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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Schiavi - «La schiavitù è un business in espansione e il numero degli schiavi è in aumento

• Schiavi. «La schiavitù è un business in espansione e il numero degli schiavi è in aumento. Si usano schiavi per diventare ricchi e, una volta che si è finito di usarli, non si deve far altro che scartarli. Questa è la nuova schiavitù, fondata su alti profitti e vite a poco prezzo. Non si tratta di possedere un essere umano, come nella schiavitù tradizionale, ma di averne il totale controllo. I nuovi schiavi sono strumenti usa e getta per fare denaro».
• Amazzonia. Nelle città delle miniere d’oro in Amazzonia, le ragazzine ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi muoiono spesso nella totale indifferenza della gente. «In più di dieci occasioni, svegliandomi presto al mattino, ho trovato il cadavere di una ragazzina galleggiare sull’acqua vicino alla barca. Nessuno si curava di seppellirle. Si limitavano a gettarne i corpi perché i pesci se le mangiassero» (Antonia Pinto, cuoca e mezzana).
• Bordelli. In Amazzonia i bordelli sono assai lucrosi. Una ragazza ”costata” 150 dollari può essere venduta per sesso anche dieci volte a notte e rendere fino a 10mila dollari al mese. Le spese sono poche: qualche soldo per la polizia e un poco di cibo per la giovane schiava. Se la ragazza scappa o si ammala, è facile rimpiazzarla. Una ragazzina di 11 anni che rifiutò di fare sesso con un minatore fu decapitata. L’uomo mostrò poi la sua testa agli altri minatori che applaudivano in segno di approvazione.
• Seba. Una famiglia francese si offrì di portare a Parigi Seba, una ragazzina del Mali, per educarla e farla studiare. Una volta in Francia, però, la fanciulla fu obbligata a dormire per terra e a lavorare tutto il giorno: cucinava, accudiva i figli, puliva in continuazione. Se si ribellava veniva picchiata e messa in catene. I vicini scoprirono la faccenda e denunciarono la famiglia. Ora Seba ha 22 anni ed è in cura da uno psicologo: non ha la cognizione del tempo (mesi, settimane, giorni) e delle stagioni. Per lei esiste soltanto il ciclo sonno-lavoro.
• Lavoro vincolato. «Il lavoro vincolato, o vincolo da indebitamento, si dà quando un individuo si consegna in schiavitù come garanzia di un prestito ricevuto o quando eredita un debito contratto da un familiare. Vi sono molti più schiavi viventi oggi, di quanti ne furono portati dall’Africa durante l’intero periodo della tratta transcontinentale».
• Tratta. «La tratta di donne dalla Birmania alla Thailandia è spaventosa per efficienza e spregiudicatezza. Spinti dal desiderio di massimizzare il profitto e dalla paura dell’Aids, gli agenti che lavorano per i proprietari di bordelli penetrano in aree profonde della Birmania in cerca di reclute senza sospetti. Particolarmente ricercate le ragazze vergini, perché si vendono a prezzi più alti, e non sono esposte a malattie a trasmissione sessuale. Gli agenti promettono alle donne un lavoro come cameriera e sono i parenti ad accompagnarle al confine, dove ricevono 10 o 20mila bath: tale versamento diventa il debito, di solito raddoppiato dagli interessi, che va estinto con la servitù sessuale».
• Mauritania. «La Mauritania è il paese al mondo col più alto numero di schiavi. Eppure non sa neppure cosa sia la schiavitù. La schiavitù è stata abolita nel 1980, ma per le migliaia di schiavi liberati, la vita non è cambiata, perché nessuno li ha informati. L’economia del Paese si regge sul lavoro di queste persone che puliscono le strade, si occupano dei bambini e fanno i lavori più umili. Indagare sugli schiavi in Mauritania è impossibile: è sufficiente farsi vedere per strada con una macchina fotografica per venire arrestati. Ad ogni angolo di strada c’è un posto di blocco».
• Bilal. In Mauritania la maggior parte degli schiavi si chiama Bilal. Bilal era lo schiavo di proprietà di Maometto che in seguito lo liberò e ne fece il primo muezzin. Circa trecentomila persone della capitale non hanno acqua corrente. All’approvvigionamento ci pensano gli schiavi con un somaro e due barili da circa 60 litri, riempiti con le mani in un pozzo.
• Pakistan 1. «In Pakistan il rapporto prodotto/compenso è così basso che difficilmente le famiglie riusciranno a liberarsi dal loro debito. In media le famiglie producono 100 rupie (2 dollari) ogni mille mattoni prodotti. Lavorando a pieno ritmo una famiglia può produrre una media di 1200, 1500 mattoni al giorno, ma può succedere che un 10 per cento non si secchi a dovere e sia quindi da scartare».
• Pakistan 2. «Via via che il debito aumenta, le famiglie, composte in media da genitori e tre figli, devono rinunciare alla loro libertà. Nelle peggiori fornaci l’idea è quella che nessuno abbia mai in tasca una rupia, sennò scapperebbe. I padroni aggrediscono le donne e nessun matrimonio può celebrarsi senza l’assenso del proprietario che si serve di gangster armati per mantenere l’ordine».
• Vedove. «In India, tra le varie forme di schiavitù, esiste quella riservata alle vedove. Come ricompensa per aver rinunciato alla propria indipendenza e autonomia di lavoro, ricevono due pasti al giorno e di solito vanno a vivere presso il padrone, spesso sistemandosi in una baracca per gli animali o in qualche altra costruzione annessa alla fattoria».
• Bambini. In India, nei dintorni di Sikavasi, circa 45 mila bambini fabbricano fiammiferi e fuochi d’artificio. «Gli agenti locali hanno arruolato bambini dai tre anni e mezzo a 15, pagando un anticipo ai loro genitori e creando così un vincolo da debito».
• L’analisi circostanziata di un fenomeno in crescita: 27 milioni di persone che lavorano a costo zero per produrre la ricchezza e il benessere di pochi. Dalle foreste dell’Amazzonia all’Africa, passando per luoghi insospettabili come New York, Londra e Parigi. E’ la nuova schiavitù del debito che rimpiazza la schiavitù della razza. Kevin Bales, giornalista e scrittore, considerato tra massimi esponenti mondiali della ”antislavery”, lavora al Roehampton Institute dell’Università del Surrey, in Gran Bretagna. Per scrivere questo libro ha viaggiato per sei aani e si infiltrato nei vari paesi fingendosi turista o zoologo. Kevin Bales, ”I nuovi schiavi”, Feltrinelli.