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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Spezie, seta e grandi avventure sono collegate da un filo lungo duemila anni

• Spezie, seta e grandi avventure sono collegate da un filo lungo duemila anni. Attraverso un percorso ininterrotto dalla Cina all’Europa, queste merci transitarono per secoli a dorso di cammello, di dromedario, di yak, di cavallo, di mulo e di asino, di manzo, di elefante e, naturalmente, d’uomo. Spezie e seta come petrolio: da una parte un Occidente disposto a tutto pur di possederle; dall’altra l’Oriente che le produceva. Fu per colpa, o per merito, della cannella, del pepe, della canfora, dei chiodi di garofano e, naturalmente, della seta, che ardimentosi navigatori s’avventurarono attraverso gli oceani, pur di aggirare il monopolio dei mercanti levantini. Cristoforo Colombo, nel 1492, scoprì l’America cercando la via delle Indie. Vasco de Gama, circumnavigando l’Africa quattro anni dopo, ebbe più fortuna e trovò davvero la famosa via. Ma il primo a gettar luce sui misteri dell’Oriente fu Marco Polo: con il padre Niccolò e lo zio Matteo, il veneziano, che nel 1271 aveva soltanto 17 anni, si avventurò lungo quella pista di terra che da secoli solcava l’Asia e che, soltanto nel 1907, il barone Ferdinand von Richthofen – insigne geografo – battezzò ”Via della Seta”. Nel 1275 giungerà a Pechino. E di quel viaggio ci resta il racconto, nel ”Milione”. Già ai tempi dell’Impero Romano, le mercanzie pervenivano alle colonie orientali attraverso un fitto ordito di collegamenti. In Cina, con l’imperatore Wu (140-87 a.C.) della dinastia Han, s’apre la celebre strada che collegherà le due facce del mondo. Il percorso partiva dalla città cinese Louyang. Da lì si giungeva a Ch’ang-an (l’odierna Xian) e si proseguiva verso Oriente. Arrivata in prossimità della catena montuosa del Pamir, la strada si divideva in due percorsi paralleli. Alla fine, si ricongiungeva a Kashgar. A questo punto, la Via della Seta si ramificava in una ragnatela di strade. La tratta principale conduceva da Kashgar fino a Taskent. Da qui, lungo le favoleggiate città di Samarcanda, Bukhara e Khiva, conquistava le sponde del Mar Caspio per poi sfociare a Damasco, Palmira, Gaza, Tiro e Antiochia. La nostra proposta è ripercorrere questa strada infinita (da un capo all’altro era lunga circa 8.000 km) frantumandola in cinque tappe.
• PETRA Tappa iniziale del lungo percorso asiatico, Petra è una delle mete turistiche più note della Giordania. L’arrivo in aereo ad Amman è d’obbligo, ma si può raggiungere la cittadina anche da Sharm El Sheikh, in Egitto, facendo scalo ad Aqaba. Petra (una veduta nella foto a destra) fu l’antica capitale del regno dei Nabatei, beduini nomadi che si fermarono qui nel IV sec. a.C., rendendola il principale centro carovaniero del mondo antico, grazie alla sua posizione strategica. Fu poi dimenticata dal mondo occidentale finché, nel 1812, fu riscoperta dal giovane esploratore svizzero Johann Ludwig Burchkardt, che non esitò a convertirsi all’islamismo pur di carpire ai beduini del luogo l’accesso segreto al sito. Tutti, in qualche modo, hanno visto almeno in foto le meraviglie di questo luogo: dal monumento Khazneh Firaun (immortalato nel film ”Indiana Jones e l’ultima Crociata” di Steven Spielberg) all’altrettanto straordinario Ed Deir, meglio noto come ”Il Monastero”. Affascinante anche la strada che porta ad Aqaba, attraverso il deserto di Wadi Rum.
• Siamo giunti in Siria: un viaggio molto classico è il tratto che porta da Damasco alle solitarie rovine di Palmira, prima che l’interminabile Via della Seta arrivi a Gaza e s’affacci sul Mediterraneo. Splendida Damasco, con la grande moschea degli Omayyadi (nella foto a sinistra), il palazzo Azem e i movimentati mercati – i suk – tra cui anche quello delle spezie. La parte più interessante di Aleppo è invece la Cittadella Fortificata, costruita su diverse stratificazioni, la prima delle quali risale al III millennio a.C. Ma la perla del viaggio è senza dubbio Palmira: dovendo scegliere un solo luogo da visitare in tutta la Siria, è questa la meta da preferire. A differenza di quanto accade a Petra (in Giordania), l’altro spettacolare sito archeologico del Medio Oriente, a Palmira non vi sono folle di turisti con telecamere e macchine fotografiche. È una località tranquilla che sorge in mezzo al nulla: il fiume Oronte dista 150 km verso ovest, l’Eufrate 200 km verso est. Le rovine risalgono al II secolo d.C., ma la città era già fiorente sotto gli Assiri. Per un certo periodo fu un importante avamposto greco e nel 217 d.C. fu annessa all’Impero Romano, diventando così un centro ricchissimo.
• Taskent, capitale dell’Uzbekistan, ai tempi delle spezie e della seta, era il principale punto di transito per le carovane che percorrevano il prolungamento estivo della Via del Nord, ideato a scopo di sicurezza. Da qui si giungeva senza grossi problemi a Samarcanda, per poi proseguire verso Bukhara, Khiva, Merv e, costeggiando il Mar Caspio, arrivare ai fiumi Tigri ed Eufrate. Questo itinerario tra Uzbekistan e Turkmenistan (che spesso è proposto in senso inverso, per sfruttare l’aeroporto internazionale di Ashkabad, capitale del Turkmenistan), può senza dubbio esser definito il cuore della Via della Seta. Ognuna di queste città è un gioiello: e se Taskent è moderna, poiché quasi del tutto ricostruita dopo il terremoto del 1960, Samarcanda (nella foto in basso uno scorcio della città) è un mito per ogni viaggiatore: il colossale Registan, la gigantesca moschea di Bibi-Khanym, la Shahi-Zinda, una strada di tombe quasi tutte appartenenti alla famiglia e ai favoriti di Tamerlano... ovunque regna la leggenda. Bukhara non è da meno e Khiva – perla del deserto – è forse la più bella città dell’Asia centrale.
• Tra i monti del Tibet Settentrionale e del Pamir, del Tienshan e degli Altai, s’apre un’immensa regione di deserti e oasi, lo Xinjiang (Sinkiang) cinese, e lo sconosciuto deserto del Taklamakan. Attraverso Kashgar, Kuqa e Aksu scorreva un sentiero alternativo al principale, aperto nel 94 d.C. dal generale Pan Ch’ao. Era la Pei-lu, la Via del Nord: anche se priva delle attrattive commerciali della strada maestra, era spesso preferita perché permetteva di trovare cibo e foraggio. Da Kashgar proseguiva anche la pista principale – la Nan-lu o Via del Sud – anch’essa aperta da Pan Ch’ao nel 74 d.C.: correva a sud del deserto Taklamakan, sotto le pendici settentrionali del K’un-lun. Infinite le meraviglie della zona: dai paesaggi sconfinati lungo l’Autostrada del Deserto tra Korla, Minfeng e Hotian, alle rovine di Gaochang e Jiaohe, ai monti Flaming, alla tomba di Astana, alle grotte di Bazakilik nella Depressione di Turpan (a 150 metri sotto il livello del mare, il luogo più caldo della Cina). A Kashgar, oltre al pittoresco mercato, sono celebri la Moschea Idagah e la tomba di Apakoja. Imperdibili, presso Kuqa, le Grotte dei Mille Buddha di Kizil. Nella foto a destra bambini tagiki delle scuole elementari di Taxkorgan, nello Xinjiang, in Cina.
• Un itinerario alternativo al tour classico della Cina – proposto più di frequente dai tour operator – per visitare due delle più importanti città della Via della Seta: Luoyang e Xian. Le carovane con le merci partivano da Ch’ang-an (l’odierna Xian), principale mercato della seta. Entrambe le città, situate su affluenti del Fiume Giallo, furono in tempi diversi capitali della dinastia Han (206 a.C. - 220 d.C.). Agli Han appartenne l’imperatore Wu che, nel 114 a.C., aprì la via verso l’Occidente, intensificando il commercio con le province romane dell’Asia Minore. Se Luoyang offre al turista uno scorcio del vecchio Catai, con la sua parte antica, le magnifiche Grotte Longmen e il Tempio del Cavallo Bianco, Xian è famosa nel mondo per i suoi 10.000 soldati di terracotta che Qin Shihuang, il primo imperatore cinese (della dinastia Qin, lo stesso che diede inizio alla costruzione della Grande Muraglia), fece disporre a protezione del suo mausoleo, verso il 200 a.C. Vale la pena, infine, di visitare Suzhou, definita da Marco Polo ”Città della seta”: ancora oggi è rinomata per i ricami a mano, oltre che per i numerosi canali (a sinistra il Gran Canale).
• diario di viaggio, una cina mai vista di Barbara Lionesi* Quando ho deciso di ripercorrere la parte cinese della Via della Seta, ho immaginato carovane di cammelli fra le dune del deserto, e seta, seta ogni dove. Ebbene, di seta non ne ho trovata, e neppure di cammelli; giusto un paio di dromedari, che qualche astuto affarista aveva bardato di stoffe colorate per il piacere dei turisti. La via partiva dall’antica capitale imperiale, l’odierna Xi’an, e anch’io sono partita da lì. L’esercito dei 10.000 soldati di terracotta a guardia della tomba dell’imperatore che riunificò la Cina nel III secolo a.C. è una delle attrattive turistiche maggiori del Paese. Xi’an, con le sue mura e le sue pagode, è la Cina della tradizione imperiale. Ma fuggendo un’oretta dalla solita visita guidata, potrete trovare un quartiere musulmano vivacissimo. Anche la seconda tappa del mio viaggio, Lanzhou, situata lungo il corso del Fiume Giallo, dove diverse migliaia di anni fa nacquero le prime culture neolitiche, è ancora una città tutta cinese. Ciò che colpisce qui è il colore giallo: il Fiume Giallo si chiama così perché quello è il suo colore, così come gialla è la terra che lo circonda. Terra di Siena, bronzo, senape, tante gradazioni per un unico colore che ha tinto tutto il viaggio, giù giù fino a Kashgar, ultima città in territorio cinese, il grande mercato dell’Asia, laddove le carovane arrivate dal subcontinente indiano o dal più lontano Medio Oriente si fermavano, scambiavano le merci con le carovane giunte da ogni parte della Cina. La domenica è ancora oggi il giorno del mercato: non di souvenirs, ma di polli e spezie per il pranzo, bulloni, ingranaggi, e il dentista in un angolo, un telo a terra con allineate pinze di ogni dimensione. I visi della gente rappresentano tuttavia il vero spettacolo: sono visi antichi, che mescolano il sangue di tante razze e spuntano così, ora mediterranei, ora mongoli, ora meticci. Il Centro Asia è stato culla e crocevia delle civiltà, e quei volti sembrano stare lì a ricordarlo e testimoniarlo, e valgono da soli il viaggio intero. *docente di lingua e letteratura cinese all’Università Statale di Torino