Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2001
Le orche da sempre frequentano le acque del Tysfjord, un profondo braccio di mare che penetra la costa norvegese all’altezza del 68° latitudine nord, lungo cui si assiepano gli arcipelaghi delle Lofoten e delle Vesteralen
• Le orche da sempre frequentano le acque del Tysfjord, un profondo braccio di mare che penetra la costa norvegese all’altezza del 68° latitudine nord, lungo cui si assiepano gli arcipelaghi delle Lofoten e delle Vesteralen. Le incisioni su pietra di Leiknes, località affacciata sul fiordo, risalgono a quattromila anni fa e riproducono alcune di queste balene dentute, dal cranio asimmetrico ed i denti conici, appartenenti alla famiglia dei delfinidi. Dal 1987 le orche hanno iniziato a frequentare il Tysfjord in quantità mai conosciute prima. Sono oltre quattrocento gli esemplari identificati dai ricercatori durante l’ultima decade del secolo scorso.
Cosa va a fare una tale quantità di Orcinus orca, nome scientifico della specie, in queste fredde acque dell’Atlantico del Nord? Presenti in tutti i mari del mondo, sia in prossimità della costa che al largo, capaci di risalire i grandi fiumi, questi animali non resistono alla tentazione rappresentata dagli immensi banchi di aringhe che, tra ottobre e gennaio, migrano massicciamente nelle profonde acque del Tysfjord. Il terzo protagonista della storia sono i pescatori del paese scandinavo. Anch’essi convergono nello stesso specchio di mare nel medesimo periodo dell’anno. Fino al 1970 erano capaci di pescare annualmente un milione di tonnellate di aringhe, sino a ridurne gli stock in modo drammatico. I norvegesi, che tuttora praticano la baleneria, per decenni non risparmiarono neanche le orche, il cui sterminio cessò nel 1981 con l’interruzione dei finanziamenti da parte delle autorità governative, che due anni più tardi le dichiararono specie protetta.
• Oggi il rapporto tra uomo e orca è cambiato. Non c’è antagonismo per approvvigionarsi dei copiosi banchi di aringhe del Tysfjord, che forniscono la maggior quantità di pescato della specie in acque norvegesi e sono un’importantissima fonte nutritiva per l’orca, il più temuto predatore degli oceani: l’orca non esita a cibarsi di squali e di altre balene. Alcuni studi hanno accertato che sono le aringhe il principale alimento delle orche della Norvegia settentrionale durante i mesi estivi ed autunnali. In quest’ultima stagione esse trascorrono il ventiquattro per cento del proprio tempo nutrendosi, preferendo solitamente le acque meno profonde del fiordo. Soltanto alcuni degli oltre quaranta pods, nuclei sociali composti dalle orche, individuati nel Tysfjord, sono in grado di praticare il carousel feeding, una spettacolare tecnica di caccia finalizzata a depredare gli smisurati banchi di aringhe, banchi che arrivano a misurare 52 chilometri quadrati di estensione.
Ed ecco come avviene la caccia. Orche della stessa famiglia circondano tutte insieme le aringhe. Nuotano loro intorno e le spaventano (questa almeno è l’opinione degli scienziati) con la chiazza bianca che gli ricopre la zona ventrale. Il terrore spinge le aringhe ad ammassarsi in fitte concentrazioni di forma ellittica o conica, dal diametro di vari metri. Come mai queste formazioni che paiono crearsi spontaneamente? Esse sono il prodotto di un calcolo che le aringhe fanno istintivamente: per ognuna di loro la posizione che assume sarà quella che probabilisticamente la mette più al riparo dall’attacco. Dunque, le aringhe che alla fine saranno mangiate sono quelle che hanno fatto meno bene il calcolo delle probabilità!
• Le orche intanto spingono le loro prede verso la superficie del mare: da lì, infatti, non c’è via d’uscita. Per ottenere questo scopo le orche emettono tra l’altro delle voluminose bolle d’aria che accrescono il panico del banco e lo sospingono verso l’alto. Soltanto a quel punto avrà luogo il pasto vero e proprio. Disorientate e ulteriormente indebolite da un’ampia varietà di suoni prodotti dalle balene, le aringhe rimangano alla mercé dei violenti colpi di coda di quest’ultime e muoiono a dozzine ad ogni fendente. Il numero di attaccanti che inizia a cibarsi prelevando dal gruppo dei pesci uccisi o storditi un esemplare alla volta, resta sempre inferiore a quello dei predatori che continuano incessantemente a tenere il banco sotto pressione nuotandogli intorno. Si è calcolato che ogni orca riesce a catturare con questo metodo fino a quattrocento aringhe al giorno. I piccoli apprendono questa tecnica di caccia imitando gli adulti. I carousel feeding possono protrarsi anche per tre ore. Intanto i gabbiani argentati e gli altri pesci si preoccupano di ripulire la superficie marina dai resti del banchetto lasciati dai cetacei. Qualora il banco attaccato riesca a fuggire nuotando a profondità non utilizzabili dalle balene odontocete, queste ultime abbandoneranno la caccia mettendosi alla ricerca di un altro gruppo di aringhe. I carousel feeding avvengono solitamente tra le dieci del mattino e le due del pomeriggio. I ricercatori del Tysfjord riconducono tale prassi al carattere diurno della migrazione delle aringhe o al semplice fatto che le buone condizioni di luce presenti in quelle ore delle giornate autunnali facilitino le pratiche predatorie, così come risultano favorevoli le fasi di marea montante e alta.
• Il Tysfjord è anche l’unico luogo al mondo in cui sia possibile all’uomo nuotare con le orche nella loro zona di caccia. Benché non si registrino attacchi a essere umani in acqua né qui né altrove da parte di questi cetacei, la cui dieta include uccelli, pesci, cefalopodi, piumipedi e vari altri animali a sangue caldo e freddo e numerose specie di balene, ritrovarsi a distanza ravvicinata con uno di loro è un’esperienza che regala emozioni forti. I maschi adulti possono superare i nove metri e mezzo di lunghezza e le otto tonnellate di peso, mentre le femmine raggiungono i sei metri e le cinque tonnellate.
Goffamente vestiti in una muta stagna, ci si tuffa aspettando l’arrivo di alcuni esemplari avvistati in avvicinamento. questione di istanti e una pinna dorsale, che misura fino a 180 centimetri di altezza, fende la superficie a pochi metri dal nuotatore. Questi animali sono perfettamente in grado di identificare nella silhouette di un essere umano un elemento estraneo al proprio regime alimentare. E perciò non lo attaccano. In ogni caso è assolutamente raccomandabile mantenersi ad almeno una decina di metri da qualsiasi esemplare di questi animali affrontato nel proprio habitat. Meglio lasciare che siano eventualmente questi ultimi a ridurre la distanza dall’osservatore. Un assistente della ricercatrice finlandese Tiu Simila, che si era avvicinato troppo ad un piccolo di orca nel Tysfjord, si è visto accostare ad altissima velocità dalla madre, che così facendo ha manifestato, a mo’ di avvertimento, un comportamento minaccioso.
• Frequentemente capita che l’orca si avvicini alle spalle del nuotatore. Giunta a qualche metro dall’uomo, che in realtà il più delle volte si limita a galleggiare inattivamente in superficie, la balena si sommerge e si allontana inosservata. Spesso invece la sua presenza viene avvertita quando già si trova vicinissima, con il ventre bianco rivolto verso chi da osservatore passa a sentirsi l’osservato. Quasi subito però l’istintivo timore lascia spazio ad una spontanea curiosità verso un animale che per il portamento elegante e per i lineamenti della testa viene naturale associare ad un grande delfino.
Questi spietati predatori vivono in società matriarcali e non abbandonano mai la propria madre per tutta la vita. Le femmine campano ottant’anni, i maschi sessanta. Questi ultimi sono spesso osservati nella funzione del baby sitting, con cui collaborano all’accudimento di piccoli nati dalle femmine del loro sub pod o nucleo familiare di appartenenza. Durante gli spostamenti, per permettere all’ultimo nato di sopportare la velocità del gruppo, la madre lo mantiene al proprio fianco sulla sua scia, in modo tale da ridurre il più possibile l’impedimento originato dall’attrito dell’acqua. Mentre gli esemplari con qualche anno di età godono di maggiore libertà e spesso nuotano in disparte, sono i maschi adulti a chiudere la formazione, assicurandone la protezione alle spalle. Negli oceani non vi è spettacolo più gaio e maestoso del movimento perfettamente sincronizzato dei soffi respiratori e delle pinne caudali di un pod di orche che avanzi in libertà.