insegnare e il ritrarsi in disparte, per essere soltanto poeta» spiega Paola, accentuando anche la zona politica dell’attività di Bassani la militanza in Italia Nostra che lo spinse a scontri anche feroci con parecchi esponenti politici. Amici e nemici, dunque. Questi ultimi spesso sferzati in crudi epigrammi. Quanto ai primi, hanno spesso nomi illustri: Niccolò Gallo, che negli anni romani Bassani raggiungeva in bicicletta o sull’«epico motorino Guzzi», quel Carlo Levi diventato per Giorgio quasi un padre, Pier Paolo Pasolini («Bellissimo, dolcissimo, il rapporto tra loro due»).VITA
Ma Paola guarda anche alla vita familiare, l’amore tra i genitori, la combinazione dei loro caratteri, la bellezza e la difficoltà di essere figlia di un uomo vocato a essere maestro: «Quella di mio padre era una pedagogia seducente, irresistibile, al punto che non riuscivo ad amare che quello che amava lui. La difficoltà è stata per me quella di amare cose che mio padre non amava, come anche il contrario, ossia non amare ciò che mio padre prediligeva. In questo senso, è stata un’impresa impegnativa staccarmi da lui». Bassani stabiliva con precisione la tabella di marcia educativa dei suoi figli: libri da leggere, musei da visitare, una chiesa di Roma ogni domenica, «consultando religiosamente la guida del Touring Club», i dischi della Traviata e della Bohème da ascoltare, magari in casa di Attilio Bertolucci. Il rigore di cui era capace da padre e da insegnante, da editor, da maestro di stile lo esercitava prima di tutto sulle proprie stesse pagine. Non a caso uno degli interventi previsti per la giornata di oggi all’Università La Sapienza, nell’ambito del vasto convegno tra Roma e Ferrara Giorgio Bassani 1916-2016, è quello di Raffaele Manica intitolato Bassani si riscrive. Nella lunga crisi che segue la pubblicazione del Giardino dei Finzi-Contini, Bassani sente venire meno la fiducia nelle proprie capacità; ma proprio da questa secca nasce un romanzo cupo e intensissimo come L’Airone. Paola Bassani, a distanza di anni, lo legge come il segno di un autentico sdoppiamento. Un uomo che comincia a sentirsi vecchio, senza futuro, si guarda da fuori, assediato dall’angoscia: «L’airone non esprime altro che questo: un presagio, una presenza di morte alla North by Northwest di Hitchcock, ma anche una successiva rinascita. Mio padre si è salvato proprio scrivendo questo romanzo. L’airone è un’opera molto moderna, ma di una modernità diversa da quella propugnata dal Gruppo 63. Mio padre qui ha osato mettersi totalmente in discussione, riuscendo a scrivere qualcosa di opposto ai Finzi-Contini, e dunque a trovare una sua nuova strada». 
NEOAVANGUARDIA
E qui Paola si prende una piccola, legittima rivincita sugli alfieri della neoavanguardia: gli scrittori che puntavano l’indice contro Bassani e Cassola liquidandoli come sentimentali non hanno mai fatto un serio mea culpa. Mentre Bassani si è messo in discussione, ha cercato una strada nuova, guardando a esperienze artistiche distanti dalla propria, con l’onestà e l’ostinazione di un autentico artigiano della prosa. Disciplinato, monacale, insoddisfatto: «Quando gli veniva in mente una parola, la annotava su ciò che aveva a portata di mano: poteva essere il foglio di una lettera appena ricevuta, una busta, un biglietto d’autobus o di cinema». Conservava tutto, racconta Paola, per tenere traccia di un lavoro tutt’altro che facile, «sofferto».