La Stampa, 13 novembre 2016
Tre Cagnacci alla conquista di New York
Quando la notizia della morte di Guido Cagnacci, nel 1663 a Vienna, giunse a Rimini, un monsignore locale lo descrisse come «un pittore di felice ingegno, ma di infelice fortuna». Se non nella natia Romagna, Cagnacci fu poco acclamato dopo la morte e assai pochi furono i suoi ammiratori. Descritto già all’epoca come un «genio bizzarro», Guido Cagnacci (1601-1663) fu tra i più stupefacenti e originali pittori della provincia italiana nel Seicento, famoso per i suoi quadri di soggetto religioso e storico, sempre conditi con una sensualità sfrontata. Nel dopoguerra, con due mostre a Rimini nel 1952 e a Bologna nel 1959, veniva riscoperto e la sua figura influenzò grandi intellettuali italiani, fino a comparire nelle pagine di
Fratelli d’Italia
di Alberto Arbasino. Eppure, nonostante due importanti mostre monografiche in Italia negli ultimi venticinque anni, il nome di Cagnacci rimane quasi sconosciuto all’estero.
Un pittore difficile, per i suoi quadri eccentrici, e per la vita rocambolesca. Tanti sono i racconti che lo accompagnano, dalla fuga con una ricca vedova di Rimini nel 1628, ai viaggi per l’Italia sempre accompagnato da giovani ragazze vestite da garzoni di bottega. Rapporti complessi con un padre che finirà col diseredarlo in parte, e una vita peripatetica in cerca di nuovi committenti dentro e fuori della Romagna. La carriera di Cagnacci è per la maggior parte scandita da commissioni per le città della sua regione, Rimini e Forlì principalmente, ma anche per il borgo natale di Santarcangelo, e i paesi di Montegridolfo e Saludecio. Poi dieci anni passati a Venezia, prima di un prestigioso incarico, nel 1658, alla corte dell’imperatore Leopoldo I a Vienna.
Proprio per l’imperatore, Cagnacci dipinge uno dei suoi quadri più ambiziosi e importanti, una Maddalena pentita che già nel 1665 ha cambiato proprietario e compare negli inventari del duca di Mantova. Con la dispersione delle collezioni Gonzaga il grande dipinto raggiunse l’Inghilterra ai primi del Settecento per restare nelle case della famiglia dei duchi di Portland fino al 1981, quando la tela, comparsa all’incanto a Londra, destò uno stupore generale nel mondo dell’arte. Fu comprata allora da uno dei più considerevoli collezionisti americani del Novecento, Norton Simon, e finì col divenire uno dei capolavori del suo museo a Pasadena in California. Per la prima volta dall’acquisto del dipinto, la Maddalena lascia il Norton Simon Museum, e viene esposta (fino al 22 gennaio) alla Frick Collection di New York e poi, l’anno prossimo, alla National Gallery di Londra.
Pochissime sono in America le opere di Cagnacci. Un Davide con la testa di Golia fu comprato da Samuel H. Kress nel 1955 come Bernardo Strozzi, e solo qualche anno dopo, prima di essere donato al Columbia Museum of Art in South Carolina, fu attribuito al pittore romagnolo. Un altro suoDavide è stato acquistato dal Getty nel 2008, e il Metropolitan Museum of Art ha comprato il suo primo e unico dipinto di Cagnacci, una Cleopatra, quest’anno. La Maddalena pentita resta uno dei capisaldi dell’opera del pittore e un quadro emblematico per la sua produzione.
La presenza della Maddalena a New York – un evento unico, date le regole inflessibili per i prestiti dal Norton Simon Museum – va quindi a coincidere con l’arrivo della Cleopatra al Metropolitan. E a dicembre, per un mese, grazie al sostegno della Foundation for Italian Art and Culture (Fiac) un’altra, più famosa, Cleopatra del Cagnacci, quella della Pinacoteca di Brera, sarà in mostra all’Istituto Italiano di Cultura di New York. Tre Cagnacci che saranno esposti a poche centinaia di metri l’uno dall’altro a Manhattan, un’occasione importante per far conoscere a un pubblico internazionale questo genio del Seicento romagnolo.