Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
ìLa fine dello Stato-nazione. Líemergere delle economie regionaliî
• Intediamo per ”Stato-nazione” quel tipo di Stato in cui siamo abituati a vivere oggi. Per esempio: l’Italia, la Germania, la Francia, il Giappone. Questi sono ”Stati-nazione”.
• Intendiamo per ”Stati-regione” realtà non geografiche, ma economiche. Possono anche essere costituite da un territorio continuo (per esempio il Baden-Württemberg o l’Italia settentrionale), ma possono anche essere formate da realtà lontane tra loro. «In questi luoghi in cui si svolge l’attività economica, i Paesi somigliano a zebre; l’Australia occidentale è legata sempre più saldamente a Singapore e Indonesia; il Nuovo Galles del Sud a Hong Kong e Taiwan; il Queensland al Giappone; lo stato di Victoria, e in particolare Melbourne, alla Grecia». E se volessimo, ciononostante, tracciare dei confini? Non potremmo che disegnare «i contorni del flusso di informazioni».
• Lo Stato-nazione ha dovunque la seguente caratteristica: accentra le ricchezze del paese e le ridistribuisce per garantire a tutti un ”minimo civile”. Senonché: a) si sono sviluppate una burocrazia e un’attività lobbistica sempre più potenti intorno a questi flussi; b) il livello del ”minimo civile” che ciascuno pretende è sempre più alto (’cicli dell’invidia e del risentimento”); c) le realtà economicamente più ricche (una sparuta minoranza) sono costrette a mantenere le realtà economicamente più povere (la stragrande maggioranza); d) l’avvento di un’economia globale, dove accade sempre più di frequente che costi meno comprare un certo bene all’estero piuttosto che produrlo in casa, ha messo in crisi questo sistema.
• «I gruppi di cittadini che godono di maggiore influenza non sono disposti ad accettare eventuali riduzioni dei benefici sociali e, tuttavia, in quanto contribuenti, non intendono finanziarli».
• «Da un punto di vista politico la redistribuzione del reddito è un processo che crea dipendenza, un sistema che senza dubbio funziona e serve a comprare voti. Tuttavia, più funziona, maggiore è il desiderio che raggiunga livelli sempre più elevati. In un regime democratico, questo processo può arrivare a un punto di non ritorno, oltre il quale una maggioranza assistita e garantita nel minimo civile, non ha né la necessità né la motivazione per consentire uno spostamento verso un nuovo equilibrio più sostenibile».
• «Se un governo locale viene finanziato in modo munifico, di rado prende l’iniziativa di crearsi una base industriale per il futuro. Perché preoccuparsi? Perché impegnarsi? Dopo tutto, in un modo o nell’altro, i soldi arriveranno. Col tempo, però, questo afflusso costante di riforme non produce un rafforzamento dell’economia locale ma, la contrario, genera una società interamente dipendente e orientata ai consumi, una società che poco per volta si organizza attorno al flusso garantito di sovvenzioni per trasformarsi in una gerarchia di funzionari locali, sindaci e governatori basata sulle protezioni e dal carattere semifeudale. Questa assuefazione al finanziamento pubblico non si mantiene a livelli costanti, ma tende inesorabilmente a crescere».
• «La ricchezza, come la conoscenza, si sviluppa in aree circoscritte e da qui si diffonde nel resto del territorio».
• In Indonesia il prodotto nazionale lordo può variare anche fino a sei volte da una regione all’altra. In Cina addirittura fino a 20 volte. L’isola di Kyuahu, da sola, ha un’economia più sviluppata di quella di Corea, Olanda, Messico o Australia. L’economia di Kansai, la regione attorno a Osaka, è più vasta e articolata di quelle di Russia, Spagna o Canada. Delle 47 prefetture in cui è diviso il Giappone, 44 hanno un saldo entrate-uscite negative per lo Stato. Le altre tre – Tokyo, Osaka e Aichi (Nagoya) – pagano per tutti.
• «Che senso ha, per esempio, pensare all’Italia come a un’entità economica coerente all’interno dell’Unione europea? Non esiste un’Italia ”media”. Non c’è un’ampia fascia di popolazione che in termini socioeconomici si collochi esattamente nel punto intermedio individuato dalle statistiche. Esistono invece un Nord industriale e un Sud rurale, che differiscono profondamente in ciò che sono in grado di dare e in ciò di cui hanno necessità. Da un punto di vista economico, non vi sono elementi che giustifichino la scelta di considerare l’Italia un’entità con interessi condivisi dall’intera popolazione. Un’ottica del genere, infatti, costringe il manager dell’industria privata o il funzionario pubblico a operare sulla base di medie false, inattendibili e problematiche. Si tratta di dati immaginati, che possono avere effetti distruttivi».
• «La mia tesi è molto semplice: in un mondo senza frontiere, l’interesse nazionale tradizionale – divenuto ormai poco più di una copertura per sovvenzioni e protezioni – non ha più una collocazione significativa».
• «Chi tratta beni di consumo confezionati di norma è sensibile alla quota di spazio espositivo disponibile. E’ convinto che se la superficie occupata dal prodotto sugli scaffali del punto di vendita è più ampia, sarà possibile conquistare una quota di mercato più consistente. Nei mercati valutari prevale un atteggiamento molto simile. Una quota più cospicua dello ”schermo”, soprattutto nei bollettini trasmessi da Reuter News e Telerate - che vengono seguiti da oltre il 96 per cento dei trader di tutto il mondo - tende a dominare la ”quota mentale” degli operatori, influendo quindi in misura determinante sull’andamento dei tassiª