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 2002  giugno 29 Sabato calendario

Il grande mago. Vita

• Monete. Giuseppe Balsamo nacque il 2 giugno 1743 nel quartiere più malfamato di Palermo, l’Albergarìa. Di famiglia plebea, orfano di padre, fu prima chiuso in collegio. Siccome evadeva sempre, fu preso in affidamento dagli zii, che non sopportando le sue mariolerie lo mandarono in convento. Il noviziato fu breve: assegnato all’insegnamento dello speziale, da cui apprese preziosi rudimenti di chimica, eludeva la clausura per frequentare taverne, bische e bordelli, ma infine fu cacciato per aver rubato dalla cassetta delle elemosine alcune monete. Aveva quindici anni.
• Filtri d’amore. All’ennesima truffa perpetrata a Palermo, cominciò a vagabondare di città in città vendendo filtri d’amore, creme di bellezza a base di cicoria, indivia e lattuga, pillole afrodisiache.
• Lorenza. A Roma conobbe e sposò Lorenza Feliciani, figlia di bottegai, quindicenne, di dieci anni più piccola. Bionda e formosa, viso tondo e labbra carnose, analfabeta, fu istruita dal giovane sposo ad adescare uomini. Tra le prime truffe organizzate dai due, la contraffazione di biglietti di banca e buoni del tesoro: Lorenza contribuiva infilando nel suo seno abbondante le banconote fresche di stampa per macerarle e farle apparire usate.
• Pistole e giarrettiere. La notte del 12 aprile 1777 l’iniziazione massonica a Londra, alla loggia della ”Speranza”, appartenente all’Obbedienza dell’’Alta Osservanza”, a cui i due coniugi si erano presentati come il conte Alessandro di Cagliostro e la contessa Serafina. Durante il rituale dell’investitura a Lorenza fu chiesto di infilarsi la giarrettiera con inciso il motto della confraternita ”Unione, Silenzio, Virtù”. A Giuseppe fu messa in mano una pistola con l’ordine di puntarla alla tempia e di premere il grilletto, cosa che egli fece senza danno, perché l’arma si rivelò scarica.
• Pazzi. Tra le guarigioni a Pietroburgo che guadagnarono a Cagliostro la fama di mago, il rinsavimento di un pazzo che credeva di essere Dio. Una sera il conte lo condusse in barca sulla Neva e lo buttò in acqua per poi trarlo in salvo: " il demone dell’orgoglio che t’ha reso furioso. Ma io sono venuto a strapparti dalle mani di questo spirito malefico. Devi comportarti come un comune mortale".
• Sedute spiritiche. A Parigi Cagliostro organizzava sedute spiritiche in cui evocava fantasmi celebri come Montesquieu, Voltaire, Diderot, mantenuto, per far questo, dal cardinale Rohan oltre che dai sussidi dell’’Alta Osservanza”. L’idillio, durato un anno, finì nel 1786 a causa dell’intrigo ordito dalla contessa Giovanna Valois de la Motte, che avendo molti debiti millantava di essere consigliera della regina e, con la scusa di far da mediatrice presso di lei, si faceva dar soldi dai conoscenti parigini. Tra questi i gioiellieri Bohmer e Bassenge, che avevano tentato invano di vendere a Maria Antonietta una collana ”alla schiava” di 565 gemme (confezionata per la marchesa du Barry, favorita di re Luigi XV, morto prima di pagare il gioiello). Giovanna finse di aver persuaso Maria Antonietta, e lusingò il cardinale Rohan facendogli credere che la regina chiedeva proprio a lui di garantire per iscritto il pagamento perché al momento non aveva liquidi per acquistarla. Dopodiché si fece consegnare la collana per renderla alla regina, in realtà la rivendette per estinguere i propri debiti. Quando l’inganno fu scoperto e Giovanna arrestata, questa accusò Cagliostro e Rohan. Rinchiusi nella Bastiglia per tutto il tempo del processo, infine furono assolti e scarcerati, ma i sovrani, indispettiti dalla sentenza, cacciarono Cagliostro dalla capitale. Giovanna fu condannata alla reclusione e al marchio rovente sulla spalla della lettera V (Voleuse, ”ladra”).
• Noccioli di ciliegia. Dal 1786 Cagliostro soffrì di demenza progressiva, causata dalla fase degenerativa della spirocheda pallida, germe contratto in Spagna dieci anni prima, che per tutto quel tempo aveva esaltato le sue facoltà psichiche. Nel 1789 giunse a Roma con la moglie, che ormai non lo sopportava più e una volta tentò pure di ucciderlo insaponando le scale di casa per farlo scivolare. Condannato dagli Inquisitori per eresia fu rinchiuso nella prigione di San Leo, nelle Marche settentrionali, in una cella angusta, con un’unica feritoia da cui si vedeva solo una chiesa. Privato di ogni bene personale, tranne il rosario che egli stesso aveva costruito con noccioli di ciliegia, morì per un colpo apoplettico il 26 agosto del 1795.