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 1999  ottobre 18 Lunedì calendario

La scorsa settimana è stata per la borsa americana la peggiore degli ultimi dieci anni

• La scorsa settimana è stata per la borsa americana la peggiore degli ultimi dieci anni. Venerdì scorso il Dow Jones, indice simbolo di Wall Street e del capitalismo americano, ha rischiato di finire sotto quota 10 mila, livello superato nell’aprile scorso. In mattinata erano stati diffusi dati che, stimando nell’1,1 per cento l’aumento dell’inflazione nel mese di settembre, avevano fatto sembrare probabile un aumento dei tassi. Il governatore Greenspan ha poi ulteriormente allarmato i pessimisti: parlando a un convegno di operatori finanziari ha raccomandato di metter da parte riserve per far fronte a «inevitabili e improvvise perdite di fiducia». Molti analisti sono convinti che stiamo assistendo ad una fuga massiccia e sostenuta di capitali dal mercato azionario a quello obbligazionario, dove i tassi continuano a salire offrendo guadagni sicuri.
• Greenspan ha ben presente la grave situazione di instabilità. Mario Deaglio: «L’economia americana e mondiale è come un bellissimo villaggio costruito su un terreno franoso o, se si preferisce, come una bolla molto gonfia che rischia di scoppiare. Ambedue le metafore descrivono bene lo stato del capitalismo americano, sospeso tra coraggiosi progetti industriali e un fortissimo, a lungo andare insostenibile, deficit estero. Greenspan sta cercando di sgonfiare la bolla senza farla scoppiare [...] Chi ha a cuore la stabilità del sistema e la continuazione dello sviluppo deve sperare che abbia successo».
• Greenspan è un tecnico straordinario. «Conosce a memoria tutti i dati, anche quelli più esoterici che misurano la performance dell’economia. Li confronta, li assorbe, li discute, li studia per capirne il movimento dinamico esterno, quello che appare agli occhi di tutti. Quel che gli interessa davvero però è l’anima dell’economia. E allora il tecnico diventa alchimista. Il ”Wall Street Journal” una volta lo paragonò a un mago medioevale chiuso nei suoi pensieri: i dati spariscono dalla realtà e gli restano le sensazioni, il fiuto, l’intuizione, con una grande dote: la capacità di seguire l’istinto».
• Greenspan constata che dietro la crescita di Wall Street di questi ultimi anni c’è la percezione diffusa di un minor rischio dell’investimento azionario. Fabrizio Galimberti sul ”Sole-24 Ore” di sabato: «Se il detenere azioni è meno rischioso di quanto si pensava prima, questo fatto porta a imponenti spostamenti di fondi verso il mercato azionario, con conseguente beneficio delle quotazioni. Le domande, a questo punto, sono due: a cosa è dovuta questa percezione di minor rischio? Si tratta di un fenomeno permanente o temporaneo? La risposta alla prima domanda è duplice. Da un lato, il ruolo accresciuto dell’informazione. Il rischio deriva essenzialmente da scarsezza di informazione. Ma la rivoluzione, appunto, informatica, ha moltiplicato la possibilità di sapere ”di tutto di più”. E il miracolo dell’intermediazione finanziaria ha meglio distribuito il rischio, appaiando con grande efficienza domanda e offerta di rischi. La seconda risposta sta nella ”curva di apprendimento” degli investitori: dopo decenni di più alti rendimenti delle azioni rispetto alle obbligazioni, questi hanno appreso la lezione e si sono maggiormente avvicinati alle azioni. Greenspan non confuta queste buone ragioni. Ma si chiede se fra il grano non ci sia anche il loglio; e se l’entusiasmo per gli indubbi progressi strutturali dell’economia americana non abbia fatto correre troppo quei prezzi che sono ”grumi di profitti futuri”. La preoccupazione di Greenspan è certamente legittima».
• L’America teme per oggi nuovi crolli borsistici. Tra i dati diffusi venerdì, preoccupano il diffuso aumento dei prezzi all’ingrosso (dalle sigarette alle auto), l’aumento dei prezzi all’importazione (0,7 per cento, il massimo dal dicembre 1995), quello del petrolio. A questo si aggiungono le forti pressioni salariali: con la disoccupazione al 4 per cento, il mese scorso i salari sono aumentati di mezzo punto. La debolezza del dollaro fa temere un’uscita di capitali dagli Usa.
• Questa settimana si profila come ”la prova del nove” per la tenuta di Wall Street. Walter Murphy, uno degli esperti di punta di Merrill Lynch, dice che se il mercato scenderà sotto quota 10.100 sono probabili altre perdite stimabili in almeno 500 punti: «Wall Street è depressa da fattori diversi ma convergenti verso la correzione: il dollaro debole, la corsa dei rendimenti nel reddito fisso, utili trimestrali spesso inferiori alle aspettative [...] Il tonfo degli ultimi giorni è proprio la reazione degli investitori alla percezione di un’impennata dei prezzi: non parlo di prezzi al consumo, ma soprattutto di prezzi delle commodities. Oggi, di fronte al balzo del prezzo del petrolio, del rame, dell’oro e dell’argento, il mercato si rende conto che i timori di Greenspan avevano un loro fondamento».
• Gli americani consumano troppo, spendono troppo. Elaine Garzarelli, famosa per aver previsto il crack di Wall Street del 1987, gestisce un portafoglio di oltre un miliardo di dollari: «L’inflazione è in gran fermento. Alan Greenspan è preoccupato e vuole rallentare la crescita economica. Stiamo ancora viaggiando a un ritmo d’espansione del 4 per cento. Lui vuole portarlo al 3 per cento». Certa di un aumento dei tassi, stima in una perdita del 20 per cento l’impatto di questo provvedimento sulla borsa (rispetto ai livelli massimi, quelli di agosto, un dieci per cento è già stato perso in questi giorni). Per adesso non vede scenari catastrofici, ma se l’inflazione si dimostra ”più robusta” le perdite potrebbero raggiungere anche il 30 per cento. La Garzarelli critica inoltre la Casa Bianca, che per tranquillizzare tutti venerdì ha sottolineato che l’economia continua a crescere: «Che non ci vengano a dire che l’economia continua a correre. proprio quello che non vogliamo sentirci dire. Perché subito il pensiero vola a Greenspan e alla prospettiva di un ulteriore rialzo dei tassi. Il fatto è che Greenspan è un uomo saggio, ma diventa pazzo quando vede l’inflazione fare capolino».
• Chi studia con cura la rinascita dell’economia americana negli anni 90 è colpito dal ruolo decisivo che ha avuto la Borsa. Giacomo Vaciago sul ”Sole-24 Ore” di sabato: «Della Borsa si è molto parlato, in questi anni, soprattutto con riferimento a due aspetti: la possibilità che la speculazione abbia portato le quotazioni al di là del loro valore d’equilibrio; il sostegno che questo ”effetto ricchezza” ha dato ai consumi delle famiglie. per questi motivi che preoccupa la recente instabilità delle quotazioni. Meno studiato, ma non meno importante, è stato [...] il ruolo decisivo che la Borsa ha avuto non sugli aumenti della domanda, ma sui miglioramenti dell’offerta: una vera supply-side-policy dà una miglior allocazione delle risorse: direttamente e indirettamente è stata la Borsa il motore dello sviluppo. Una Borsa che in modo ”meritocratico” ha fatto affluire il capitale a chi più contribuiva alla crescita dell’economia, all’innovazione, alla qualità dei prodotti, all’aumento dei profitti, al boom dell’occupazione».
• Che margini ha l’Europa per raccogliere dagli Usa il testimone della crescita? «Be’, l’Europa sta crescendo ad un ritmo superiore al passato ma è abbastanza difficile che questa sua accelerazione arrivi a controbilanciare un’eventuale frenata Usa». Cosa prevede Golman Sachs sul breve-medio periodo per i mercati azionari? «La nostra capo-analista, Abby Cohen, è sempre stata ottimista sul rialzo, ed anche l’anno scorso pronosticò la rapida ripresa del listino dopo lo scrollone. Comunque, anche noi consideriamo adeguati gli attuali livelli di quotazione. La nostra attesa è per un non-crollo, una fase di sostanziale stabilità» (Claudio Costamagna, managing director Goldman Sachs).