Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 7 agosto 1999
Artemisia
• «Quando siete stata violentata da Agostino Tassi, avete trovato sangue nelle vostre parti intime?» «Quando Agostino mi ha preso con la violenza avevo le mestruazioni e non posso affermare, Vostra Signoria, che sia stato il suo atto a farmi sanguinare, perché non sapevo niente di quelle cose» (dall’interrogatorio della pittrice Artemisia Gentileschi, 18 marzo 1612).
• «’Stupro”, questo termine che la società traduce comodamente in ”violenza carnale”, all’inizio del Seicento comprende una realtà molto più complessa. La legge lo suddivide in tre delitti distinti, passabili di pene che vanno dall’esilio alla morte. ”Stupro semplice”, deflorazione di una donna consenziente. ”Stupro qualificato”, deflorazione di una donna consenziente e con promessa di matrimonio. ”Stupro violento”, deflorazione con la forza».
• Mentre Beatrice Cenci veniva portata al patibolo, un gruppo di pittori, fatti accomodare proprio sotto il palco, tracciavano freneticamente degli schizzi sui loro fogli di carta. I trattati di pittura del Seicento, infatti, raccomandavano di seguire con molta attenzione le esecuzioni, in modo da rappresentare col massimo realismo possibile i martìri dei santi.
• Dopo aver visto nello studio del pittore Domenichino la famosa "Caccia di Diana" appena ultimata, Scipione Borghese se ne innamorò talmente da volerla acquistare seduta stante. L’artista gli rispose che, con suo sommo dispiacere, la tela non gli apparteneva più, dato che era stata commissionata e pagata dal cardinale Aldobrandini. Al che Scipione Borghese spedì in carcere il pittore e si impadronì del dipinto.
• «Diversamente dalle dinastie reali, per assicurarsi il dominio e la sopravvivenza nel corso dei secoli, i papi non potevano fare assegnamento sulla perpetuazione del potere, sulle generazioni future, ma avevano a disposizione soltanto il breve periodo del pontificato. Eletti in età già avanzata, regnavano in genere non più di 15 anni. Quindici anni per costruirsi una fortuna così vasta e così solida da consegnare alla storia il proprio nome e quello della famiglia. A partire da Sisto V, dalle disposizioni della Controriforma che vietavano esplicitamente al papa ogni discendenza diretta, l’esperienza aveva dimostrato come il modo più efficace per concentrare su di sé, in un arco minimo di tempo, tutti i poteri e tutte le ricchezze fosse quello di disporre di due nipoti. Al primo spettavano la gestione degli Stati pontifici e quella del mondo cattolico. Braccio destro del papa, questo personaggio intraprendeva la carriera ecclesiastica e occupava la carica, divenuta ufficiale, di cardinal nepote. Le prerogative del secondo erano la gloria militare, il matrimonio e la responsabilità di assicurare una discendenza. Ma questi due nipoti dovevano sbrigarsi! La morte del papa e l’elezione del successore avrebbero infatti portato al potere una nuova famiglia. Non esiste situazione più pericolosa al mondo di quella di un nipote dopo la morte dello zio. Per premunirsi in vista del futuro, il cardinal nepote doveva accumulare tanti beni che nessuno avrebbe potuto mai toglierglieli tutti».
• Metodo antico per pulire i quadri: strofinarli con spugne imbevute di latte e di bava di cane. Metodo per far cadere sui soggetti una luce morbida, che ravvivasse le espressioni smorte: mettere alla finestra un velo imbevuto di grasso di maiale (così Orazio Gentileschi, che raccomandava di far cadere la luce dall’alto. La figlia Artemisia usava un lino trasparente). I pigmenti si mescolavano con olio, acqua, tuorlo d’uovo, pipì di neonato.
• In via del Corso, a Roma, c’è una coloreria nello stesso punto in cui quattro secoli fa commerciava il celebre mercanti di colori Antinoro. Da lui s’andava pure a comprare la fiammella necessaria ad accendere le candele dentro casa.
• Marco Antonio Coppini, venditore di azzurro oltremare.
• L’arrivo della Gentileschi a Napoli (1634) fece venir di moda le pittrici. Il pittore Lanfranco sosteneva che i quadri dipinti da donne costavano ormai il triplo di quelli dipinti da uomini.
• «Impartire direttive sul soggetto di un’opera non era privilegio esclusivo del nipote del papa. Al contrario, era una pratica comune che i collezionisti indicassero all’artista il tema del dipinto, le sue dimensioni e il numero di personaggi da includervi. Queste istruzioni potevano essere registrate in un contratto, che stabiliva il prezzo e i tempi di consegna. Era consuetudine che il committente versasse al pittore degli acconti e si accollasse le spese del telaio, della tela e dell’azzurro oltremare per i quadri a cavalletto; quelle delle impalcature per le opere ad affresco».
• Orazio Gentileschi si faceva pagare i quadri 50 scudi a personaggio dipinto. Monsignor Olgiati tentò di abbassare il prezzo a 30 scudi: ricevette un quadro rappresentante un po’ più della metà di una figura.