La Gazzetta dello Sport, 13 novembre 2016
Piccoli gruppi hanno continuato anche ieri a protestare contro l’elezione di Donald Trump...• Come fa a dire che si tratta di “piccoli gruppi”? Impari a leggere i giornali e i lanci di agenzia, se proprio non riesce a capire quello che vede nei video e nei servizi dei tg

Piccoli gruppi hanno continuato anche ieri a protestare contro l’elezione di Donald Trump...
• Come fa a dire che si tratta di “piccoli gruppi”?
Impari a leggere i giornali e i lanci di agenzia, se proprio non riesce a capire quello che vede nei video e nei servizi dei tg. Quando le scrivono «decine di migliaia» eccetera, vuol dire che s’è effettivamente trattato di una o di più grandi manifestazioni. La parola «migliaia» significa che gli organizzatori vogliono ad ogni costo che il corteo passi per grande, anche se lo sguardo di chi assiste con imparzialità si rende conto che le attese non sono state mantenute. Se i manifestanti sono «centinaia» si tratta di gruppi sparuti, che a stento si fanno vedere. Le «decine» sono proteste che non esistono e di cui vogliamo per forza dar conto per simpatia verso gli arrabbiati.
• Qui di che si tratta?
Centinaia. Però con un ferito da un colpo di pistola a Portland, nei pressi del ponte Morrison. Lo sparatore sarebbe stato identificato: «maschio afro-americano, tarda adolescenza, vestito con una felpa nera, cappuccio e blue jeans». La «tarda adolescenza», le dico la verità, mi giunge completamente nuova, ma ho poi scoperto che gli psicologi appiccicano questa etichetta agli ultra ventenni, sviluppati dal punto di vista fisico, ma «preoccupati di imparare a confrontarsi con la complessità della società adulta». Pensi un po’ che una volta i tardo adolescenti, ignari di essere tardo adolescenti, si mostravano abbastanza maturi per morire in guerra. Ma, relativamente alle manifestazioni, ribadiamo che sono strane prima di tutto perché i protestarari dell’Oregon, di Los Angeles, di Miami, di New York respingono il presidente eletto, il quale però è stato eletto con suffragio universale e con un sistema elettorale che funziona da due secoli. Quindi, secondo queste anime belle, che cosa bisognerebbe fare? Indurre Trump a lasciar perdere? Inoltre, risulta che assai di rado questi arrabbiati hanno votato. E allora di che si lamentano? Trump prima li ha bollati come sobillati di professione, poi ha cambiato registro e twittato di essere, anzi, contento delle proteste perché mostrano passione per il Paese, e dunque a questo punto stiamo tutti uniti per render grande l’America.
• S’è capita qualcosa di più sulle intenzioni del neo-presidente?
Intanto il suo staff ha ammonito Obama e i suoi a limitarsi, in questo periodo di transizione, all’ordinaria amministrazione. Niente iniziative importanti, specialmente in politica estera. Obama, oltre tutto, sta per intraprendere il suo ultimo viaggio in Europa, programmato proprio con l’intenzione di mediare tra le varie posizioni e rendere più facile la gestione della Brexit. Con Hillary non ci sarebbero stati problemi. Con Trump, come abbiamo visto anche ieri, i problemi dell’Europa sono considerati trascurabili o, comunque, non è l’Europa l’obiettivo principale della politica estera trumpiana. Prepariamoci, anzi, a pagar cara la Nato.
• Che altro prepara il trumpismo? Parlo delle cose relativamente certe.
Obama ha già sospeso i colloqui per il trattato commerciale con i paesi al di là del Pacifico. Il guaio è che i paesi al di qua - parlo specialmente dei sudamericani - avevano già firmato con Washington: Obama dovrà perciò spiegare ai colombiani e agli altri che col nuovo presidente non se ne farà più niente. Trump vuole obbedire ciecamente allo slogan della campagna elettorale «America first». Niente globalizzazione (vedremo come farà con Internet) e dazi per esaltare la produzione interna. Bisognerà vedere come reagiranno i cinesi, naturalmente, che hanno le casse piene di dollari e un certo potere di ricatto sugli Stati Uniti.
• Effetti del trumpismo nel mondo?
Li vedremo presto. Già oggi, in Bulgaria, un ex generale potrebbe prendere il potere amico di Putin potrebbe vincere le elezioni, far dimettere il governo e avvicinare la Bulgaria alla Russia. Due settimane dopo, insieme con il nostro referendum, gli austriaci potrebbe eleggere a capo dello Stato un nazista. In Danimarca il partito antieuropeo di Kristian Thulesen Dahl potrebbe costringere il Paese a elezioni anticipate. Ad aprile si vota in Francia, e la Le Pen sarà sicuramente in testa alla fine del primo turno. In ottobre si vota nella Repubblica ceca e i sondaggi dànno dieci punti di vantaggio al Berlusconi locale. Nel frattempo avremo conosciuto al sorte della Merkel, che dovrà sbrigarsela con quelli di Alternative fur Deutschland il 27 agosto. Trump, lo vede anche a lei, non abita solo negli Stati Uniti.