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 2006  febbraio 04 Sabato calendario

1900-2000 # Meltemi editore 2005 # pp. 216

• Artisti. Rose Bertin, modista ufficiale della regina Maria Antonietta, soprannominata ”Ministro della moda”, fu la prima a rivendicare la dignità di artista: "Al pittore Verner pagate soltanto la tela e i colori?".
• Griffe. Worth, couturier inglese, con atelier a Parigi, in rue de la Paix, aperto nel 1858, 1.200 dipendenti nel 1870, vestiva le donne del gran mondo di tutta Europa, tra cui, in Italia, Donna Franca Florio, la Contessa di Castiglione, la regina Margherita. Fu il primo a usare indossatrici per presentare le sue creazioni, a far sfilare i modelli in anticipo rispetto alla stagione, e ad apporre etichette con la sua griffe nell’abito. Con lui passò di moda la crinolina.
• Chanel N° 5. Creato dal chimico Grasse Ernest Beaux, fu la prima fragranza artificiale e moderna, definita astratta, perché non vi predominava un’essenza naturale, ma era realizzata su base chimica. Così chiamato perché, dovendo scegliere quale produrre tra dieci essenze, Coco Chanel le versò su altrettanti fazzoletti, e una volta evaporate, iniziò ad annusarle finché non arrivò alla quinta: "ça va, ça va!".
• Grandi magazzini. Tra i primi, a prezzo fisso, la Rinascente, nome scelto da Gabriele D’Annunzio, fondata nel 1917. Due anni dopo con i suoi capitali fu finanziata la UPIM (Unico Prezzo Italiano Milano). Nel 1931 furono aperti i magazzini Standard, dal 1937 Standa per via della campagna di italianizzazione del regime.
• Reparti cinema. Settori dei grandi magazzini americani dove si acquistavano a prezzi accessibili copie di abiti di film di successo indossati da star hollywoodiane, come Greta Garbo, Marlene Dietrich, Jean Harlow. L’imprenditore Bernard Waldman fondò addirittura il Modern Merchandising Bureau, società che acquistava i diritti di produzione degli abiti indossati dalle dive nei film e li metteva in commercio nelle catene di negozi Cinema Fashion (1.400 punti vendita), in contemporanea all’uscita della pellicola (prezzo medio tra i 15 e i 35 dollari).
• Futuristi. Tema ricorrente dei manifesti del movimento futurista, la moda, che doveva essere italiana e rappresentare "la dinamicità, l’energia e la velocità caratteristiche dei tempi moderni". Nel Manifesto futurista del vestito da uomo, 1913, di Giacomo Balla (pubblicato prima in francese e poi in italiano col titolo Il vestito antineutrale), sono bandite "tutte le tinte neutre, carine, sbiadite, fantasia, semioscure umilianti... i disegni a puntini diplomatici... la simmetria del taglio". Nel 1920 Volt (Vincenzo Fani) nel Manifesto della moda femminile, esalta la stravaganza e l’uso di materiali poveri accessibili a "tutte le borse delle belle donne, che in Italia sono legione", suggerendo il ricorso a gomma, carta, stagnola, canapa, pelle di pesce.
• Tuta. Inventata nel 1919 da Thayaht (pseudonimo di Ernesto Michaelles), che nella crisi economica dell’immediato dopoguerra avrebbe voluto farne il nuovo vestito corrente. Il nome deriva da ”tutta”, privata della ”T” centrale, che nella sua grafia rappresentava il modello dell’abito.
• Guanti. Il vestito da sposa di Maria José del Belgio, che l’8 gennaio 1930 sposò il principe ereditario Umberto di Savoia, fu confezionato dalla sartoria Ventura su bozzetto dello stesso futuro marito: "Era un abito con maniche di merletto a guanto talmente strette che, all’ultimo momento, poche ore prima della cerimonia, fummo costretti a tagliare e le rimpiazzammo con lunghissimi guanti, lanciando così una nuova moda" (Fernanda Gattinoni, allora giovane apprendista da Ventura).
• Regime. Una statistica commissionata dal regime nel 1931 calcolò che l’Italia importava capi d’abbigliamento per un miliardo di lire e assorbiva un terzo delle esportazioni francesi. Da qui la legge del 1932, che destinava inizialmente due milioni di lire alla costituzione dell’Ente autonomo per la mostra permanente nazionale della moda (nel 1935 Ente nazionale della moda), col compito di organizzare i vari settori dell’abbigliamento e localizzare interamente in Italia il ciclo di produzione.
• Snellezza. Per riaffermare il modello femminile formoso, funzionale alla procreazione di una prole sana e forte, il regime fascista iniziò una campagna antimagrezza, affidandola alle riviste femminili, tra cui ”Lidel”, che la pubblicizzò all’insegna di "snellezza non magrezza". Condannando il modello garçonne, Mario Pompei, su ”Critica Fascista”, 1930: "Ognuno di noi conosce nel suo breve giro di conoscenze fiori di fanciulle avviate in breve alla tubercolosi o almeno a insanabili deperimenti organici, per aver voluto assomigliare alle smidollate giraffe che le case di grido hanno lanciato sul mercato della moda come mannequins non plus ultra".ù La rivista Lidel esce a partire dal 1932