Libero, 11 novembre 2016
La figlia di un comunista alla Casa Bianca
I noiosi, ovvero gli eterni nostalgici degli ex storici, dovrebbero farsi un giro a Sevnica, cittadina di poco più di 17mila abitanti che ha dato i natali a Melania, moglie in carica dell’aranciato neo presidente degli Stati Uniti, prima di sostenere che la vera vincitrice dello scettro da First Lady, quella «morale», quella che ci mancherà, è Ivana Trump. (dignitosamente rinominata dalla stampa di questi giorni come Ivana Zelníková). Nel centro sloveno, industriale grigio umido e sul fiume Sava, nella fatidica notte elettorale, i bar hanno festeggiato e tenuto aperto tutta notte. Fino all’annuncio della vittoria che è stato accolto con l’invasione di solidali bandiere americane. Si badi bene che il termine «invasione» non è per nulla casuale: parliamo della Slovenia, ex Paese comunista di Tito. E il padre di Melania era comunista: appoggiava il regime autoritario.
E se come nota Pasolini e con ragioni diverse le colpe (o il silenzio) dei padri non ricadono sui figli, a Melania Trump diamo almeno il merito di avere congiunto, sotto l’egida del sogno americano da lei stessa partecipato, due emisferi ideologici non così tanto distanti: il capitalismo e il comunismo. Per non parlare delle ulteriori correlazioni storiche che arriverebbero da coloro (esagerati) che paragonano Trump a Hitler.
E arrivano anche altre conferme: deve essere il rosso in testa di Trump. È sbiadito, è arancione: ma è pur sempre rosso. Pure il socialista Bernie Sanders si è detto disposto a cedere alle ideologie e a collaborare se è per il bene dei lavoratori. Addirittura di più: proprio grazie a questo matrimonio è arrivata l’ora di dichiarare definitivamente conclusa la guerra fredda. Sì, va bene, anche Ivana è originaria di un Paese baciato dal comunismo: ma non era vero amore. E quindi la vera First Lady è lei: Melania, che ci salva da (questa) guerra e regala una meravigliosa patina di perla, basta che non sia aranciata, al club delle nuove mogli.