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 2005  febbraio 19 Sabato calendario

a cura di Umberto Eco

• Proporzione/1. Gli scultori greci rappresentavano la figura umana rispettando predeterminati rapporti proporzionali tra le varie parti del corpo (per esempio, la testa sta al corpo come il corpo sta alle gambe, e così via), ma poi, anziché osservare queste proporzioni in modo matematico, le adattavano alle esigenze della visione, alla prospettiva da cui la figura era vista, al movimento del corpo, e alla posizione stessa dello spettatore. Gli artisti egizi, invece, adottavano reticoli a maglie quadrettate uguali che prescrivevano misure fisse (posto, ad esempio, che la figura umana dovesse essere 18 unità, automaticamente la lunghezza del piede era di 3 unità).
• Proprorzione/2. Goffredo di Vinosalvo, in Poetria nova (1210 circa), teorizza il suo ideale di proporzione come forma di appropriatezza, cioè di adeguamento dello stile a ciò di cui si parla, e per spiegarsi fa alcuni esempi di proprietà linguistica, in particolare di aggettivi qualificativi, come fulvum per l’oro, nitidum per il latte, praerubiconda per la rosa, dulcifluum per il miele.
• Quadrato. La simbologia medievale dell’homo quadratus, derivava dall’idea di origine platonica che il mondo è come un grande animale, anzi, come un essere umano, per cui il cosmo è un grande uomo e l’uomo un piccolo cosmo, e traduceva in criteri estetici le corrispondenze numeriche pitagoriche. Essendo il numero 4 ricorrente in natura (tanti sono i punti cardinali, i venti principali, le fasi della luna, le stagioni), quattro, assunto come simbolo di perfezione morale, era anche il numero dell’uomo, rappresentato per questo figurativamente all’interno di un quadrato a braccia spalancate, in cui i lati sono determinati dall’altezza del corpo e dalla larghezza delle braccia.
• Pentagono. Ma l’uomo era anche pentagonale, proiezione ideale della perfezione mistica simboleggiata dal numero 5: cinque è il numero circolare che moltiplicato torna continuamente su di sé (5x5=25x5=125x5=625 ecc), cinque sono i generi viventi (uccelli, pesci, piante, animali, uomini), il cinque ricorre anche nelle Scritture (il Pentateuco, le cinque piaghe del Signore). Così l’uomo era rappresentato all’interno di un cerchio, col suo ombelico come centro, e contemporaneamente iscritto in un pentagono, il cui perimetro era formato dalle linee rette che univano le varie estremità della figura.
• Etimologie. Secondo Isidoro di Siviglia (560-636), la bellezza del corpo dipende fondamentalmente dal colorito rosato della pelle: infatti venustas, ”bellezza fisica”, verrebbe da venis, ”sangue”, e formosus, ”bello”, da formo, il calore che muove il sangue; da sangue verrebbe anche il termine sanus, proprio di chi è privo di pallore. Tra le prove etimologiche che l’aspetto sano di un corpo sia fondamentale per essere belli, anche la parola delicatus, che deriverebbe da deliciae, ovvero buoni pranzi.
• Apparenze. Anche se - parola di Platone - Socrate era sempre innamorato dei belli e stava sempre intorno a loro struggendosi d’amore, non poteva certo dirsi bello. Anzi, nel Simposio Platone lo paragona ai Sileni, sculture artigianali esposte nelle botteghe, rappresentate con zampogne e flauti in mano, che una volta aperte in due, schiudevano immagini di dei: "Ma questo è proprio un rivestimento esteriore, come nel Sileno scolpito; ma dentro, se lo si apre, immaginate voi che con me bevete, di quanta temperanza sia ripieno?".
• Bello e Sublime. Per Edmund Burke (Ricerca filosofica sull’origine delle idee del Sublime e del Bello, 1756), bisogna distinguere tra Bello e Sublime. Il Bello è una qualità oggettiva dei corpi per cui essi destano amore, e si caratterizza per la piccolezza, la levigatezza, la delicatezza, la chiarezza di colore. All’opposto il Sublime, di cui sono tipici la grandezza di dimensioni, la ruvidità, la solidità, la tenebrosità, la difficoltà, l’aspirazione a qualcosa di sempre più grande: "Differentissima è l’ammirazione dall’amore: e il Sublime, che è cagione della prima, sempre poggia sul grande e sul terribile, e il secondo sul piccolo e sul piacevole. Cediamo a quello che ammiriamo, ma amiamo quello che a noi cede: nell’un caso soffriamo una violenza, nell’altro siamo allettati a compiacere".
• Diletto. Eppure, secondo Burke, il Sublime provoca, se non piacere, diletto, più precisamente "una specie di dilettoso orrore". Questa apparente contraddizione si spiega col fatto che Dolore e Terrore sono causa di Sublime se non sono realmente nocivi, cioè se non sussiste un "pericolo reale di distruzione della persona". Esempi di Sublime non pregiudizievoli all’incolumità: gli edifici oscuri e tetri, i cieli nuvolosi, la notte, il gusto amaro, e persino ciò che è maleodorante.