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 2001  maggio 14 Lunedì calendario

Da quest’anno gli oltre 49 milioni di elettori italiani hanno a disposizione una tessera valida per 18 voti (gli scrutatori, con un timbro, attesteranno la partecipazione al voto)

• Da quest’anno gli oltre 49 milioni di elettori italiani hanno a disposizione una tessera valida per 18 voti (gli scrutatori, con un timbro, attesteranno la partecipazione al voto). Qualche dubbio per la privacy, risparmio per lo Stato di 75 miliardi a consultazione. In alcune città, in via sperimentale, si potranno usare le nuove carte d’identità elettroniche.
• Nella Grecia classica la scelta dei governanti era affidata al caso: veniva estratto a sorte, da un urna di legno, il nome del magistrato, graffiato su cocci di terracotta, in greco "ostracon": questa modalità, la prima forma di voto segreto, era utilizzata anche per esiliare (da qui il termien ostracismo). Per votare le leggi si usavano invece sassolini bianchi o neri (sistema utilizzato anche nella Firenze rinascimentale). Cocci di terracotta e urne erano anche usati per la nomina dei magistrati romani in epoca repubblicana. Altre modalità di voto nell’antichità e nel Medioevo erano l’acclamazione, l’alzata di mano, la secessione. L’acclamazione fu usata per elevare al trono molti imperatori romani e bizantini o per i re germanici (i soldati battevano gli scudi con le armi) ma anche per i primi vescovi e papi. La secessione era un sistema tipico del Senato romano, i cui membri si spostavano fiiscamente da un lato all’altro dell’aula per dimostrare assenso o dissenso. L’alzata di mano si usava per la nomina dei magistrati comunali nel medioevo e nei parlamenti degli Stati d’Europa del Cinquecento e del Seicento. In epoca moderna (dagli inizi del XIX secolo, si afferma il voto a scrutinio segreto in cabina o con schede (inventate in Australia a fine Ottocento).
• «A gettare le basi delle elezioni democratiche in Occidente, e in particolare in America» racconta Alessandro Grossato, geopolitico e docente di Storia dell’Asia alle univeristà di Gorizia e Trieste «fu ai primi del ’700 la massoneria. Il Maestro della cerimonia consegnava ai membri della loggia una biglia nera e una biglia bianca. Ogni votante era quindi tenuto, a seconda di quella che era la propria scelta, a deporre in un sacchetto una soltanto delle due sfere. Naturalmente vinceva l’opposizione cui era associato il colore in maggioranza». Le biglie vengono ancora usate per la cooptazione dei nuovi soci in alcuni club e con sistemi analoghi si continuò a votare per decenni in molte parti del mondo. In alcune regioni della Grecia, per esempio, fino ai primi del ’900 il popolo designava i propri rappresentanti inserendo una biglia di piombo nell’urna corrispondente al candidato prescelto. Anche allora, però, il voto era considerato una merce di scambio. E così, per dimostrare al proprio padrino elettorale di aver votato come concordato, gli elettori incidevano il piombo con i denti, lasciando una una sorta di firma. Nell’Italia del dopoguerra, col voto sotto controllo grazie al meccanismo delle preferenze, c’era chi dava all’elettore una scarpa prima del voto e l’altra a risultato conseguito (Michele Scozzai).
• «La storia è piena di brogli, non tutti facimente smascherabili come quelle del 1927 in Liberia, dove Charles King annunciò di essere stato eletto presidente con una maggioranza 15 volte superiore all’interno corpo elettorale. Quella della possibile contraffazione del voto è una questione che dovono affrontare anche le nazioni più evolute. In Italia, la grafite delle matite copiative viente impastata con sostanze che ne facilitano l’assorbimento sulla superficie delle schede: se quindi si tentasse di cancellare un voto con una comune gomma, assieme al tratto se ne andrebbero anche i colori della scheda, evidenziando la manipolazione» (Michele Scozzai).
• Nei prossimi anni Stati e amministrazioni locali degli Usa spenderanno 18 mila miliardi di lire per per modernizzare i loro sistemi elettorali. Solo la Florida, protagonista del flop di novembre, investirà 400 miliardi per convertirsi al voto elettronico. L’azienda di Ransom F. Shoup II (inventore, nel ’78, della prima macchina elettronica per il voto ), la cui famiglia fornisce macchine meccaniche elettorali dal 1895, si è convertita alle ”touch screen machine” (sistemi per votare appoggiando la mano sul monitor, costano fino a dieci milioni di lire l’uno).
• Negli Usa la gestione delle elezioni è demandata alle singole 7mila contee. Alle presidenziali del 2000 gli americani hanno votato così: il 44,2 per cento con punch card (schede perforate e lette da una macchina); il 27 per cento con matita e lettori ottici; il 18 per cento con macchine con leva, una tradizione che risale al 1892; il 9 per cento con video interattivo; l’un per cento con scheda cartacea e conteggio manuale, tecnica introdotta nel 1789. Solo l’Oregon (0,8 per cento) ha scelto il voto postale e lo spoglio con lettore ottico.
• Sperimentato per la prima volta in Arizona, alle primarie dei democratici (con un incremento dei pìartecipanti da 12 a 77 mila), Internet è stato impiegato anche in Italia tra agosto e dicembre dello scorso anno per l’elezione dei 25 membri del Coordinamento del Partito Radicale. Spiega Rino Scampanato, web edito di Radicali.it: "Gli aspiranti elettori potevano registrarsi compilando un modulo presente in Rete. Dopo verifiche, per posta ordinaria erano inviati i codici e le password che consentivano di esprimere una preferenza via web. Abbiamo avuto più di 10 mila votanti e tutto ha funzionato al meglio. Il problema maggiore, garantire l’unicità dell’elettore, è però difficile da risolvere con ltecnologie attuali; non la sarà più quando avremo la firma digitale e la carta d’identità elettronica". Proprio in queste settimane è in atto un test anche nel cantone di Ginevra con la supervisione tecnica del Cern. Ogni elettore riceve una scheda nella quale è riportato un codice e una password nascosta con un gratta e vinci. Il cittadino può votare tramite un qualsiasi computer collegato a Internet. La proposta più recente, infine, arriva da un gruppo di ricercatori americani, secondo i quali potremmo presto votare a limitandoci a pigiare un tasto sul telecomando della tv. E, sempre presto, potremmo anche votare elettronicamente in Italia, grazie a smart card, ppstazioni telematiche in luoghi pubblici e una rete intranet (progetto E-Poll). Con questi due sistemi le condizioni meteo cessano di essere una scusante per non votare: se piove lo si fa a casa, dalla tv. Se c’è il sole si potrà finalmente votare...stando al mare.
• In Italia il voto elettronico, già sperimentato nel 1997 in quattro comuni valdaostani, é stato riproposto nel 2000 in un seggio del comune di San Benedetto del Tronto (AP): "Gli elettori" spiega Mauro Cecchi, titolare della società Met Informatica "erano dotati di una smart card che li identificava e che poteva essere letta dalla postazione del presidente di seggio. Per votare era sufficiente toccare su uno schermo il simbolo o il nome di un candidato e infine dare conferma. I voti confluivano in un server, dove venivano rimeszcolati di continuo rimanendo rigorosamente anonimi. Difficoltà per chi non aveva dimestichezza con il computer? No, anche se gli ultrasessantenni impiegavano per votare 63 secondi, contro i 35 secondi della fascia di età 18-35 anni.
• Festival di Sanremo. Nel 1996 un’inchiesta della magistratura milanese fu archiviata ma dimostrò che "un controllo reale delle schede é impraticabile". A metà degli anni Ottanta, il voto popolare era legato alle schedine Totip e alcune case discografiche investirono centinaia di milioni nelle corse, per favorire i propri cantanti. Nel 1999 si pensò al televoto: nessuno poteva garantire dal rischio di utilizzo dei sistemi di telemarketing per l’invio automatico di telefonate a raffica. Nel 2001 a eleggere Elisa sono state tre giurie di eguale "peso", quella di qualità, la giuria popolare e quella dei consumatori.
• Oscar. La statuetta di metallo placcato d’oro del peso di 4 chili e del valore di 600 mila lire, porta alle case cinematografiche milioni di dollari. Quindi per condizionare i 5722 giurati si investono miliardi. Ma il meccanismo elettorale é blindato: sistemi di sicurezza eccezionali proteggono le operazioni di voto e scrutinio. I membri dell’Academy of Motion Pictures Arts and Science indicano su una scheda, ricevuta e rinviata per posta, i preferiti per le nomination. Vengono così costituite le cinquine dei finalisti. A questo punto si rivota su una nuova scheda. Chiuse le urne, 5 giorni prima della premiazione, 4 gruppi di scrutinio si mettono all’opera in una stanza senza finestre, voltandosi le spalle e pretetti da un esercito di guardie. Spetta a due funzionari della società Pricewaterhouse, che da 67 anni collabora con l’Academy, verificare e compilare la lista dei premiati in 2 copie che, la notte degli Oscar, saranno scortate allo Shrine Auditoriun di Los Angeles seguendo 2 percorsi distinti.