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 1999  ottobre 04 Lunedì calendario

Mazzo di Rho (Milano)

• Mazzo di Rho (Milano). L’altra parte della strada è l’altra parte del mondo, in via Vincenzo Monti. Cinquanta metri dividono l’aia di Angela Tallarico dalla topaia di Giuseppina Tallarico: di qua la madre, l’immagine d’una vecchia calabrese che in settant’anni s’è spaccata la schiena per i sei figli; oltre l’angolo la figlia, foto segnaletica d’una disperata da hinterland che in un venerdì sera s’è spezzata la vita per 300 mila lire. ”Pina la tossica”, ”Pina la battona” era considerata un rifiuto umano, in questa discarica che sono le vecchie cascine della frazione Mazzo. E con gli anni quei cinquanta metri - di qua poche stanze pulite e una verandina rosa confetto, di là un monolocale di ringhiera col tetto bucato e macchie di vomito su chiazze d’unto - quei metri si sono moltiplicati per mille, per diecimila, per centomila. «Hanno appena fatto vedere la faccia di Pina in tivù», mamma Angela si passa la mano sulla guancia arrossata: «Una parente morta, mi sembrava. Io da dicembre non voglio sapere niente di quella lì. Non l’ho nemmeno vista più...».
• Se lo sentiva che sarebbe finita così? «Ho acceso il telegiornale e mi è venuto da piangere. Ma chi è questa donna che è morta? Quanti anni teneva?». Settantasette. «Maronna, Maronna mia... Per me, che Dio se la porti via questa figlia disgraziata! Non voglio sapere niente più. Se Pina esce di prigione e l’ammazzano, è meglio. Se la famiglia di quella donna vuole ammazzarla, è meglio. Lo so che cosa sta pensando, signore. Dirà che ho il cuore duro...». Una madre non parla in questo modo... «... Il cuore duro è stata lei a farmelo venire! Mi viene da piangere, ma non piango. Abbiamo fatto tante cose per aiutarla. L’abbiamo portata su dalla Calabria, da Roccabernarda, ed era una buona figlia. Andava sempre qui al bar Cattaneo a giocare coi cani. S’è presa la prima media, ha cominciato a lavorare da pettinatrice. Poi è andata a mettersi con quell’altro che vive là, Fernando. Otto anni fa. E ha cominciato con la droga. In casa le entravano e le uscivano gli uomini. Proprio l’ultima figlia doveva finirmi così! L’unica. Mio marito va ancora ad asfaltare le strade. I fratelli di Pina lavorano tutti, sono bravi ragazzi. E l’altra sorella ha due figlie che sono bellissime, ha tanta bontà quanti capelli porta in testa». E com’è che nessuno è riuscito a riportare Pina in casa? «Ma ci abbiamo provato tante volte! Quando s’è ammalata d’epatite, tre anni fa, stava quasi morendo. All’ospedale ”Sacco” l’hanno curata, il professore ha detto che era arrivata a uno stadio grave e acuto. Me la sono portata a casa. Ma è rimasta poco. tornata da quel Fernando. Allora ho cercato di convincerla ad andare in comunità. Quelli della Caritas le hanno fissato l’appuntamento tre volte, da don Rigoldi a San Donato. Lei non si è mai presentata. Era meglio se moriva, guardi».
• Pina ha un bambino... «La fine, per me, è stata quand’è nato. A dicembre. In ospedale non gliel’hanno fatto vedere, se l’è fatto portare via. Neanche la madre, sa fare! Morire, doveva! Morire d’epatite!». Al bambino invece Pina pensava, quando non sognava la ”spada” da farsi. Ed era crollata, dice un’assistente della Caritas, suor Sonia Mondonico, appena gliel’avevano tolto. Racconta Piero, al bar Cattaneo: «Entrava a comprare caramelle, gomme per l’alito. Poi diceva che andava di fretta, perché doveva allattare il figlio. Ma qui lo sapevano tutti che il figlio era già stato affidato a un’altra famiglia». «Il bambino è finito a Voghera - aggiunge una vicina, la signora Moroni -. Un mese fa ho trovato Pina che piangeva, sulle scale. Lo voleva vedere». Impossibile. Anche un altro ragazzo di 11 anni, figlio di Fernando, è in un istituto. E mesi fa il tribunale ha diffidato la coppia: guai se li avvicinate. Del resto, i due vivevano solo per la ”roba”. E la catapecchia di Mazzo, che un tempo era un magazzino dei marchesi Del Pozzo e dall’88 è occupata abusivamente (solo quest’estate il Comune ha preteso un affitto: 160 mila al mese), non è il luogo per crescere figli: ci piove dentro, spesso è senza luce e acqua, nel cortiletto i topi zigzagano tra lavatrici arrugginite, bombole bucate e mucchi di spazzatura. Una periferia ideale per Citto Maselli e qualche scena di Storia d’amore. Anni-luce, dalla Milano moquettata di largo La Foppa dov’è morta Marcella Miniati: «Non so neanche dov’è - ammette una cognata di Pina -. Sa, il nostro mondo finisce qui».
• Qualche volta i soldi arrivano anche in via Monti: col ”5” all’Enalotto (90 milioni 900 mila lire) realizzato nella ricevitoria davanti al tugurio di Pina; con la carità ben celebrata da una scritta dorata, di fronte a un’eccessiva cappella edificata al beneficus homo don Pietro Fumagalli; con l’alba, quando tornano tante pendolari della notte uguali a Pina. Chi vuole una vita, e non ”la” vita, non resta ad abitare qui. I fratelli di Pina Tallarico si sono spostati a Terrazzano, in un quartierino tutto villette e nani nel giardino. Non vogliono parlare di quel misterioso sparo che, si racconta in paese, colpì tanti anni fa il padre e sfregiò l’infanzia di Pina. Non spiegano perché Pina non lavorasse nella loro impresa edile, o nel bar che gestiscono: «Aiutarla... Tanto poi esce e torna a battere. Ha fatto le sue scelte e adesso le paga», trancia una cognata. Ma se aveste saputo che s’era messa a scippare? Nell’aia di via Monti, mamma Angela ripete solo la sua terribile preghiera: «Dio, lui sì me la dovrebbe scippare questa figlia». Poi trasale: su Mercedes blu, arriva un ragazzotto coi capelli legati in una lunga coda di cavallo, piercing e aria da duro. «Via via, è mio figlio Fabrizio. Se vi vede...». Lui entra, s’aggiusta i genitali, sbatte una porta. Urla: «Maronna, ancora a piagnere per quella là! Piàntala! Dammi dei soldi, va’, che ho fretta....».