Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
Ai ragazzini francesi per bene era vietata la bici e Philippe la prendeva di nascosto (agli operai del papà) per passeggiarci in giardino
• Ai ragazzini francesi per bene era vietata la bici e Philippe la prendeva di nascosto (agli operai del papà) per passeggiarci in giardino. Il suo gioco preferito ufficiale, come tutti i ragazzini per bene, era il trenino elettrico. Tra un passaggio a livello e una sosta in stazione sognava un futuro da politico-amministrativo. Trasferitosi con la famiglia nel meridione (a Varese, ma per loro era profondo sud) si iscrive a Economia e commercio alla Bocconi di Milano. Completa tutti gli esami, ma niente tesi perché «i sessantottini di ferro non potevano laurearsi» (Inquadratura su Philippe Daverio).
• Educazione ottocentesca all’insegna dei collegi austeri («e delle bassissime temperature nei dormitori d’inverno»). Freddo e gelo non hanno impedito al piccolo Philippe di essere buttato fuori da due istituti. La prima volta perché, senza nessun motivo particolare, aveva lanciato un pezzo di formaggio sul soffitto dell’aula. La seconda volta («ed è stata la mia fortuna») perché gli avevano scoperto nell’armadietto ”pericolosi” libri di Gide e Sartre, con l’aggravante di alcune caricature di professori (Inquadratura su Philippe Daverio).
• Quarto di sei figli, con il papà italiano che si chiamava orgogliosamente Napoleone, di professione costruttore, e la mamma alsaziana, Aurelia Hauss, che, nonostante la numerosa prole, seguiva da vicino il lavoro del marito. Per Philippe Daverio, nato a Mulhouse in Alsazia il 17 ottobre del 1949, un’infanzia quindi particolarmente affollata di fratelli perché c’erano anche i quattro del primo matrimonio del genitore. (Inquadratura su Philippe Daverio)
• Un amico impegnativo. Impossibile non definirlo ”spumeggiante”. «Inoltre - continua l’architetto Elisabetta Serri, sua collega d’avventura politica a Milano - Philippe è irrefrenabile, un fiume in piena. Odia la banalità. Curiosissimo, un po’ snob, per lui il tempo è un concetto relativo. Insomma la puntualità non è certo il suo forte» (Inquadratura su Philippe Daverio).
• I soldi spesi meglio? Secondo Daverio sono quelli per affitti di case spaziosissime dove poter camminare in lungo e in largo. Nella sua vivono comodi anche i cani Lisa, Rioga e Toni. Nella residenza di campagna c’è pure il coniglio Emilio. Fan del ”volere è potere” purché ci sia disponibiltà, modestia, determinazione e lavoro. «La fortuna c’è se ci sono gli altri quattro elementi» (Inquadratura su Philippe Daverio).
• Felice della ”bizzarra connessione” che l’ha generato e della capacità intuitiva dei fatti estetici. Meno entusiasta della sua propensione alla pigrizia («vorrei essere più grintoso, la mia indole non mi porterebbe a fare nulla»), ma si considera lo stesso un adoratore del ”perditempismo”. Fatalista, sa attendere gli eventi. Per Daverio nella vita conta sempre ”l’ultima pagina” (Inquadratura su Philippe Daverio).
• Fuma il sigaro e dichiara di bere tutto il bevibile. Con un occhio di riguardo per i cocktails. Potrebbe scriverci un trattato. Chissà quanti conoscono una ricetta americana adorata da Daverio, che tradotta significa ”pedata di toro”, e che è a base di brodo di bue, ghiaccio, sale di sedano, lime, tabasco e gin. Quando si guarda allo specchio dice di rimanerci male e aggiunge di aver fatto l’abitudine alla sua faccia («in realtà vorrei essere James Bond»). Giura di non essere fanatico, di non sopportare gli abiti firmati e di farsi rifare colli e polsini alle camicie («così durano almeno vent’ anni») (Inquadratura su Philippe Daverio).
• Difficile desiderare di pesare venti chili di meno e continuare ad avere la passione per tutto ciò che è grasso, dal burro allo strutto passando per il paté di fegato d’oca, eccetera. Però Philippe Daverio sa dire no a pepe e curry per motivi di gastrite. Ovviamente goloso di mousse al cioccolato («sto riscoprendo quella originale senza panna»), confessa che il suo mondo in cucina potrebbe essere identico a quello raccontato dal delizioso film ”Il pranzo di Babette” (Inquadratura su Philippe Daverio).
• daL’ha conosciuta giocando a carte. E’ rimasto subito folgorato dalla sua ”alta eccentricità”. Era il 1972 e da circa trent’anni Elena Gregori, bisnipote del fondatore de ”Il Gazzettino”, vive al fianco di Philippe. Sedici anni fa sono diventati genitori di Sebastiano. «Mio figlio va molto bene in moto da cross, molto meno bene in latino». Per ”colpa sua” Daverio si è rimesso a sciare e a suonare il pianoforte. «Sono fermamente convinto che i figli vadano sfruttati, cioé ti possono servire a non trascurare vecchie passioni. Da discreto papà sono stato comunque attento a non ripetere mai a Sebastiano la frase ”questo l’ho fatto per te”». Come marito si considera un’autentica catastrofe («mi capita di vedere tutti gli altri mariti che si mostrano così carini con le loro consorti, io sono talmente sentimentale da non essere romantico») (Inquadratura su Philippe Daverio).
• Molto per caso e, all’inizio, solo un tantino per passione Daverio si ritrova mercante d’arte. Per la precisione esperto in Liberty, con il fratello Paul che studiava medicina. Lo apprezzano, ci prende gusto, apre gallerie d’arte moderna a Milano e a New York. Segue l’inaugurazione nel 1981 di una casa editrice e, nel 1984, di una libreria. Nel 1991 rompe il sodalizio con il suo socio in affari. Dal 1993 al 1997 è assessore nella giunta Formentini a Milano con deleghe alla Cultura e al Tempo libero. Storico dell’arte, opinionista, Philippe vede poco la tivvù ma, dal 1999, la fa. La domenica su Raitre alle 13,20 o giù di li. Prima con Art’è poi Ar.tu. Fino a marzo da non perdere i suoi reportage d’arte a Passepartout (Inquadratura su Philippe Daverio).