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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

ìUn mestiere pericoloso ñ La vita quotidiana dei filosofi greciî

• Asini. Una volta gli amici di Socrate, incontrando il filosofo tutto pieno di lividi per i calci ricevuti da un interlocutore, lo incitavano a denunciare l’aggressione. E lui: «Se mi avesse preso a calci un asino, l’avrei forse condotto in giudizio?».
• Giovani. Un giorno Crizia e Caricle, i due massimi esponenti della dittatura dei Trenta, andarono da Socrate per comunicargli il ”divieto di parlare con i giovani”. Anche in quella occasione, il filosofo non abbandonò il suo stile: ”Non debbo parlare coi giovani: ma fino a quale età vale il divieto? E se un giovane mi rivolge la parola e mi chiede ad esempio ”Dove abita Caricle?”, ”Dov’è Crizia?î
• Tiranni. Nel 388 Platone giunse in Italia e subito rimase disgustato dalla vita ”che quivi era considerata felice, piena di banchetti italioti e siracusani, e quel riempirsi lo stomaco due volte al giorno e non dormire mai solo la notte”. Quando in Sicilia, discutendo della tirannide col vecchio Dionigi, disse che ”il diritto del più forte vale solo se presuppone una maggiore virtù”, Dionigi irritato sbottò: ”Le tue parole sanno di rimbambimento senile”. E Platone: ”Ma le tue sanno di tirannide”. Il primo impulso di Dionigi fu quello di mettere a morte Platone, intervennero Dione e Aristomene e la vita dell’ospite fu risparmiata. Ma si trattava di una concessione apparente: Dionigi fece imbarcare Platone sulla nave dell’ambasciatore spartano Pollide, e in segreto ordinò a Pollide di vendere il disturbatore ateniese come schiavo (sul modo in cui Platone fu in seguito liberato, circolano diverse leggende).
• Cose. «Le cose umane non sono degne per sé di grande preoccupazione, d’altra parte è necessario interessarsi anche di queste; e questa non è cosa fortunata» (Platone).
• Allievi. Negli ultimi tempi Platone provò una forte insofferenza per Aristotele, allievo brillantissimo ma di eccessiva intraprendenza intellettuale (arrivò al punto di rimproverarlo persino per il suo modo di vestire e di tagliarsi i capelli). Cionostante, raffrontando quel giovane macedone col devotissimo ma intellettualmente modesto Senocrate, soleva commentare: ”Quale asino (Senocrate) io allevo a lottare contro un tale cavallo (Aristotele).
• Frine. Senocrate scrisse instancabilmente e senza originalità in tutti i campi che Platone aveva già trattato: gli autori di cataloghi calcolano che in tutto abbia scritto 224.239 righi. Virtuosissimo, era l’unico ateniese di cui i tribunali accettassero la testimonianza senza giuramento. Un giorno Frine, la più bella donna libera a quel tempo, volle tentarlo. Gli piombò in casa sostenendo di essere inseguita, Senocrate l’accolse e divise con lei il suo lettuccio. Frine tentò di sedurlo in ogni modo, ma invano. Delusa andò via, e a chi le chiedeva come fosse andata rispondeva: ”Non ho lasciato un uomo, ma una statua”. Un’altra volta i discepoli gli fecero trovare nel letto Laide, bellissima anche lei. Secondo la leggenda, Senocrate risolse il problema una volta per tutte facendosi cauterizzare il sesso.
• Filosofare. Epicuro fu un maestro dal fascino irrestibile, il primo che abbia fatto proselitismo non elitario. Le porte della sua scuola erano aperte a tutti: giovani o vecchi, uomini e donne, liberi e schiavi. «Nessuno perché giovane indugi a filosofare, né perché vecchio si stanchi di filosofare. Perché l’età non è mai immatura né troppo matura per la salute dell’anima. E chi affermi che l’ora di filosofare non è ancora giunta oppure è già passata, è come se dicesse che l’ora della felicità non è giunta o è già passata».
• Freccia. Per spiegare che l’universo è infinito, Epicuro fa l’esempio della freccia. Poniamo che uno raggiunga il (presunto) punto estremo dell’universo, e che, di lì, scagli una freccia: essa riuscirà a volare oltre o invece troverà un ostacolo? ”Qualunque risposta tu scelga, essa ti costringe ad ammettere che l’universo si estende libero da ogni limite: sia che ci sia lì un ostacolo esterno che impedisce alla freccia di raggiungere la sua meta, sia che essa possa proseguire. In un caso come nell’altro il punto da cui è partita la freccia non è, evidentemente, il punto terminale dell’universo. Ovunque tu porrai il limite estremo dell’universo, io ti chiederò che cosa avverrà della freccia” (Lucrezio).
• Vivere. «Nulla di terribile vi è nel vivere per chi abbia la schietta consapevolezza che nulla di terribile vi è nel non vivere» (Epicuro).
• Morire. «Vaneggia chi sostiene di temere la morte non perché ci arrechi dolore quando è presente, ma in quanto imminente. Ciò che infatti non ci turba quando è presente, quando è atteso reca un dolore inesistente. Dunque il più rabbrividente dei mali è nulla per noi: giacché quando noi siamo la morte non è presente, e quando è presente la morte, allora noi non siamo».
• Delizie. Gli amici di Epicuro furono moltissimi, alcuni fabbricarono addirittura alcune ”lettere scandalose” e le fecero circolare con la firma di Epicuro. Quando Metrodoro, allievo prediletto di Epicuro, abbandonò il maestro, suo fratello scrisse un pamphlet dal titolo ”Delizie” dove sosteneva che Epicuro «era talmente dedito alla dissoluzione che vomitava due volte al giorno, e che lui stesso a stento era riuscito a sfuggire a quei notturni trattenimenti e a quella associazione di iniziati».
• Cirillo. Il prefetto d’Egitto Oreste si trovò in forte contrasto con Cirillo, vescovo di Alessandria dal 412 al 444. Costui pregava e digiunava nel deserto, ”ma i suoi pensieri erano sempre fissi sul mondo” (Isidoro di Pelusio). Un primo attrito nacque quando Cirillo volle cacciare gli Ebrei e prese a perseguitare la loro antica comunità, stabilitasi ad Alessandria sin dalle origini della città. Il prefetto protestò ma il governo, intimidito da Cirillo, non fece nulla. Qualche tempo dopo uno squadrone di monaci, fanatici e devoti a Cirillo, aggredirono Oreste per intimidirlo e lo lasciarono sul selciato coperto di sangue (fu salvato dai suoi cittadini).
• Ipazia. Ipazia, figlia del matematico e filosofo Teéone, colta, austera, bellissima, «con indosso il mantello filosofico faceva le sue uscite nella città e spiegava pubblicamente, a chiunque volesse ascoltarla, Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altro filosofo» (Damascio). Ad Alessandria era divenuta un’autorità, e persino Oreste la consultava per chiederle consiglio. Un giorno dell’anno 415, i monaci-squadristi la assaltarono mentre tornava a casa in carrozza, la denudarono, le cavarono gli occhi, la massacrarono a colpi di tegola, la tagliarono a pezzi e bruciarono i resti.