Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 17 aprile 1999
Schiave d’occidente
• Secondo una stima dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, circa 500mila donne provenienti dall’Europa dell’Est sono attualmente (1999 ndr) coinvolte nel mercato del sesso dell’Europa occidentale.
• Melinda, bosniaca, nel febbraio del 1993, a 15 anni, si trasferisce a Belgrado da un’amica e conosce un Dusa Aslan, albanese di 35 anni. Costui, con la scusa di un lavoro da baby sitter, la porta in Italia e la costringe a prostituirsi. Melinda e le sue giovani compagne hanno l’obbligo di una ventina di rapporti a notte, della durata di cinque-dieci minuti (l’organizzazione prende il numero di targa dei clienti e cronometra le prestazioni, le ragazze che non rispettano i tempi vengono picchiate a sangue). Adesso Melinda va a scuola e vive con il suo fidanzato, un ex cliente di nome Claudio. Il padre di lui, vedovo, le ha regalato un cane da difesa.
• Alina, albanese, figlia di poveri. Ha all’incirca 14 anni quando i suoi sfruttatori, per convincerla ad andare in Italia, inscenano un finto matrimonio, con lei vestita di bianco. L’abito, come tutto il resto, è preso in prestito.
• Mirka, albanese, figlia di un insegnante di filosofia caduto in disgrazia dopo la fine del comunismo. A 14 anni, quando è ancora convinta che i bambini nascano dall’ombelico, sua zia la vende per ottocentomila lire a un ventitreenne di nome Hajadar Liapi. Costui, che in Italia si fa chiamare Genti, le promette di sposarla in Puglia, la porta invece a Valona, dove la violenta di continuo. In Italia, per convincerla a prostituirsi, la mette in una vasca da bagno e la picchia con la cinghia finché l’acqua non si fa rossa di sangue. Lei si arrende, ma presto impara a scappare dai clienti dopo aver preso i soldi senza concedersi. Genti scopre il trucco e la riempie di botte. Quando resta incinta, una mammana le pratica l’aborto usando al posto dell’anestesia un coltello puntato contro la gola. Per il suo quindicesimo compleanno, Genti e i suoi complici la portano a festeggiare in una discoteca romana. Sulla via del ritorno, ubriachi fradici, la picchiano con le cinghie, la legano a un albero e le cospargono di benzina, dicendo che si sono stufati di lei. La slegano solo quando è ormai convinta di essere morta. Adesso Mirka va a scuola, e vive in una casa-famiglia.
• Deshira, bosniaca, rimane incinta a 16 anni. I genitori raccontano a tutti che si è sposata e ha lasciato il paese, in realtà la tengono segregata in casa costringendola a fare da schiava a tutta la famiglia. Dopo aver partorito, ottiene il permesso di andare a lavorare, purché dica in giro di essere rimasta vedova. Un giorno un suo ex compagno di scuola di nome Kuro le racconta di possedere in Italia diversi night club, le offre un lavoro, le promette di farla raggiungere dal figlioletto entro tre mesi. Deshira, affidata a due russi, sogna locali di lusso frequentati da uomini ricchi ed eleganti, finisce invece a Zagabria nelle mani di uno zingaro che la obbliga a prostituirsi sulla strada. Tempo dopo, trovata dalla polizia a Lavinio, pochi chilometri da Roma, in una villetta trasformata in lager, legata a una sedia e completamente tumefatta, è l’unica del gruppo di schiave di una banda di macedoni disposta a testimoniare contro i suoi aguzzini. Dopo un lungo soggiorno nel Centro antiviolenza di Roma, trova ospitalità in un Centro Caritas. Attualmente, qualcuno racconta di averla vista dormire alla stazione Termini, altri sono convinti che sia partita per Bari con un uomo.
• Irina, originaria di Galati, ai confini con la Moldavia, separata, un figlio di quattro anni, insegnante di lingue in un liceo, fa amicizia con una Milana di 30 anni, ungherese. Costei, raccontandole di possedere a Roma una catena di alberghi e promettendole un posto da direttrice, la invita a pranzo nei ristoranti più lussuosi e la porta in Ferrari da Bucarest a Timisoara, a Vienna, fino a Roma. Qui la affida a due zingari che la trascinano in un campo nomadi, la picchiano, le rubano i documenti, la spediscono sulla strada. La prima sera, al Villaggio Olimpico, vedendo passare una macchina della polizia quasi si getta tra le ruote, chiede aiuto, si fa portare in questura. In questura la aspetta Milana, che paga i poliziotti e la riporta sul marciapiede.
• Elena Ballshi, albanese, vedova a 25 anni, quattro figli, una pensione di 10mila lire il mese, un lavoro in miniera per tirare avanti. Durante la festa di compleanno della figlioletta di una sua collega due uomini le rapiscono il figlio Marco, 8 anni: "Vieni con noi, si va a Valona, se vuoi rivedere tuo figlio". Nella villa di Valona dove ritrova Marco, le scattano delle fotografie, le preparano un passaporto falso. Poi il viaggio fino in Puglia, la consegna agli aguzzini, la separazione dal bambino. La prima notte guadagna 850mila lire: ”In Albania le donne non toccano gli uomini, neanche da sposate. Che c’entra toccare con la mano o con la bocca?”. Una donna dell’organizzazione, incaricata di insegnare a Elena come si soddisfano le voglie dei maschi, si fa spiare mentre fa sesso con alcuni clienti. Elena, salvata da un’albanese sopravvissuta al marciapiede e dal suo fidanzato italiano, ex carabiniere, sporge denuncia. I carabinieri fanno irruzione nella villa dove il capo dell’organizzazione di sfruttatori tiene il bambino. Il boss racconta che Marco è suo ospite, e di averlo accudito come un fratello.