Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Mele rosse e lucide come quella di Biancaneve

• Mele rosse e lucide come quella di Biancaneve. Fragole e zucchine anche a gennaio. Si parla tanto di sicurezza alimentare, ma è difficile credere che dietro a queste primizie fuori stagione e alla perfezione estetica, non ci sia qualche trucco. «Oggi il cibo è più sicuro di una volta e l’alimentazione più sana di quella dei nostri nonni. Va meglio anche rispetto a 20-30 anni fa, quando si usavano più pesticidi e più prodotti chimici», spiega il professor Carlo Cannella, ordinario di Scienza dell’alimentazione presso l’università La Sapienza di Roma. Già, ma come la mettiamo con gli additivi, che troviamo dappertutto, e con gli allarmi sanitari, come la «mucca pazza»? «Le frodi alimentari, dalla Bse al vino al metanolo, sono eccezioni, non sono la regola. L’uso di coloranti e conservanti nei cibi, così come la presenza di pesticidi in frutta e verdura, è sottoposto a limiti e controlli severi», aggiunge Cannella. Le nuove tecnologie utilizzate nell’industria alimentare puntano a ridurre sempre di più l’utilizzo degli additivi (coloranti e conservanti). «I consumatori vogliono alimenti freschi, da poter mangiare dopo pochi giorni dalla produzione. Realizzarli senza conservanti o stabilizzanti è difficile e ne altera l’aspetto o la consistenza: qualcosa che chi compra non sempre è disposto ad accettare. Da quando, per esempio, in alcuni aperitivi sono stati rimossi i coloranti che li rendevano invitanti e attraenti, il gradimento di questi prodotti è crollato», dice Sebastiano Porretta, presidente dell’Associazione italiana tecnologia alimentare (Aita). Ma allora, che fare? Mangiare alimenti brutti da vedere e poco gradevoli al palato, ma privi di additivi oppure trovare un compromesso tra piacere degli occhi e del palato e sicurezza per la nostra salute? Seguendo i nostri consigli, potrete fare una spesa sana e sicura al cento per cento.
• Numeri e sigle incomprensibili sulle etichette dei cibi hanno un significato. Vediamo quale: da E 100 a E 199 Coloranti. Migliorano l’aspetto dei cibi e aiutano la loro conservazione. Da E 200 a E 299 Conservanti antimicrobici: rallentano o bloccano il naturale deterioramento degli alimenti. E 300-399 Antiossidanti, acidi e regolatori di acidità: rallentano il deterioramento dei cibi. E 400-499 Addensanti, gelificanti e stabilizzanti: hanno la capacità di amalgamare gli alimenti.
• Bianco, croccante e ben lievitato. Il pane di qualità si presenta gonfio e ben lievitato. La mollica deve essere elastica, piuttosto compatta e con i buchi non troppo grandi. La crosta deve invece essere priva di spaccature, non dura né spessa. Il più semplice e meno artefatto resta sempre il pane bianco a base di farina di grano tenero «tipo 0» e lievito naturale: è senz’altro il migliore quanto a valore proteico e naturalità degli ingredienti. Se amate il pane integrale, preferite quello biologico: in questo modo siete sicure che nella cariosside (la parte più esterna del chicco) non ci siano residui chimici. Attenzione poi ai «falsi integrali», preparati con farina bianca e crusca, che non sono affatto ricchi di vitamine, fibre e sali minerali come il «vero» pane integrale. Non esagerate con il pane fatto con lievito di birra, molto usato perché accelera la lievitazione: contiene sostanze (le basi puriniche e pirimidiniche) che il nostro organismo non riesce a metabolizzare. Questo pesa sui reni e rende il pane meno digeribile. Controllate quindi che sull’etichetta ci sia scritto solo «lievito». Ecco un metodo semplice e pratico per capire se il pane che acquistate tutti i giorni è di qualità. Controllate quanto tempo resta «fresco»: quello fatto come una volta, dopo una settimana è ancora come il primo giorno (o quasi).
• La pasta. Solo di grano duro e senza... lentiggini. Cominciamo dal colore: giallo chiaro senza puntini scuri, che indicano l’utilizzo di una semola non pura e, di conseguenza, un prodotto modesto. Controllate che sulla confezione ci sia scritto «pasta di semola di grano duro». Solo questa è la vera pasta italiana. Da altri Paesi viene importata pasta fatta con grano tenero, addizionata con additivi e coloranti (vietati in Italia): si presenta opaca, durante la cottura rende l’acqua molto torbida e sa di farina. La pasta di qualità si riconosce anche una volta cucinata. Prendete uno spaghetto appena cotto e stringetelo tra due dita: se sulla mani resta una patina bianca, significa che è scadente. La controprova? Quando la pasta non è «doc», lega poco e male con il condimento. Nella pasta fresca confezionata, leggete l’elenco degli ingredienti: per il ripieno, devono essere indicate anche le percentuali dei vari componenti. Preferite i ripieni a base di carne bovina o suina anziché quelli con carni meno pregiate (per esempio il pollo). La pasta fresca sfusa può essere fatta con farina di grano tenero e altri ingredienti. Se acquistate quella all’uovo, controllate nella tabella degli ingredienti che sia fatta con uova fresche: è di migliore qualità rispetto a quella prodotta con uova non fresche o termizzate (comunque ammesse dalla legge).
• Carne. Caro signor manzo, favorisca i documenti. La carne fresca e di qualità è rosso vivo, ha un’odore gradevole e il tessuto elastico. Il grasso è invece bianco o giallo paglierino. Comprimendola con un dito, si deve formare un avvallamento che scompare una volta cessata la pressione. Controllate l’etichetta, vera e propria carta d’identità dell’animale: riporta il luogo di nascita e d’allevamento, oltre ai vari stadi di lavorazione. Al momento di acquistare la carne macinata, chiedetene sempre l’origine e fatela tritare di fronte a voi. Cercate la carne sulla cui etichetta c’è scritto «alimentazione priva di grassi animali aggiunti»: significa che sono stati usati mangimi vegetali al 100%. Sappiate però che la legge permette l’aggiunta di grassi animali fino al 7% del totale dei mangimi. Se la comprate in vaschetta, controllate sempre quando è stata confezionata e scegliete quella con la data più recente.
• Il pesce. A me gli occhi, please. Il pesce appena pescato ha un colore brillante, le branchie sono umide e rosee, gli occhi sporgenti, neri e limpidi. Il corpo deve presentarsi rigido, con la carne soda e compatta. Fate una prova, premendo con un dito: se è buono, la carne deve tornare nella posizione di partenza senza presentare infossature. Per il pesce in filetti, è significativo anche il profumo: deve essere gradevole e leggermente salmastro. Evitate di portare a casa gamberi opachi (sono stati trattati con farmaci), molluschi già sgusciati e con il liquido interno solido: sono stati scongelati. Fate attenzione all’etichetta: da quest’anno, infatti, per il pesce venduto al dettaglio è obbligatorio specificare il modo in cui è stato «catturato» (per esempio, se è stato pescato in mare o allevato in acque dolci) e da dove proviene. Il tonno in scatola può essere ricavato da tonno congelato senza nessun obbligo di specificarlo sulla confezione. In effetti, nella maggior parte dei casi, i tonni pescati vengono sezionati e congelati sulle navi per essere poi spediti negli stabilimenti, dove vengono scongelati e inscatolati. Ma sull’etichetta è specificato il sistema di cattura: se c’è scritto «lavorato fresco sul luogo di pesca» vuol dire che è stato inscatolato subito. Il prodotto però viene venduto a un prezzo doppio rispetto a tutti gli altri tipi.
• Formaggio. Quanto conta la forma. Se cercate la sicurezza, scegliete i formaggi Dop, denominazione di origine protetta (un elenco completo all’indirizzo www.formaggio.it/formaggiitaliaDOP.htm). In tutto sono una trentina (tra cui il Parmigiano Reggiano, la mozzarella di bufala campana, l’Asiago ecc.), sono prodotti secondo tecniche tradizionali e possono essere preparati solo con latte fresco nazionale. Li riconoscete perché, sulle forme e sulle etichette, riportano i marchi dei consorzi che li controllano e li tutelano, e il bollino europeo delle Dop. Amate i formaggi freschi molli, come crescenze e stracchini? Controllate che tra gli ingredienti non ci siano ortofosfati e addensanti: servono per addensare il formaggio quando si usa molta acqua e poco latte. Formaggini per bambini e fettine di formaggio sono, in genere, i latticini più ricchi di additivi, a partire dai polifosfati, conservanti che impediscono al nostro organismo di assorbire il calcio. Per i formaggi stagionati (per esempio fontina e gruviera) non fatevi tentare da forme stantie o difettose, che presentano macchie, muffe e buchi dove non ce ne dovrebbero essere: sono indice di una cattiva conservazione.
• Salumi e insaccati. Anche una fetta può far la differenza. I salumi marchiati con il sigillo Dop (un elenco si può scaricare dal sito: www.politicheagricole.it/Alimentazione/CePiuGusto/carnedef.pdf) offrono più garanzie: sono stati ricavati da un suino allevato in Italia e alimentato con mangimi vegetali, è stata usata una coscia fresca (e non congelata), stagionata all’aria naturale e controllata più volte e l’unico conservante ammesso è il sale. Il grasso del prosciutto deve essere bianco. La carne non deve essere troppo compatta al limite del duro. Se la stagionatura è stata fatta ad arte e il prosciutto è stato lavorato in modo corretto, le fette, mentre le si taglia, tendono ad arrotolarsi. Gli insaccati stagionati (prosciutto e salame) non devono avere un colore troppo scuro, che indica una conservazione e una lavorazione sbagliata. Il colore ideale per i salumi cotti è invece un rosa pallido. Scegliete gli insaccati senza polifosfati, nitrati e nitriti (se ci sono, lo dice l’etichetta). Assunti in dosi elevate, sono nocivi per la salute.
• Frutta e verdura. E’ più buona quella... brutta. Preferite frutta e verdura di stagione e di provenienza italiana (meglio ancora locale): costa meno e ha un maggior valore nutritivo, perché non viene colta troppo in anticipo e non resta a lungo nei magazzini. Per un acquisto sicuro affidatevi ai piccioli: se non sono secchi, lisci ed eretti, vuol dire che il prodotto è fresco e privo di residui chimici. Alcuni difetti estetici sono indice di genuinità: ad esempio, la peluria presente sul tronchetto delle zucchine o sui carciofi indica che gli ortaggi non sono stati spazzolati o lucidati con olio e cera. Gli agrumi più freschi sono quelli venduti con foglie o rametti brillanti. Se invece si presentano lucidi, toccandoli sono appiccicosi o coperti di puntini biancastri, significa che sono rimasti molto tempo in magazzino. Insalate e verdure già pulite e confezionate sono pratiche. Ma non acquistatele se nel sacchetto è presente del liquido: la conservazione non è avvenuta correttamente.
• Vino, acqua & Co. Bevi soltanto doc. Quando acquistate una bottiglia di vino, la prima raccomandazione (e anche la più ovvia) è di cercare il marchio Doc (denominazione di origine controllata): sono garantite la provenienza, i tipi di uva impiegati e i metodi di lavorazione. I vini Doc (denominazione di origine controllata e garantita) sono più pregiati perché sottoposti a controlli ancora più severi. Nella scelta dell’acqua minerale, occhio alla voce «residuo fisso» che trovate sull’etichetta: indica la quantità di sali disciolti nell’acqua. Non dev’essere superiore a 500 mg per litro. Non esagerate con il consumo di bibite light: lo zucchero è sostituito con dolcificanti artificiali, che hanno un elevato potere dolcificante, ma sono privi di calorie (come la saccarina), oppure hanno un modestissimo contenuto energetico. E non tutti tollerano questo tipo di sostanze.
• Avete fatto una spesa intelligente, scegliendo con cura i prodotti? Bene. Allora non vanificate tutti i vostri sforzi usando il tegame «sbagliato» per cucinare. Ci sono materiali che, a contatto con gli alimenti, possono rilasciare sostanze tossiche o, comunque, dannose per la vostra salute. Ecco i nostri consigli. Ciascun cibo ha la sua pentola. ACCIAIO. il materiale più indicato in cucina perché non rilascia sostanze tossiche. Le pentole in acciaio possono anche essere usate senza problemi per riporre in frigorifero gli alimenti. ALLUMINIO. Non usate pentole e vaschette di questo metallo per conservare o cucinare cibi acidi (per esempio il sugo di pomodoro) o molto salati (carne e pesce al sale). Questi alimenti assorbono con facilità l’alluminio che, in quantità eccessive, è tossico. TEFLON. un materiale molto utilizzato che impedisce ai cibi di attaccarsi a pentole e padelle. Evitate di graffiarle con posate o utensili appuntiti: il teflon è fatto di piccole molecole che possono passare negli alimenti, inquinandoli. PYREX. Ci si può cuocere tutto ed è il materiale più adatto per conservare gli alimenti. Non si può fare a meno di usare il condimento, però: attenzione quindi a non esagerare,con l’olio o con il burro, se non volete mettere a rischio la vostra linea.