Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 2 febbraio 2002
LíErma di Bretschneider.
• Nella sua ”Arte di amare”, Ovidio esorta le donne alla pulizia e all’igiene del corpo: «Che le ascelle non abbiano l’odore di un caprone, che la pigrizia non faccia sì che i denti diventino neri, ma lavarsi la bocca ogni mattina».
• Grasso di cigno. Per pulire le orecchie, le donne pompeiane utilizzavano gli ”auriscalpia”, bastoncini in osso, avorio o bronzo, con un piccolo dischetto ad un’estremità; per lavare i denti, soda, bicarbonato, polvere di pietra pomice e urina; per ammorbidire la pelle, stendevano maschere di bellezza a base di orzo e miele, profumate con essenze di rose e mirra; per depilarsi, usavano spargere sulla cute una mistura di pece, sciolta nell’olio caldo con resina e cera. Per schiarire le macchie del viso, si ungevano con burro, fiele di toro e d’asino; per eliminare le rughe, spalmavano miele, grasso di cigno o d’oca.
• Si legge negli epigrammi di Marziale: «Per non puzzare troppo del vino che hai bevuto ieri, Fescennia, divori pasticche del profumiere Cosmo. Questi preparati impiastricciano i denti, ma a niente possono quando ti sale un rutto dal profondo».
• Spatole. Strumenti per la cosmesi: piccoli contenitori in osso per ciprie e creme; spatoline e cucchiaini in osso, metallo e vetro, per spalmare i prodotti o mescolare le creme prima di applicarle; grandi contenitori per balsami e unguenti, a forma di conchiglia, in avorio o ambra.
• Polvere di cristallo. Per colorire le guance, le donne spalmavano una mistura di feccia di vino e ocra rossa; per marcare lo sguardo, applicavano alla base degli occhi della polvere di carboncino (con un piccolo punteruolo in osso) e stendevano sulle palpebre un velo d’ombretto, ottenuto da polvere di malachite e azzurrite. Per serate mondane e occasioni particolari, spargevano sulle guance polvere di cristallo finemente triturata.
• Acconciature. Esempio di pettinatura femminile: un’ampia ciocca di capelli, al centro della fronte, ripiegata all’indietro in forma di cuscinetto, intrecciata a una crocchia sulla nuca e legata a due riccioli laterali (ritorti e ricondotti alla crocchia). Per raccogliere i capelli, si usavano reticelle in sottile filo d’oro (’reticula”), sacchetti realizzati con la vescica di piccoli animali (’vesica”), aghi in osso, avorio e oro.
• Boccoli. Le donne pompeiane si facevano pettinare da schiave acconciatrici (’ornatrix”) o dal parrucchiere (’tonsor”). Per arricciare la chioma usavano il ”calamister” (o ”calamistrum”), un piccolo cilindro di metallo, cavo, nel quale era inserito un cilindro pieno: ogni ciocca, avvolta intorno al secondo cilindro, veniva inserita nel primo, precedentemente riscaldato sul fuoco.
• Tinture. Tinture a base vegetale per colorare i capelli: foglie d’henna triturate per il rosso, miscela di grasso animale e cenere di faggio per il biondo.
• Unguentarii. Tra i profumi preparati a Pompei: ”diapasmata”, ricavato polverizzando sostanze vegetali aromatiche, venduto sotto forma di polverina o pasticche, utile per profumare ascelle e alito; ”omphacium”, miscela a base di succo d’uva acerba. Le essenze si vendevano in appositi vasetti in vetro soffiato (’unguentarii”), a forma di anforetta o di uccello.
• Barbaricarius. La lavorazione dei gioielli era affidata ad artigiani altamente specializzati: l’’aurifex” sceglieva dipendenti e venditori; il ”brattiarius” batteva l’oro per ricavare le lamine; il ”barbaricarius” lo ricamava; il ”caelator” lo cesellava; l’”anularius” e l’”armillarius” fabbricavano anelli e bracciali (’armille”); lo ”scalptor” incideva le gemme; il ”gemmarius” le vendeva.
• Gioielli. Tra i monili più indossati, diademi in oro con decorazioni a sbalzo o a traforo e piccole gemme incastonate; aghi per capelli in osso, bronzo, argento e oro, con l’impugnatura a forma di vasetto, pigna, uccello; anelli in oro, ornati di gemme, corniole e pasta di vetro; bracciali in oro e argento, decorati con gemme e smeraldi, a forma di serpente, simbolo di fecondità; collane ”monilia”, corte, a giro collo, con catena a maglie, chiusura a gancio, pendente a ”lunula” (falce lunare a punte congiunte); collane ”catenae”, lunghe maglie di filo, ornate da borchie, intrecciate sul petto, chiuse da una piccola ruota d’oro, simbolo di amore e fortuna; orecchini a doppio pendente, detti ”a grappolo”, decorati con perle e grani di smeraldo, uniti tra loro da una sottile rete di fili d’oro.
• Follia. "Non ci si limita ad accostare una sola grande perla ad ogni orecchio; le orecchie sono ormai abituate a coppie di perle che si uniscono e sovrappongono. La follia femminile non avrebbe schiacciato abbastanza gli uomini se non pendessero dalle orecchie due o tre patrimoni interi" (Seneca, ”Dei Benefici”).