Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 9 ottobre 2004
I giorni prima
• Normotipi. Il complesso di Charles Aznavour per la sua statura: "Lasciato il Giappone, ho subito l’impressione di restringermi, di ripiombare in questo universo troppo grande, che mi fa l’effetto di un’immensa tazza, sul fondo della quale io mi dibatto come un insetto, scivolando continuamente lungo pareti troppo lisce. Quando si ha una taglia nipponica, si dovrebbe essere giapponesi: il mondo è fatto male".
• Calvizie. Alle prime avvisaglie di calvizie incipiente, dopo aver tentato massaggi del cuoio capelluto, lozioni, shampoo, compresse, anche Aznavour ricorse, con successo, al trapianto.
• Nasi. Finanziato da Edith Piaf e su sua insistenza - "sarebbe una buona cosa per la tua carriera" -, Aznavour subì un intervento di chirurgia estetica per ingentilire un naso un po’ pronunciato, ammaccato nella parte alta, certo troppo importante per la sua statura: "Sbarrava un tantino il mio viso impedendo alla gente di vedere che a volte mi capitava di sorridere".
• Fumo. Per timidezza Aznavour agli inizi della carriera si nascondeva dietro un paio di occhiali scuri quando si esibiva al pianoforte e fumava una sigaretta dietro l’altra (tre pacchetti di Gauloises azzurre al giorno): "La mia voce era quella delle notti di nebbia londinese, delle storie di Conan Doyle, del suono dei sessantotto giri talmente usati da sembrare sul punto di rendere l’anima".
• Parce que. Erano gli anni Cinquanta quando Aznavour cantò diverse canzoni da lui composte a Henriette, proprietaria del Patachou, celebre locale notturno di Montmartre, che si entusiasmò in particolare per Parce que, e gli offrì un ingaggio a tempo indeterminato a condizione che smettesse di fumare per quattro settimane. Aznavour rimase in astinenza per un mese, ma Henriette all’inizio non gli credette perché trovo la sua voce ancora più orribile. Ciononostante lo ingaggiò, abrogando il divieto, ma a un’altra condizione: Parce que l’avrebbe cantata lei. Aznavour accettò e lì conobbe Maurice Chevalier, che diventò il suo mentore, ma con un inconveniente: gli scroccava passaggi in taxi, decurtando un cachet non ancora da star. Ci pensò Edith Piaf: "Lo so che Chevalier fa fatica a tirare fuori i suoi soldi. A partire da domani prenderai la mia auto".
• Capricci. Aznavour e gli altri amici assecondavano sempre i capricci di Edith Piaf, perfino andare a vedere lo stesso film dieci giorni di seguito, in prima fila. Accadde per Il terzo uomo (vederlo l’undicesima volta fu la prima cosa che la cantante volle fare appena arrivata a New York per una tournée).
• Prepotenze. Guai a contraddire Edith Piaf, che al ristorante sceglieva lei il menù e lo imponeva a tutti per risparmiare tempo.
• Sbornie. Meno male che c’era Aznavour quella sera in cui Edith Piaf, all’apice della sua carriera, a Royat arrivò sul palco completamente sbronza, storpiando le parole e dimenticandosi i testi. Aznavour placò il pubblico per dare il tempo di riprendersi alla cantante, che intanto era stata scossa dai fischi e dagli insulti. La serata finì con la solita ovazione, ma la Piaf, che di solito si limitava a quattordici brani, quella volta dovette cantarne venticinque per riconquistare il pubblico.
• Amori. "Mi sono sposato tre volte ma, riflettendoci bene, non penso di avere veramente amato più di quattro o cinque volte. Quando dico ”amato”, mi riferisco al genere di amore di cui non si dimentica più niente".
• Patrick. La storia con Arlette, una ballerina deliziosa conosciuta giusto prima di partire per una tournée negli Stati Uniti, sarebbe stata una delle tante avventure se non ne fosse nato Patrick. Aznavour si accollò le spese di gravidanza e, dopo averlo visto in ospedale per assicurarsi che gli assomigliasse, propose anche di riconoscerlo. Arlette avrebbe accettato solo a condizione di essere sposata, sennò avrebbe aspettato un uomo così innamorato da dare il proprio nome anche al bambino. Si rifece viva dopo nove anni, perché il marito, un alcolizzato, maltrattava Patrick e durante l’ultima sbronza gli aveva rinfacciato di non essere suo padre. I genitori di Aznavour furono contenti di prenderlo con sé, fino alla sua maggiore età, quando fu lui a decidere di andarsene a vivere da solo. Alla vigilia del suo venticinquesimo compleanno, però, si avvelenò ingurgitando un flaconcino di pillole per dimagrire e bevendoci sopra birra.
• Fantasie. "Ho sempre amato le ragazze giovanissime, dallo stile androgino, un po’ ingenue, un po’ perdute, che non possedevano nulla e con le quali mi era facile ostentare una certa grandezza, diventando così il loro pigmalione malgrado il poco che sapevo. Il mio sogno era accogliere da me una giovane donna vestita solo di un impermeabile preso a prestito, regalarle un intero guardaroba e, completato quello, mandarla a riportare l’impermeabile alla proprietaria".