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 2004  agosto 08 Domenica calendario

La mia attrice hard preferita è Laura Levi, assente dagli schermi dagli anni Ottanta

• La mia attrice hard preferita è Laura Levi, assente dagli schermi dagli anni Ottanta. Perché? Per la straordinaria e inconscia capacità di offrire un ”altrove” interiore allo spettatore, per lo meno a me». Michele Giordano, autore con Andrea Di Quarto, di Moana e le altre. «Confermo che avrei voluto mettere il cazzo in mezzo a molte più tette e pussy di attrici hard, ma il porno che si vede in cassetta ha ben poco a vedere con la realtà...». Fabrizio Zanoni, caporedattore di Video Impulse, rivista porno riflessiva che ha chiuso i battenti qualche mese fa. «Ho una laurea, un dottorato, alcuni incarichi universitari, una qualche competenza storica. Quest’ultima l’ho usata per sfogare (su carta) anche le passioni meno accademiche, sia quelle pubbliche sia quelle private: la tradizione libertaria, la controcultura, la pornografia». Pietro Adamo. Ultimo libro: Il porno di massa. «Sono nato nel 1968. Tra i libri pubblicati quello che amo di più è un poemetto in prosa, Letti, uscito da una raffinata casa editrice, la Voland. Amo i volti defilati di chi al porno è arrivato per sbaglio e per sbaglio se ne è andato. Facce prestate al non-culto, comparse, corpi. Non un nome, migliaia di corpi». Roberto Carvelli, autore di La comunità porno. «Ho attraversato il secolo scorso partendo dai buoni sentimenti inculcati dai genitori e sono approdato a fantasie personali e segrete. La passione per Ava Gardner si è trasformata in ammirazione per Eva Robbins». Parla Luciano Spadanuda, ex giornalista di Playboy, scrittore, grande collezionista e mito dell’ambiente. Con queste parole si presentano i più importanti pornologi italiani, per i quali la pornografia non è sesso di scarto o roba buona solo per adolescenti infojati e per adulti frustrati, né è tutta uguale, ripetitiva e noiosa come recitano quelli che la snobbano. Un paio d’anni fa sono stati riuniti dall’editore filo porno Francesco Coniglio (anche direttore del mensile Blue) e orchestrati da Michele Capozzi, filosofo pratico dello stile di vita pornografico, nonché autore di preziosi film underground, per dare vita alla prima, e purtroppo unica, Videoguida dell’hardcore italiano nella quale sono state poste le basi per una seria ricostruzione delle pornovisioni contemporanee. Ora, in piene ferie agostane, quando gli unici negozi sicuramente aperti in città sono i sexy shop e gli unici distributori automatici sicuramente funzionanti sono quelli di cassette e dvd, sono usciti il libro di Adamo e quello di Carvelli. Summa cinematografica, sociale e politica il primo. Ritaglio in presa diretta sull’attuale scena a luci rosse nostrana il secondo. La storia dell’osceno nell’epoca della sua (massima, per ora) riproduzione tecnica può essere finalmente raccontata. Come si dice, dalle origini ai giorni nostri.
• La genesi Le origini del porno di massa si radicano negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, ribelli e permissivi. Al di qua e al di là dell’oceano la legge aiuta la produzione dell’hard. Per prima, 1969, arriva la legge danese: liberalizzazione totale. Poi la sentenza di un tribunale francese sdogana i sexy shop. Quindi la corte suprema Usa conferisce protezione costituzionale al consumo di pornografica riconosciuto come diritto alla privacy. Con la successiva sentenza di solo quattro anni dopo (1973) si torna indietro sul piano del diritto. Gli scritti e le immagini sessualmente esplicite, se non sono artistiche, vengono definite oscene, e pertanto addio protezione del consumo. Ma i giudici lasciano aperto uno spiraglio che diventerà un portone: affermano che non tocca al governo federale, bensì agli stati stabilire lo standard dell’oscenità. Tradotto: New York e Los Angeles diventano la patria del porno. In California violente battaglie per il diritto alla libertà d’espressione aprono la strada a quella che diventerà l’odierna industria di intrattenimento per adulti, strutturata in diverse corporations multimediali. I primi hard su pellicola risalgono agli anni Sessanta, si chiamano loop, cappio alla lettera, per via del meccanismo applicato al proiettore che consente alla pellicola di scorrere a ciclo continuo. Hanno un mercato ristretto, semi clandestino, che però fa ricchi un bel po’ di pornisti fai da te, sperimentatori, intraprendenti, appassionati. Il giro del porno è un giro di fratelli e sorelle scapestrati assai, genere sesso, droga e rock’n roll. Il primo lungometraggio pornografico viene proiettato in un normale cinema di Manhattan, nel 1972, con la gente che fa la fila davanti al botteghino per giorni e giorni per vedere Gola profonda, la storia di una ragazza che ha la clitoride in gola. Incassa 50 milioni di dollari, 30 miliardi di lire di allora e diventa evento mondiale. Produce un tale impatto da arrivare a scuotere persino l’Italia ferma ai cinema in cui fa faville la commedia erotica. Pur annoverato tra i paesi colpiti dai sovvertimenti del tempo, il nostro è l’unico in cui non è persino pensabile eliminare dal codice penale gli articoli contro l’offesa al comune senso del pudore, che sono ancora lì a far da guardiani inutili all’illegalità pornografica. Comunque: il cinema di cartoni animati per bambini, il Majestic di Milano, viene riconvertito nel primo cinema porno. il 1977. La produzione made in Italy, finanziata dai distributori perché i produttori non rischiano, alza la testa, recupera il tempo perduto e viene acclamata all’estero come prodotto tipico del genio italico. I registi, le attrici, diventano famosi a livello internazionale e accendono la voluttà che si respira nelle centinaia di sale aperte in tutto il Paese. I trasportatori delle ”pizze” (le pellicole) giocano al gatto e al topo con poliziotti e magistrati in preda alla mania dei sequestri. E ogni sequestro aumenta la popolarità dei film hard, incentiva i pornisti a correre dietro alla domanda di nuove storie e nuove copule. Fermiamoci un attimo e tiriamo il filo dell’evoluzione etica ed estetica del porno di massa affidandoci a Pietro Adamo, maestro di filologia pornografica. Nella fase degli esordi filmici, quella dei loop, vengono rappresentate tutte le sfrenatezze possibili, tutte le combinazioni sessuali proibite, dall’incesto al lolitismo, e stupri a sfare. Ma ciò che dà un senso diverso alla filosofia sadiana della violenza insita alla rappresentazione pornografica è il contesto. L’uomo che sta dietro la macchina da presa, quello che sul set mima l’effrazione, quello che guarderà il film per eccitarsi di fantasie onanistiche, non vuole ripristinare la gerarchia cupa tra i sessi, l’eterno ritorno del potere del più forte sul più debole che ossessionavano il Divino Marchese. L’etica e l’estetica del porno fa perno sulla figura del ”libertino liberatore”, del maschio propugnatore della parità tra i sessi che si assume il compito di risvegliare nella femmina ignara e passiva il lato gaudente e puttanesco. La violenza è indirizzata a fin di bene, per svegliare la bella addormentata nel bosco e contemporaneamente per svelare la misoginia perbenista e borghese che la incatena allo stereotipo di donna senza desiderio. Questo è lo spirito del tempo, lo spirito che anima i rivoluzionari del porno. Ma i coevi soloni della rivoluzione sessuo-politica non li guardano di buon occhio. Herbert Marcuse, tanto per fare un nome, stigmatizza la pornografia come mercificazione dei corpi, funzionale alla costruzione dell’Uomo a una dimensione, stritolato dalla macchina economica del Capitale.
• I primi veri film hard Deliri a parte, sia sulla sponda pro porno che su quella anti porno durante la cosiddetta rivoluzione sessuale, è un fatto che quando dai loop si passa ai film a soggetto, costosi e sontuosi, le sfrenatezze vengono diluite in un abile gioco codificato proprio per creare un punto di equilibrio tra pleasure and danger, piacere e pericolo. Le trame dei film pretendono di competere con la cinematografia normale, ricche di emozioni, colpi di scena, evocazioni letterarie, filosofiche, sociali. I pornisti si illudono che lo sbocco di mercato delle sale a luci rosse durerà per sempre e puntano sulla competitività pornografica ormai sostenuta da budget colossali e appoggiata dal porno star system tutto lustrini e paillettes. Senza più il bisogno di proclami antisistema, ma pur sempre coinvolti nell’eterna battaglia tra censura e libertà, i pornisti continuano a seguire il sottotesto ideale del testo reale. I film inseguono il momento magico della reciprocità tra i sessi, dell’uomo liberatore che gode del godimento della donna liberata. Ma la tecnologia corre, le esigenze mercantili pure e gli ideali cominciano a esaurirsi. L’ulteriore salto tecnologico, in pieni anni ottanta, dal film al video (che ancora non è digitale), la fortuna della cassetta vhs prendi, porta a casa e te la vedi da solo con tua moglie o con l’amante o se ci scappa durante l’orgetta, innesca il boom dei profitti e della serialità della produzione di massa. Il film con trama sparisce, ritorna la tipologia all sex, solo sesso, del loop. Le pratiche sessuali vengono codificate in base alla funzionalità: tot blow job (pompini), tot cum shot (eiaculazioni in primo piano) tot penetrazioni anali in varie versioni, tot ammucchiate variamente combinate. Per girare un film per il video non servono più sceneggiature ad hoc: basta la tabellina aritmetica.
• La rivoluzione del VHS Eppure gli anni dell’home video (che durano tuttora anche se in una situazione totalmente cambiata) sono anche gli anni della normalizzazione pornografica, della celebrazione del porno democratico. Sul solito copione della solita violenza a fin di bene, si mostra che il compito pedagogico del ”libertino liberatore” ha dato i suoi frutti. Il porno è caldeggiato dai sessuologi post rivoluzione sessuale, i quali hanno il pallino del sesso sano come base dell’armonia coniugale e para coniugale, e se per raggiungere l’obbiettivo della copula felice servono un po’ di porcherie casalinghe, ben vengano. In Italia la famosa casalinga di Voghera, simbolo del buon senso femminile in formato incolto, si spoglia nelle televisioni private, corpo nudo, cappuccio in testa con i buchi per gli occhi, il naso e la bocca tipo Ku Klux Klan. L’indotto del videoporno si allarga, con lo scambismo pubblico nei club privé che rivitalizza le moribonde riviste patinate, centro brulicante di domanda e offerta tra la coppia di Canicattì e quella di Sondrio, tra il giovane prestante che si propone come protesi della coppia e la lesbica velata come coadiuvante per rinverdire il maschio inappetente. L’iniziativa sessuale femminile è all’ordine del giorno. La ricetta del ”libertino liberatore” non scandalizza più nessuno tranne la Chiesa cattolica che si preoccupa della dignità dell’uomo e la consistente compagine delle femministe anti porno che si batte per la dignità della donna.
• evoluzione o involuzione? La nostra Cicciolina interpreta al meglio la scena del risveglio della bella addormentata: è la dea del godimento universale, perfetta immagine di un’innocente e eccitante donnità. Nostra signora defunta Moana oltrepassa la figura della puttana svestita di bianco, tutta cuoricini e coroncine e diventa l’icona dell’emancipazione femminile nuda. La sua morte, nel 1994, segna un’inaspettata involuzione di tendenza, dallo stupro per piacere allo stupro per potere, sull’onda dell’esaurimento totale delle ideologie che hanno preteso di usare il porno come clava anti sistema. Verso fine secolo e fine millennio il porno di massa o è multimediale o non è, per sfruttare tutti i supporti tecnologici che ne allargano la diffusione: internet, le tv via cavo e satellitari, il telefonino di terza generazione. Pratiche sessuali sempre più forti devono sostenere serialità sempre più accentuate. Le porno visioni o prevedono il fist fucking (pugno nell’ano, magari fino al braccio), la gang bang (più uomini e una sola donna), il bukkake (eiaculazione collettiva sul corpo dell’attrice) o non sono. E poi ci vogliono tutte le variabili da nicchia: il porno geriatrico, il feticista con varie sotto specie, il sado maso puro, il finto amatoriale per chi si è stufato dei corpi femminili perfetti e di quelli maschili palestrati. Il gay porno fa discorso a sé e il lesbian porno ancora non esiste. E si può dire che siamo solo all’inizio di una nuova fase. «Nel 2002 sono comparse le prime videocassette della linea editoriale dedicata alla pornostar Ursula Cavalcanti», scrive Pietro Adamo, «La terza, intitolata Violenza sessuale estrema, riproduce un video francese diviso in tre episodi ognuno dei quali dettaglia uno stupro (...) Il video è sovraordinato da un preciso elemento: il compiacimento assoluto, privo di compromessi, della messa in scena in cui la violenza è totalmente sessualizzata. Le donne vittime piangono, si rifiutano, tentano di sottrarsi e di resistere ma vengono sopraffatte, costrette e sottomesse dalla bruta forza bruta (...). Mancano del tutto quei dispositivi narrativi estetici e psicologici che i pornografi delle generazioni precedenti hanno in genere impiegato per disinnescare le implicazioni politico-ideologiche più pericolose - nel senso di più platealmente disuguali e autoritarie – del nesso sesso-violenza e della sua messa in scena».
• Sesso per piacere e per potere Ohibò! Il pornologo etico-estetico dà ragione alle femministe antiporno che per un pelo non sono riuscite a imporre la censura della libertà d’espressione, ai loro agit-prop di sesso maschile che definiscono il porno ”la forma dell’odio”, ai vari predicatori della nocività pornografica, agli uomini e alle donne politici che dal nesso sesso-violenza fanno derivare il nesso pornografia-pedofilia. Cosa sta succedendo? Sta succedendo semplicemente quello che doveva succedere. La pornografia ha sempre rappresentato la verità e la libertà sul sesso, sia pure una verità e un libertà relative allo spirito del tempo, costruite sul fine olfatto percezione mercantile che ha sempre saputo, e sa, cosa vuole un uomo dalla fabbrica del sesso sognato, sa come fantastica la propria libertà sessuale. Oggi non ci sono più vergini ignare da istruire al piacere con adeguata violenza. Ogni donna può definire in (sempre relativa) verità e libertà cosa vuole dal sesso, cosa è disposta a dare per il sesso. Così il ”libertino liberatore” si ritrova disoccupato: non ci sono più tabù da infrangere, né trasgressioni da legittimare, la verità e la libertà non sono più rivoluzionarie (se mai lo siano state). Il re del porno si rende conto di essere detronizzato. Quindi, sogna di annichilire le donne e di stuprarle. roberta tatafiore
• Il (porno)divo preferito dalle francesi Rocco Siffredi porta in alto il nome dell’Italia nel mondo. Non ha solo un pene alla John Holmes (i famosi 30 centimetri) ma è bello, cosa rara per un porno attore. Ormai fa regia, produzione, distribuzione, tutto e soprattutto negli Stati Uniti. Da noi un video di Rocco arriva a mille noleggi in un mese. Quando non era ancora il divo scritturato anche da una regista cerebrale come Catherine Breillat, pare fosse molto violento con le colleghe del set. Ma ora, dicono, non più, da quando gli è accanto una donna che sembra lo controlli molto. Nell’ultimo film di Breillat mostra gli attributi ma anche un bel volto rigato da una lacrima seducente. Il film è arrivato al pubblico italiano con un brutto titolo, Pornocrazia, e un pessimo doppiaggio. Mattoncino ideologico di suo, non ha avuto successo.
• Ovidie, pornostar a testa alta La francese Ovidie è pornodiva politicizzata di seconda generazione. Non ha niente a che fare con le pornostar femministe americane della prima ora (anni Ottanta) folgorate dall’idea di portare il porno a misura di donna, oggi pensionate dal set e riciclate come ottime professioniste nell’industria pornografica. Ovidie ha scritto Pornomanifesto (Baldini e Castoldi, 2003) in cui dichiara il suo programma. A tratti inquietante (nel capitolo «Per una ideologia sessualmente corretta», per esempio), il pamphlet si inserisce nel filone post femminista: adesso ve la facciamo vedere noi. Sulla sua attività di regista, Pietro Adamo scrive: «Bisogna riconoscerle la capacità assolutamente rara nell’hard contemporaneo di rifiutare il dominio dello sguardo maschile». L’ultimo film, Lillith, è distribuito anche in Italia.