Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
La mia storia. La vita della donna che ha inventato il Washington Post
• «Essere single pone problemi soprattutto per i weekend in campagna e per le vacanze estive» (Katharine Graham).
• «A volte le cose che non si fanno sono altrettanto importanti di quelle che si fanno» (Katharine Graham).
• «Il ruolo della fortuna fu essenziale nel caso Watergate, e fu dalla nostra parte. La fortuna va riconosciuta e sfruttata, ma senza di essa il risultato finale per noi avrebbe potuto essere assai diverso. Sin dall’inizio, dalla scoperta del nastro adesivo sulla porta del Watergate da parte di un guardiano, al fatto che la polizia mandò una scassata autocivetta che stava pattugliando la zona anzichè una volante a sirene spiegate che avrebbe messo in fuga i ladri, alle fonti disposte, persino felici, di collaborare e di parlare, fummo decisamente fortunati e per una serie di motivi: perché l’effrazione avvenne a Washington e fu dunque un fatto locale; perché le persone coinvolte nelle indagini aggravarono la loro situazione con nuovi errori e con decisioni sbagliate; perché disponevamo delle risorse per seguire la vicenda; perché sia Woodward sia Bernstein erano giovani e scapoli e potevano permettersi di lavorare sedici, diciotto ore al giorno sette giorni su sette per mesi e mesi, con meno ripercussioni che se fossero stati padri di famiglia; perché infine Nixon fu abbastanza eccentrico da far installare quel sistema di registrazione alla Casa Bianca, senza il quale avrebbe potuto probabilmente completare il mandato. E per fortuna nessuno di noi crollò sotto l’incredibile pressione di quel periodo».
• «Nell’estate del 1973 (in pieno scandalo Watergate) Ben era così affaticato - con l’enorme responsabilità che aveva verso tutti quanti erano sotto di lui e verso i lettori - che cominciò ad abbassarglisi una palpebra. Un medico gli disse che poteva trattarsi di un sintomo grave, addirittura di un tumore al cervello o di un aneurisma. Dopo aver passato dieci giorni di tormento in attesa dei risultati degli esami, si scoprì che era invece un fatto nervoso. In condizioni di pressione estrema, più uno riesce a sembrare calmo più rischia di somatizzare».
• «Per il film con Robert Redford e Dustin Hoffman (Tutti gli uomini del presidente - ndr.) costruirono a Hollywood un’esatta copia della nostra redazione, compresi gli adesivi sulla scrivania della segretaria di Ben (il tutto, dissero, costò appena 450 mila dollari)».
• stranissimo, il film rappresenta Karl e Bob come li ho sempre visti. Sono teneri, abili, complicati, intelligenti e saggi molto più della loro età, divertenti e simpatici. E, tra parentesi, sono rimasti con i piedi per terra nonostante la fama».
• «Il colmo dell’ironia fu che la prima mondiale del film si tenne, ad aprile, al cinema Eisenhower del Kennedy Centre, a pochi passi dal Watergate, e il presidente Ford mi mandò i biglietti per il palco presidenziale insieme alla chiave del frigobar, che risultò pieno di champagne, apposta per me e per i miei ospiti».
• «Il modo in cui i vari personaggi erano stati rappresentati all’interno del film ebbe un effetto negativo su molti rapporti reali all’interno del giornale. Il film dava tutti i meriti a Ben, ad esempio, soprattutto perché questo semplificava la storia e perché il suo ruolo era stato affidato a Jason Robards, ma ciò ovviamente non era colpa di Ben. Howard Simons fu molto scontento del film, in cui aveva un ruolo molto marginale: buona parte del lavoro che aveva svolto durante il Watergate risultò diviso tra Ben e Harry Rosenfeld. Barry Sussman, poi, fu del tutto ignorato, cosa che deve aver ferito i suoi sentimenti più di quanto non offese i miei il fatto di non avere nessun ruolo nella pellicola. Mentre il mio rapporto con Ben era stato decisamente consolidato dal Watergate, in molti casi accadde il contrario. Il rapporto tra Ben e Howard, che era stato così generoso e produttivo, non fu mai più lo stesso».
• «Ci eravamo abituati a un altissimo livello di tensione. Le riunioni di redazione del mattino erano diventate ossessive: andavamo avanti e indietro per ore su ciascuna novità del giorno. Ben presto cominciarono a durare tutta la mattina, con noi seduti attorno alla scrivania di Phil Geyelin, con tutte le nostre carte squinternate davanti. Il trionfo del ”Post” nel Watergate è notorio, ma ci costò caro in un modo che pochi hanno notato. Quando tutto finì con le dimissioni di Nixon, la nostra vita diventò d’un tratto molto meno interessante. Per un bel po’ in seguito il modo in cui seguivamo le notizie fu eccentrico e discontinuo perché la metà della redazione, soprattutto i giovani cronisti locali, non facevano che cercare mini-scandali dovunque. Ci vollero degli anni perché tutto tornasse alla normalità e ricominciassero a occuparsi regolarmente di comitati scolastici e consigli comunali» (John Anderson).
• «M’ero resa conto che era un ottimo politico. Il che non è mai un buon segno» (Katharine Graham).