Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 31 ottobre 2004
Wolfgang Amadeus Mozart a 5 anni, nel 1761, componeva minuetti, a 6 suonava dinanzi alla corte di Monaco, a 7 si esibiva a Versailles durante la notte di Natale
• Wolfgang Amadeus Mozart a 5 anni, nel 1761, componeva minuetti, a 6 suonava dinanzi alla corte di Monaco, a 7
si esibiva a Versailles durante la notte di Natale. Un genio quanto mai precoce, questo è ben noto. Ma questa genialità fatta di rigore e disciplina doveva trovare delle forme di compensazione, delle valvole di sfogo. Che egli trovò nelle donne, almeno fino alla morte della madre nel 1778. A esempio, l’infatuazione, ricambiata, per
la cugina Maria Anna Thekla.
Le lettere che Mozart le inviava erano dense di volgarità,
di licenziosità, di giochi di parole, di nonsense, scritte con un’assoluta libertà d’espressione, generata da una vitalità troppo grande per essere rinchiusa
nei gelidi cerimoniali di corte.
La tua vecchia giovane codadiporco.
Amatissima cuginetta netta! Ho appena ricevuto avuto il tuo scritto a me sì caro, e ne ho desunto unto che il signor cugino gino, la signora Basso sasso, e tu cucù, state proprio bene cene; anche noi, lodi e grazie a Dio, siamo proprio sani nani. Proprio oggi ho ricevuto cornuto nelle mie grinfie la lettera cèttera del mio papà ah ah. Spero che anche tu abbia ricevuto cornuto la mia lettera cèttera, che ti ho scritto da Mannheim. Tanto meglio, meglio tanto! Ma adesso qualcosa d’intelligente. Mi spiace molto che al signor prelato salato è be’ venuto il colpo secco (si riferisce al prevosto e abate di Santa Croce, ndr). Ma spero, con l’aiuto di Dio zio, che non avrà conseguenze prepotenze. Tu mi scrivi divi che manterrai il tuo delitto (la promessa di inviargli un suo ritratto, ndr) che hai fatto prima della mia partenza da Augusta, e ciò presto resto; ora, di ciò mi pentirò di certo. Tu scrivi ancora dell’altro, sì, fai conoscere, pari pari comunichi, lasci trapelare, mi fai sapere, ti spieghi, mi annunzi, mi fai avvisato, mi notifichi, manifesti chiaramente, brami, chiedi, desideri, vuoi, vorresti, comandi, ch’io deva leva mandare anche il mio portrait. Eh bien, te lo manderò correrò certo. Oui, par me la foi, io ti caco sul naso, che ti scorrerà sul mento. Appropós. Hai ancora la faccenda spuni cuni (si riferisce alle mestruazioni, ndr)? [...]. Auguro adesso una buona notte, caca nel letto che schianti, dormi chiotta, ficca il culo in bocca; ora vado a spassarmela, poi mi faccio una bella dormita.
[...] Ah! Il mio culo mi brucia come fuoco! Che può mai ciò significare? Forse ne uscirà fuori uno stronzo? Sì, sì, stronzo, io ti conosco, ti vedo, e ti gusto e cos’è? Possibile!? O dei! Orecchio mio, tu non m’inganni? No, è proprio così. Che lungo, triste suono! [...]. Mentre sto scrivendo la mia lettera meglio che posso, sento qualcosa nel vicolo. Smetto di scrivere mi alzo, vado alla finestra e non sento più nulla. Mi siedo di nuovo, riprendo ancora a scrivere scrivo appena dieci parole quando sento di nuovo qualcosa mi alzo di nuovo appena mi alzo, sento ancora qualcosa ma appena percettibili ma annuso un che di bruciaticcio. Ovunque io vada c’è puzzo. Quando mi sporgo dalla finestra, l’odore si sperde; guardo dentro di nuovo, e di nuovo l’odore aumenta. Alla fine la mammà mi dice: ”Scommetto qualcosa che ne hai fatto partire uno”. ”Sì, sì, è proprio così”. Faccio la prova, mi metto l’indice nel culo, poi lo porto al naso, e Ecce, provatum est; aveva ragione mammà. Ora, stà bene, ti bacio 10000 volte e sono, come sempre, la vecchia giovane Codadiporco [...]. Miehnnam ned 5 rebotco 7771.
Mannheim 4-5 novembre 1777
• Non finiremo mai d’amarci. [...] Accidentaccio (Maria non gli ha inviato il promesso ritratto, ndr), per mille sacrestie, croati dannati, diavoli, streghe, stregoni, armate crociate per tutta l’eternità! Accidentaccio, per tutti gli elementi, aria, acqua, terra e fuoco, Europa, Asia, Africa e America, gesuiti, agostiniani, benedettini, cappuccini, minoriti, francescani, dominicani, certosini e cavalieri della Santa Croce, canonici regulares et irregulares, e tutti gli scansafatiche, bricconi, miserabili, coglioni e cazzoni l’uno sopra l’altro, asini, bufali, buoi, buffoni, imbecilli e somari! Che maniere son mai queste, 4 soldati e 3 bandoliere? - Tanto pacchetto, e nessun ritratto? - Ne avevo gran voglia - lo credevo cosa sicura - tu stessa mi scrivevi, non ha guari, che l’avrei ricevuto presto, ma presto presto. Dubiti forse che manterrò la mia parola? - Non voglio sperare che tu ne dubiti! Allora, ti prego, mandamelo, quanto prima meglio è. E spero proprio, come ho appena finito di pregarti, che sarà in francese veste. Quanto mi piace Mannheim? - Quanto mi può piacere un luogo senza la cuginetta. Perdonami la mia brutta scrittura, la penna è vecchia già; e io già caco da quasi 22 anni dal medesimo buco, eppure non è ancora consunto! - e ho già tanto cacato - e con i denti lo stronzo ho mordicchiato. [...] Ora devo chiudere, come che sia: non mi sono ancora vestito, e proprio adesso mangiamo, così che poi di nuovo cachiamo, come che sia. Se tu mi ami ancora come io t’amo, non finiremo mai d’amarci, pur se il leone s’aggira intorno alle mura, pur se la dura vittoria del dubbio non è già stata ben ponderata, e la tirannia dei carnefici è scivolata su falsa via, [...], e i Romani, i reggitori del mio culo, sono sempre, sono sempre stati, e sempre saranno - bastardi [...].
Alla cuginetta,
Mannheim 13 novembre 1777
• Un culo intero colmo di saluti. Ma très chère Cousine! Prima di scriverti, devo andare al cesso - Adesso ho finito! Ah! Ora mi sento più leggero il cuore! Adesso mi son tolto una pietra dal cuore. Ora posso pappare ancora. Ora, ora che ci si è ben bene svuotati, è ancor sì bello vivere. [...] Sì, sì, mia amatissima vergine cugina, così va a questo mondo: l’uno ha la borsa, l’altro il danaro, e tu con cosa te la tieni? Nevvero? Puttana vacca, ramaio, dimostrati uomo, non schiacciarmi, dimostrati uomo, non schiacciarmi, leccami nel culo, ramaio, sì ed è proprio vero, chi crede sarà beato, e chi non crede, va in paradiso [...]. La mia decisione è presa; se mi scappa vado, ma dopo tutto i casi sono: se ho da evacuare corro, e se non mi posso trattenere caco nei pantaloni. [...] A propós (sic, ndr), da quando sono lontano da Augusta, non mi sono tolto i calzoni - tranne che di notte prima di andare a letto. [...] A tutti i buoni amici e amiche un culo intero colmo di saluti da noi due. [...] Ora non so nient’altro di nuovo, se non che una vecchia vacca ha cacato uno stronzo nuovo; e con questo, addieu [scritto così nel testo, ndr], Anna Maria Chiavatrice nata Chiavona [...].
Mannheim 3 dicembre 1777
• Dio volesse ch’io fossi uno stoccafisso. [...] Tu crederai, anzi penserai ch’io sia morto! Ch’io sia crepato? Ovvero scoppiato? No no! Non lo pensare, ti prego; ché pensare e cacare son due cose diverse! Come potrei scrivere sì polito se fossi morto? Come sarebbe possibile? Del mio lungo silenzio non mi voglio certo scusare, ché non mi crederesti per niente; ma, per quel che è vero resta vero! [...]. Ma ora posso aver l’onore di chiederti come stai e come ti porti? - se sono ancora aperte le vie naturali? - se hai ancora un po’ di tigna? - se mi sopporti ancora un pochettino? - se spesso scarabbocchi col gessetto? - se poi, di quando in quando, pensi ancora a me? - se talvolta non hai voglia di impiccarti? - se non eri un po’ arrabbiata? Con me povero buffone; se non vuoi esser sì gentile di fare la pace, o, sul mio onore, ne lascio partire uno! Ma tu ridi! - victoria! - i nostri culi saranno i segnali di pace! - Lo sapevo che non potevi resistermi più a lungo. Sì sì, sono sicuro del fatto mio, anche se oggi io dovessi fare ancora una cacca, benché fra 14 giorni parto per Parigi. Se dunque mi vuoi rispondere, di laggiù - da quella città di Augusta, scrivimi presto, perch’io riceva la lettera; altrimenti, se son già partito, invece della lettera ricevo uno stronzo. Stronzo! - Stronzo! - oh stronzo! - oh dolce parola! - stronzo! - squisito! - bello anche! - stronzo, squisito! - stronzo! - lecca - o charmante! - stronzo, lecca! - mi piace proprio! - stronzo squisito, e lecca! - squisito stronzo, e lecca, stronzo! [...]. E dimmi ancora: hai ancora quella faccenda spuni-cuni? Io credo di sì. [...] anche s’io avessi spazio, non saprei che cosa dovrei scrivere, a parte questa storiella [...]. Bene, per farla corta, c’era, circa quattro ore da qui - non so più la località - c’era in un villaggio o in un altro - ma poi la cosa non cambia, se il villaggio era Tribsterill, dove si rettificano i buchi di culo storti - [...]. Ora, vi era un pastore o pecoraio, che era già abbastanza vecchio, ma che appariva ancora robusto e vigoroso. Era scapolo, e ben provvisto, e se la passava bene. [...] un giorno, egli partì di lì con le sue pecore, ne possedeva ben undicimila; [...]. Dopo aver camminato per un’ora buona, si stancò, e si sedette lungo un fiume. Alla fine s’addormento, e sognò allora che aveva perduto le sue pecore, e per questo spavento si svegliò, ma con sua grande gioia ritrovò le sue pecore. Alla fine si alzò, e procedette oltre, ma non per molto; ché aveva appena camminato per una mezz’ora che giunse a un ponte che era molto lungo [...] egli guardò il suo gregge; e, dato che doveva attraversare, cominciò a spingere le sue undicimila pecore oltre il ponte. Ora abbi la degnazione di aspettare fin che le undicimila pecore siano dall’altra parte, allora ti finirò tutta la mia storiella. [...] Ma spero che, prima ch’io smetta di scriverti, esse saranno dall’altra parte; in caso contrario, non posso farci proprio niente; per quanto mi riguarda, possono rimanere al di qua del fiume. Frattanto, devi accontentarti di questo; ti ho scritto ciò che ne ho saputo. Ed è meglio ch’io abbia smesso piuttosto che aggiungervi qualche menzogna. Allora non avresti creduto a tutta la caca-storiella [...]. Ora devo chiudere, anche se mi secca molto; chi comincia deve anche finire, altrimenti disturba la gente; i miei saluti a tutti i miei amici, e chi non mi crede, mi deve leccare senza fine, da ora a tutta l’eternità, fin ch’io acquisti di nuovo coscienza. Certo, ha da leccare a lungo, lo temo proprio; ho timore che lo stronzo che m’esce fuori non basterà per la sua pappatoia. Adieu, cuginetta. Io sono, fui, sarei, sono stato, ero stato, sarei stato, oh s’io fossi, oh ch’io fossi stato, Dio volesse ch’io fossi, dovrei essere, sarò, s’io dovessi essere, piacesse a Dio ch’io fossi stato, che cosa? - uno stoccafisso [...].
Mannheim 28 febbraio 1778
• Ti frusterò, ti bacerò, ti sparerò. Con la massima fretta - e con la più perfetta contrizione e dolore, e con fermo proponimento, ti scrivo per informarti che domani parto per Monaco; - carissima cuginotta, non essere leprotta - Ben lieto sarei venuto ad Augusta, te l’assicuro, ma il signor regio prelato non mi ha lasciato andar via, e io non lo posso odiare, perché sarebbe contro la legge di Dio e della natura. [...] - forse da Monaco farò un salto ad Augusta; ma non è così sicuro; - se hai tanto piacere di vedermi quanto ne ho io, vieni tu a Monaco, in questa nobile città. Fa’ in modo di esserci prima di Capodanno, e allora ti contemplerò nell’avanti e nel didietro - ti porterò in giro ovunque e, se necessario, ti farò un clistere - Una sola cosa mi dispiace, di non poterti alloggiare; infatti non starò in una locanda, ma abiterò presso - e dove? - vorrei saperlo anch’io. Bene, scheeeeerzi a parte - proprio per questo è necessario che tu venga - Avresti forse una gran parte la gioco - vieni allora di sicuro, altrimenti sei una merda; io allora, nobile personaggio qual sono, ti farò i miei complimenti, ti frusterò il culo, ti bacerò le mani, ti sparerò con lo schioppo nelle terga, ti abbraccerò, ti farò un clistere nel davanti e nel didietro, a te, a te io pagherò i miei debiti per filo e per segno, e farò echeggiare una gagliarda scoreggia, e forse farò persino colare qualcosa - Ora addio - mio angelo, mio cuore io t’attendo con dolore [...].
PS: Cacadubbi, il parroco di Rodemplum, ha leccato nel culo la sua cuoca, agli altri come exemplum, vivat-vivat.
Kaysersheim (Kaisheim)
23 dicembre 1778
• La mia cuginetta pleno titulo.
[...] Soffiami dentro il culo. -:- è buono se ben l’accogli [...].
Il tuo dolce ritratto, o cuginetta,
si libra sempre davanti
al mio sguardo,
ma in tormentose lacrime,
che tu - esso non sei.
Ti vedo quando la sera
s’imbruna, quando la luna
splende su me, guardo e - piango
che non sei qui di persona.
Per i fiori di quella valle
che voglio cogliere per te,
per quei rametti di mirto
che intreccio per te,
ti scongiuro, o apparizione,
e trasformati.
Trasformati, apparizione salva verecundia,
e diventa - la mia cuginetta pleno titulo
finis coronat opus, il nobile Codadiporco.
I miei saluti e quelli di noi tutti al tuo signor fattore e alla tua signora fattrice - precisamente a colui che si è dato la fatica di farglielo, e a colei che si è lasciata fare. Adieu - Adieu - angelo. Moi padre ti dà la sua ziesca benedizione. E mia sorella ti dà mille cugineschi baci. E il cugino ti dà ciò che non gli è permesso darti. Adieu - Adieu - angelo [...].
Salisburgo 10 maggio 1779
• Seccature, dispiaceri, fastidi e affanni.
[...] Tutto questo tempo ero bramoso d’una tua lettera, carissima cugina; - curioso di leggerla - [...]. Nel frattempo, come senza dubbio sai, mi sono successe parecchie cose importanti (Mozart è stato allontanato dalla corte di Salisburgo, ndr) che m’hanno dato non poco da pensare, ed ebbi seccature, dispiaceri, fastidi e affanni assai, il che può in effetti valere a scusare il mio lungo silenzio - per quanto riguarda le altre cose, devo dirti che le chiacchiere che la gente è stata così gentile da far circolare su di me, in parte son vere, e in parte - son false; - al momento non posso dire di più; ma, per tua tranquillità, lasciami ancora aggiungere che non faccio mai nulla - senza ragione - e anzi - senza fondata ragione. - Se tu avessi dimostrato più amicizia e confidenza verso di me, e ti fossi rivolta a me direttamente (non ad altri - anzi! -). Ma basta! Se ti fossi rivolta a me direttamente, avresti di certo saputo di più di tutti gli altri - e, se fosse possibile, più di - me stesso! [...].
Vienna 23 ottobre 1781