la Repubblica, 14 novembre 2016
Maradona. «Noi fortunati che vedemmo i suoi primi gol»
Buenos Aires Il 14 novembre 1976 l’Argentinos Juniors batte 5 a 2 il San Lorenzo di Mar del Plata con una doppietta di un ragazzino chiamato Pelusa, per quel cespuglio di capelli mori che porta a spasso per il campo.
“Diego Maradona, voto 9: in una partita lenta e piena di imprecisioni ha dato una lezione di calcio intelligente. Sotto il suo comando, l’Argentinos Juniors ha ottenuto un grande trionfo”: la rivista El Gráfico lo elogia come un veterano, anche se ha da poco compiuto 16 anni e queste sono le sue prime reti in A.
«Diego entra nel secondo tempo e cambia la partita. Era incredibile, sembrava giocasse in prima squadra da una vita, ma aveva appena debuttato».
Humberto Minuti, terzino sinistro dell’Argentinos, è uno dei testimoni privilegiati di questa domenica primaverile di cui esistono solo un paio di scatti.
In tre minuti, appostato dietro la rete, Nestor Alfonso del giornale “La Capital” immortala prima il sinistro angolato e poi il colpo di testa che trafigge Ruben Lucangioli, prima vittima assoluta del futuro Diez, sceso però in campo con il numero 16.«Io ero il numero 10, quel giorno lascio il posto a Diego nel secondo tempo, sull’1 a 1. Da allora, non è più partito dalla panchina». Rubén Giordano, mancino pupillo di Menotti, diventa il riferimento di quell’adolescente introverso, smaliziato con il pallone tra i piedi ma timido fuori dal campo. «Era silenzioso, si esprimeva giocando a calcio. Sognava una Fiat 125 ma temeva il giudizio dei compagni più grandi. Diego, sono i tuoi soldi, fai quello che vuoi, gli dissi. Prima comprò una casa ai suoi, e poi l’auto».
Splende il sole sullo stadio General San Martin di Mar del Plata, “La Felice” per i turisti che in estate affollano le sue spiagge, mentre la dittatura di Videla nasconde i desaparecidos dietro ai riflettori del fútbol e l’ombra del regime militare cala persino sul piccolo Argentinos Juniors, fondato nel 1904 da un gruppo di anarchici. Il Generale Suárez Mason, a capo del centro di detenzione e tortura Olimpo di Buenos Aires, diventa presidente onorario del club, intervenendo direttamente nella cessione di Maradona al Boca Juniors.
Da qualche anno, le famiglie del quartiere operaio La Paternal applaudono i numeri di un raccattapalle che all’intervallo fa il giocoliere a centrocampo. «Lo vidi giocare con le giovanili. Questo è il futuro, mi dissi. L’anno dopo passò direttamente con noi, in prima squadra». Lo stopper titolare Dante Roma, dalla sua area, lo vede segnare per la prima volta: «Bisognava solo dargli la palla, faceva quello che voleva. Era magro, gli avversari lo picchiavano come lo picchiavamo noi in allenamento, per non farci saltare, ma lui non faceva una piega. Giocava per la squadra, non per se stesso, da vero generoso».
Padroni di casa in maglia bianca, Argentinos Juniors con la classica divisa rossa: il bicho colorado, la “formica rossa”, sta diventando il vivaio più famoso del calcio argentino, e il giovane Diego inaugura una lista di crack che arriverà fino a Redondo e Riquelme. «È andata bene, ho fatto due gol e un caño» risponde in un’intervista che il quotidiano Clarín intitola Sueño de barrilete, “Il sogno dell’aquilone”, parafrasando un celebre tango il cui protagonista sogna di volare.
Il caño, o tunnel, diventerà il suo biglietto da visita. Al suo debutto, il 20 ottobre del ‘76, il primo pallone toccato era passato tra le gambe di Juan Cabrera del Talleres di Cordoba: «A fine primo tempo il direttore tecnico Montes mi dice che esco per Maradona e io mi incazzo. Avevo giocato male e dovevo lasciare il posto a un ragazzino. Con il senno di poi, sono stato un privilegiato». Ruben Giacobetti, numero 5, ride: «Mi siedo in panchina e la prima cosa che fa Diego è un tunnel. Ricordo una gran ovazione, la gente non aspettava altro».
Là dove c’era l’erba ora c’è un parcheggio: nel 1996 lo stadio in cui Maradona segna i suoi primi gol viene demolito per far posto a un supermercato. Dieci anni dopo quella doppietta, il barrilete cosmico di Villa Fiorito seminerà mezza Inghilterra sul prato dell’Azteca di Città del Messico, ascendendo all’Olimpo del calcio con il pugno sinistro ben nascosto dietro i riccioli neri.