Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 20 settembre 1999
Milano - Non furono in molti a piangere Francesco Morini, la sera di marzo del ’94 in cui quattro colpi di Beretta 7,65 lo accolsero davanti alla Antica trattoria di Monlué, alle porte di Milano
• Milano. Non furono in molti a piangere Francesco Morini, la sera di marzo del ’94 in cui quattro colpi di Beretta 7,65 lo accolsero davanti alla Antica trattoria di Monlué, alle porte di Milano. «Un appuntamento che lui credeva essere galante - racconta oggi uno dei sicari - e che invece era per noi il suo appuntamento con la morte da lungo architettato». Non furono in molti a piangerlo perché Francesco Morini era uno strozzino, un professionista dell’usura che nella sua carriera si era lasciato alle spalle un piccolo cimitero di imprese divorate e di vite distrutte. Erano in molti in cuor loro a volerlo morto. A tradurre i desideri in realtà, furono infine - tra tutte le sue vittime - le uniche da cui Morini non si guardava. Ma prima che Morini finisse al camposanto ne accaddero di cotte e di crude: compresa purtroppo la morte di un poveretto che non c’entrava nulla, e che ebbe la sola colpa di uscire una mattina dal garage di Morini con una macchina uguale alla sua, e con la targa quasi identica. Lo freddarono prima ancora di guardarlo in faccia.
• La storia cupa e bislacca dell’usuraio Morini e dei suoi assassini finisce all’alba di ieri, quando i carabinieri e il pubblico ministero Gemma Gualdi arrestano quattro persone, e alzano il velo su un’indagine che racconta un pezzo di Milano indigesto: una città dove si muovono imprenditori disperati, poliziotti corrotti, direttori di banca complici. La città in cui Morini si muoveva come uno squalo nella sua riserva di caccia. Ma in cui alla fine commise uno sbaglio di valutazione dalle conseguenze mortali.
• A fare assassinare Morini, dice l’ordinanza di custodia, sono stati una brava coppia di imprenditori, due lombardi doc che qualche anno prima erano finiti nelle sue grinfie. Lei, Angela Pomati, milanese; lui, Adriano Reccagni, bresciano. Insieme gestivano un’autorimessa con noleggio. Alle prime difficoltà Morini li aveva diligentemente spolpati, poi aveva fatto di loro i suoi tirapiedi e prestanome. I due bravi avevano finto di stare al gioco. Insieme a Morini avevano avviato un’altra rimessa con noleggio, la Greyhound: ben avviata, franchising dell’Avis, rapporti d’affari con questura e tribunale. Gli vivevano accanto, giorno dopo giorno, e intanto meditavano la vendetta montando i pezzi di un piano straordinario: farlo assassinare pagando i killer con i suoi stessi soldi, con i proventi dell’usura che Morini in parte parcheggiava in contanti in una banca grazie ad un direttore compiacente, in parte stivava in cassette blindate sparse tra le sue case. Per avere ucciso Morini usando i suoi soldi, oggi i due mandanti sono accusati anche di appropriazione indebita: ma, dal punto di vista del conto finale, cambia poco.
• L’unica cosa che conta è che a partire dal maggio 1992 Francesco Morini diventa la vittima predestinata di una serie impressionante di tentativi di spedirlo al Creatore. Una volta il sicario si ferma perché vede una carrozzina da bambino sul pianerottolo. Un paio di volte le pallottole lo sfiorano e si perdono nel vuoto. Una volta reagisce e riesce a mettere in fuga i sicari. La quinta volta viene ucciso al suo posto un vicino di casa, Gianpaolo Merlini, quello con il Mercedes troppo uguale all’auto dello strozzino. Il sesto tentativo è quello buono. Dietro questa sfilza di agguati, si scopre ora, ci sono la signora Pomati e il signor Raccagni, i due tizi spolpati da Morini e diventati suoi soci.
• Per noleggiare un killer si sono rivolti a un sedicente avvocato con studio in via Manara, accanto al palazzo di giustizia: si chiama Santo Perrone, non è affatto avvocato ma è uno specialista del recupero crediti, con le buone o con le cattive. lui a contattare nel mondo della malavita i sicari che devono chiudere la partita a Morini. Il quale, dal canto suo, ogni volta che viene bersagliato di colpi fa quello che cade dalle nuvole, dichiara alla Volante di non avere un nemico al mondo, ma intanto deposita un memoriale a un notaio per indicare, in caso di disgrazia mortale, chi sono i suoi assassini: ma sbaglia clamorosamente, e indica Pio Cafaro e Roberto Stornelli, due poliziotti che da tempo lo ricattano per non approfondire le indagini sul suo conto.
• marzo 1994, Morini riceve una telefonata: è la figlia maggiore di Angela Pomati, una bella ragazza cui da tempo rivolge le sue attenzioni. lei a invitarlo a cena alla Antica trattoria di Monlué. A prenotare il tavolo è stata la madre, usando - estrema soddisfazione - il cognome di una delle tante amanti di Morini. Lo strozzino si presenta davanti al ristorante, e due killer lo fulminano. La storia finisce qui. I due mandanti per cinque anni si godono la ritrovata serenità, mandando avanti la Greyhound, la società che Morini gli aveva intestato. Alla fine, come succede quasi sempre, arriva un pentito e racconta tutto. Per il momento, gli arrestati si proclamano innocenti.