Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2000
I figli del partito
• «Il treno si mosse da Milano, prima lentamente, poi sempre più veloce. Avevo da poco compiuto sei anni e non capivo bene cosa stesse accadendo. "Dove andremo, in Russia, vi sono delle persone – mi disse mia mamma – che penseranno a noi. D’ora in avanti ci chiameremo Anita e Adele Schioppa, non dimenticarlo". Che stranezza, mia madre si chiamava Mira, non Adele».
• «L’incaricato di Soccorso rosso – o, come si diceva in Russia, Mopr (Organizzazione internazionale di soccorso ai rivoluzionari) – ci consegnò dei buoni per la mensa della Casa degli emigranti: un piatto di fumante minestra (si trattava di "sci", minestra di cavoli acidi, o di "borsc", minestra di barbabietole rosse e carne condita con panna acida) e un bicchiere di frutta cotta o di "kissel" (decotto di bacche amare). La prima volta che vidi il pane nero lo credetti un dolce alla cioccolata».
• «L’albergo che ci aveva fornito il Mopr era vicino al centro della città, ma non vedevamo né negozi né vetrine. Ci venne spiegato che ogni organizzazione aveva i suoi spacci interni per soddisfare i bisogni del personale. Noi dovevamo rivolgerci alla sezione italiana di Soccorso rosso. C’era anche chi disponeva di un tesserino speciale (i tecnici stranieri che lavoravano nelle industrie sovietiche o qualche grosso dirigente comunista) con il quale poteva far spesa al Torgsin, un grande negozio dove si poteva acquistare, con valuta estera, preziosi o oro».
• «Mia madre andò a lavorare in fabbrica, io – rimasta "bes prisora", senza custodia – fui mandata all’istituto dove il Mopr ospitava i figli degli emigrati politici, a Vaskino. All’inizio, tra me e le bambine c’era una sorta di diaframma. Soltanto il giorno che fui acchiappata e, nonostante le lacrime, rapata a zero, capii che la causa di quella ostilità era la mia frangetta. La perdita dei capelli mi umiliò profondamente, ma mi permise di entrare nella cerchia delle mie coetanee».
• «I nostri libri di testo erano aggiornati secondo le esigenze del Partito bolscevico e approvati dal Commissariato per l’istruzione pubblica. Queste erano le massime che sentivo continuamente ripetere e a cui si ispiravano i testi: 1. Alla base del progresso e del movimento storico sta la lotta di classe; 2. Il dominio di una classe sull’altra è determinato dal possesso dei mezzi di produzione, la proprietà privata è l’origine di tutti i mali e di tutte le discordie; 3. Le condizioni materiali determinano il pensiero, l’arte e i sentimenti, ovvero le condizioni economiche di una classe determinano la sua ideologia di classe».
• «Il 19 maggio 1943 è il giorno del mio diciottesimo compleanno. Sono felice perché un gruppo di compagni italiani mi ha scritto una lettera molto bella: "Tu sei fra quei giovani che hanno avuto la fortuna di vivere nell’Unione dei Soviet dove la gioventù vive felice e libera. Che questa gioventù, che con tanto eroismo difende oggi la sua libertà e la sua indipendenza, ti sia d’esempio nello studio e nella lotta. Non dimenticare che domani ti troverai fra i giovani italiani educati dal fascismo e che dovrai fare della gioventù italiana una gioventù libera e felice"».
• «Nel ’45, dopo aver studiato e lavorato in Unione sovietica per ben tredici anni, fu data e me mia madre la possibilità di tornare in Italia e vedere la tomba di mio padre. Fino a quel momento nessuno ci aveva informato della sua morte».
• « "Farai un lavoro adatto alla preparazione ricevuta a Mosca", mi disse il compagno Ercoli (cioè Togliatti) quando mi convocò nel suo ufficio di via Nazionale a Roma. Dovevo occuparmi dei collegamenti segreti via radio con i vertici del Cremlino. Vissi un lungo periodo di clausura in un appartamento pieno di fili elettrici, antenne e cicalini. Occupavo le giornate prendendo lezioni d’italiano».
• marzo 1947 finì la clausura, mi fu chiesto di andare a lavorare in un ufficio a via delle Botteghe Oscure. Dovevo rispondere, al posto dei nostri parlamentari, alle lettere degli elettori».
• Il 14 luglio ’48 Togliatti fu ferito dai colpi di pistola del monarchico Pallante. Stalin inviò un telegramma in cui criticava la scarsa protezione del segretario, il Pci costituì la Commissione nazionale di vigilanza rivoluzionaria. «Giulio Seniga venne nominato vice-responsabile. Io lo accompagnavo spesso all’aeroporto dell’Urbe a prendere lezioni di volo: in caso di emergenza avrebbe potuto trasportare Togliatti in Albania».
• «Il 25 luglio ’54 Giulio Seniga ruppe con il Pci, con lui c’era una forte attrazione umana. Cominciai a sentirmi osservata quando ero in ufficio, poi iniziarono domande e interrogatori, mentre ero fuori città la mia abitazione fu perquisita dal partito, presente mia madre, e si susseguirono sospensioni dal lavoro dei parenti di Seniga. Quando fu sospesa anche mia madre mi sentii indignata: aveva sacrificato tutto al partito, anche la vita del marito, senza mai chiedere nulla. Ero orfana in tutti i sensi».