La Lettura, 13 novembre 2016
L’officina di Pontiggia in 25 lezioni
«Buonasera. Sono Giuseppe Pontiggia e mi accingo a iniziare con voi un’avventura che durerà cinque settimane; il tema delle nostre conversazioni sarà lo scrivere, i problemi dello scrivere, le modalità e i percorsi dello scrivere. Normalmente un autore viene presentato – a meno che non sia un esordiente – con una frase abbastanza tipica, ossia che non ha bisogno di presentazioni; in realtà ne avrebbe molto bisogno, ma anche questo è uno dei modi in cui si risolve il problema del lavoro, cioè sottraendosi al compito. Nel mio caso io devo invece autopresentarmi». A rileggere questo incipit mi è venuto un brivido lungo la schiena. Nel ricordo del Peppo, come lo chiamavano in famiglia, grande scrittore e grande amico, ma anche nel ricordo di un’avventura professionale del tutto speciale.
A quel tempo dirigevo Radio Rai. L’esperienza, all’epoca della «Rai dei professori», è durata poco più di sei mesi, a partire dal novembre 1993 (il «si accomodi» in viale Mazzini lo chiamavano spoils system, non so se si usa ancora), ma è stata ugualmente ricca di progetti e di realizzazioni. Di due programmi (altri vanno in onda ancora adesso) sono orgogliosamente fiero. Su Radiotre, la lettura integrale della Bibbia, affidata alla cura preziosa di Gianfranco Ravasi (ora cardinale e presidente del Pontificio Consiglio della Cultura), e, su Radiodue, Dentro la sera, una serie di colloqui quasi notturni assegnati a firme prestigiose. La più prestigiosa di tutte era quella di Pontiggia. Curiosamente il programma andò in onda tra il maggio e il giugno 1994 quando, di fatto, mi avevano già dato il benservito. Ma che importa, quelle di Pontiggia furono conversazioni memorabili, molto seguite.
A rileggere l’incipit, mi pare di risentire la sua voce: calda, pastosa, fieramente lombarda. Ricordo l’andamento cadenzato, le improvvise accensioni, le pause. Sì, le pause, le coraggiose e radiofoniche pause del Peppo. In radio, di solito la pausa è vissuta con spavento, come una sorta di mancamento; quelle di Pontiggia erano speciali, un respiro profondo fra un suggerimento sullo scrivere e una riflessione sulla letteratura. Sembrava che avesse sempre lavorato in radio (anche se era la sua prima esperienza), tanto riusciva a imprimere ai colloqui una cifra inconfondibile, un tono così personale da essere subito un punto di riferimento per gli ascoltatori.
Per fortuna, le 25 conversazioni, accompagnate da un cd, hanno trovato ora la giusta forma di libro: Dentro la sera. Conversazioni sullo scrivere, Belleville Editore. «Con lo slancio di lettore, prima ancora che di scrittore – scrive nella prefazione Daniela Marcheschi – Pontiggia ha amato incontrare sia i suoi alunni e, poi, i suoi lettori sia gli ascoltatori della radio. Gli piaceva condividere la meraviglia delle proprie scoperte, un’emozione provata, un’esperienza fatta e farne, appunto, un’altra nuova e degna del nome. In un simile terreno si radica quel suo modo tipico – fatto di pacatezza, entusiasmo, passione, e anche di umori – di parlare della scrittura e delle tante questioni a essa correlate».
Pontiggia sapeva insegnare e, pur da scrittore affermato (era appena uscito quel libro meraviglioso che è Vite di uomini non illustri ), viveva il magistero come una vocazione, sapeva mettere al servizio degli altri la sua smisurata cultura, con sublime understatement. Peppo era un ossimoro vivente. Nella conversazione numero 20 scrive: «L’ossimoro si può definire un po’ scherzosamente come la “coabitazione coatta” di due contrari: “mite perfidia”, “corrotta innocenza”… Due separati in casa, una coppia che non dovrebbe trovare un punto di conciliazione, ma che – grazie all’inventiva di chi la intuisce, la propone – trova un suo misterioso ma anche solido accordo».
A rileggere e a risentire le lezioni di Pontiggia, viene fuori tutta la sua complessa natura ossimorica. Aveva un sorriso bonario, disarmante, capace però di celare un giudizio tagliente e definitivo. Come tutti quelli che non fanno sconti a se stessi, usava l’ironia per incunearsi fra i resti di inscalfibili certezze, corrodendole dall’interno. Docente e discolo, classico e sperimentatore, affabile e pungente, grande, immenso Peppo!