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 2005  novembre 26 Sabato calendario

Bruno Kessler

• Bruno Kessler. Nato nel 1924 a Cogolo di Pejo, alta Val di Sole, a ottanta chilometri da Trento, da famiglia poverissima, orfano di padre a quattro anni, studia dai frati, ma siccome al quarto anno di liceo classico rifiuta l’invito a prendere il saio, è costretto a lasciare il collegio e consegue la maturità da privatista. Studente lavoratore, si laurea in Giurisprudenza a Padova senza seguire le lezioni, e trova un posto in banca, da cui si dimette nel 1956, dopo essere stato eletto consigliere provinciale di Trento, nella lista DC. Grazie alla sua iniziativa la provincia di Trento nel 1962 fonda l’istituto universitario per lo studio delle scienze sociali, in via Verdi, in una ex scuola elementare, stornando fondi dal capitolo dell’edilizia popolare. Non rientrando nelle competenze della provincia la fondazione dell’Università, il consiglio costituisce il Libero Istituto di Scienze sociali, dove ”Libero”, indica che non si tratta di un istituto statale né privato. Il primo anno accademico inizia il 14 novembre 1962, con 224 iscritti.
• Compromessi. Il 18 maggio 1965 il senato approva la legge Maranini-Miglio, riconoscendo l’Istituto di Trento come Università in Scienze politiche e sociali a indirizzo sociologico. Alle 19,30 del 24 gennaio 1966 gli studenti universitari trentini dichiarano l’occupazione della facoltà contro il mancato riconoscimento della laurea in Sociologia: "Si era accettato un vergognoso compromesso, in base al quale l’istituto di Trento diventava di fatto un sottoprodotto della facoltà di scienze Politiche: una facoltà, quest’ultima, fondata dal regime fascista per formare i tecnocrati, i burocrati e gli ideologi della dittatura" (Marco Boato, tra i primi iscritti all’Università di Trento). L’occupazione dura diciotto giorni, col sostegno anche della curia, che manda attraverso una delegazione del seminario arcivescovile generi di conforto, tra cui un gigantesco prosciutto.
• Emendamenti. Nel maggio 1966, grazie a un emendamento Berlinguer, è riconosciuta la Laurea in Sociologia. L’unica cattedra in sociologia esistente fino a quel momento era a Firenze, imposta dagli alleati americani, per sostituire un professore titolare di mistica fascista.
• Rettori. Nel pieno della contestazione nazionale studentesca del ’68, che a Trento è guidata da Mario Rostagno, il comitato ordinatore della Facoltà, su iniziativa di Norberto Bobbio, offre a Francesco Alberoni di diventare rettore della facoltà di Sociologia: " l’unico che può domare la rivolta". Professore di sociologia alla cattolica, dove coinvolgeva gli studenti a fare analisi di gruppo con lui da uno psicologo, accetta e introduce nel piano di studi nuovi corsi, tra cui Marx, il primo in Italia. Kessler gli raccomanda: "Faccia quel che vuole, l’importante è che studino"
• Catene. Il giorno in cui Francesco Alberoni entrò in aula con una catena da bue al collo, comprata in un consorzio agrario per fare il verso agli studenti che la portavano in segno di contestazione. Quando gli chiesero spiegazioni, disse: "Siccome sono il vostro rettore allora devo averla per forza più grande di voi".
• Tullio Andreolli. Direttore amministrativo dell’Università, durante la contestazione gli toccò dare udienza ad alcuni genitori di studenti del Sud che per alcune settimane durante l’occupazione non avevano dato notizia di sé. Informati da tempo dai figli della imminente laurea, la sorpresa, quando Andreolli rivelò che non era vero e, anzi, erano molto indietro con gli esami. Fu Andreolli ad annullare i 960 esami collettivi, sostenuti in appena quattro giorni tutti con votazione 28 (alcuni studenti avevano dato fino a dodici esami in un mese). Per dissuaderli dalle continue occupazioni si rivolse al più ragionevole dei contestatori, Marco Boato: "Tu un lavoro lo troverai sempre, perché sei più sveglio degli altri, ma pensa a tutti quelli che state traviando. Ragazzi intellettualmente subalterni che ripetono a pappagallo le vostre parole d’ordine, e scrivono scritte oscene sui muri, o fermano i passanti insultandolo. Li state trascinando verso una cosa più grande di loro".
• Laurea. Mauro Rostagno, finiti gli esami nel ’68, quasi tutti con trenta e lode, non si decideva a laurearsi, perché rappresentava un cedimento borghese. Fissata la data della discussione della tesi (sul rapporto tra partiti, sindacati e movimenti di massa in Germania), il 24 luglio del 1970, per fare contenta la mamma, che era malata, all’ultimo momento ha un ripensamento, e quando la commissione gli dà la parola per la relazione, rimane in silenzio. Il presidente gli fa notare, che proprio lui, che ha sempre sostenuto la politicità dell’università e della cultura, così perde un’occasione per dimostrarlo, ma lui a quel punto si alza: "Di questa tesi non potete discutere. Dello sciopero possono parlare solo gli operai, quelli che lo fanno, non voi che siete ciechi e che state seduti a tavolino". Citando Sartre: "Per voi la cultura è una gigantesca mangiata e cagata, la cultura è un gigantesco processo defecatorio di cui non resta nulla". Fu dichiarato dottore in Sociologia con 110 e lode.
• Début. La sera in cui Mauro Rostagno, alla fine di un’assemblea studentesca, ordinò di spegnere le luci, e urlò: "Mi manca la mamma!", imitato subito da tutti. Allora scoppiò a piangere e per smettere si mise a cantare: "Ce n’est pas qu’un début. Blues" (morì a 46 anni, ucciso dalla mafia, a Trapani, il 26 settembre 1988, dove gestiva una comunità di tossicodipendenti).