Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 29 settembre 2001
La mummia della Repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato 1872-1946
• Giuseppe Mazzini spirò nel pomeriggio di domenica 10 marzo 1872, a 67 anni, in casa Rosselli, al numero 39 di via della Maddalena (Pisa), avvolto nello scialle di lana grigio a quadretti regalatogli da Sara Nathan, che aveva condiviso con lui l’esilio in Inghilterra e finanziato per decenni il partito repubblicano (le malelingue insinuavano che Mazzini fosse il padre naturale di uno dei figli di Sara, Ernesto). Nello stesso scialle, tre anni prima, era morto Carlo Cattaneo.
• Mazzini, che aveva chiesto per sé onoranze funebri discrete ("Tutte le commemorazioni, trasporti di cenere, statue, m’intristiscono l’anima"), trovava l’imbalsamazione una "profanazione": «Non ho mai capito l’affetto di quei che fanno imbalsamare un cadavere di persona amata».
• Cercando di trarre dalla morte di Mazzini un’occasione di propaganda, il leader parlamentare dell’Estrema radicale Agostino Bertani si fece venire l’idea di imbalsamare Mazzini e esporne la mummia. Per attuare il progetto si rivolse al ”fratello” per affiliazione massonica Paolo Gorini, che da trent’anni andava facendo esperimenti di imbalsamazione nell’ospedale di Lodi.
• Anziché l’imbalsamazione tradizionale Gorini proponeva la pietrificazione, tecnica che garantiva una maggiore durata (sostituendo i liquidi organici con sali minerali i tessuti s’indurivano), ma richiedeva mesi di lavoro. Riuniti in casa Rosselli i capi del partito repubblicano votarono a favore della pietrificazione. Gli occhi del cadavere furono sostituiti con bulbi di vetro.
• Il repubblicano Adriano Lemmi, incaricato di acquistare la bara, pagò 800 lire una cassa di piombo che ne valeva 200.
• L’inviato del quotidiano romano ”Fanfulla”, telegrafò alla redazione: «Cassa metallica in cui salma Mazzini era rinchiusa male stagnata lasciò a lungo dilamazioni liquido acidulato preparazione Gorini. Così operazione male riuscita, cadavere deformato, dicesi non sarà esposto camera ardente».
• Gorini studiava le imbalsamazioni come soluzione alle carestie: poter conservare all’infinito le carni animali avrebbe infatti consentito di importarle in Europa dall’Argentina e dall’Australia (dov’erano sovrabbondanti). Le sue cavie, i colleghi: li invitava a cena e gli cucinava a lesso del manzo conservato per otto mesi in un’apposita cassetta di legno. Tenero e gustoso proprio come la carne appena macellata, gli ospiti trovavano "eccellentissimo" perfino il brodo (Francesco Cintolesi, L’imbalsamazione e le scoperte di Girolamo Segato e Paolo Gorini, Firenze 1873).
• «Finito il tempo pel quale il cadavere è stato adoperato, se non vi sono altre località dove collocarlo, si può gettarlo senza alcun danno anche sotto il letto ove si dorme, conservandolo come un altro oggetto qualunque di legno o di pietra, ecc. che serva per uso nostro. A poco a poco acquista una solidità, se non del tutto lapidea, certo cornea, e tale da potere sottoporsi ai lavori del tornio» (Francesco Cintolesi).
• Alle sue amanti Paolo Gorini recitava a memoria l’Ars amandi di Ovidio, ma preferiva sempre incontrarle a casa loro, visto che nel comodino della sua stanza da letto stipava pezzi di braccia e di gambe e sotto il letto teneva un corpo pietrificato.
• Garibaldi usava firmare fotografie della sua mano per inviarle alle società operaie, con sopra la scritta "Possa la mano mia servire la causa della libertà". Circolava anche la fotografia della sua mano riprodotta dal naturale in metallo dal prof. Angelo Motta, esperto di galvanoplastica.
• Il 10 marzo 1873 la salma pietrificata di Mazzini era pronta per l’ostensione: «Molta gente villereccia, dinanzi al cadavere, non sapendo come meglio esternare i suoi sentimenti di rispetto e di venerazione, si faceva il segno della croce e mormorava un requie».
• Nonostante la fiducia di Gorini sulla tenuta della salma ("la durezza che finora non supera quella del cuoio è destinata a raggiungere quella del legno") i mazziniani respinsero l’opzione di Bertani, che voleva un’esposizione permanente del cadavere, e nel 1874 lo calarono nel sepolcro di Staglieno.
• La salma di Mazzini fu esposta di nuovo il 23 giugno 1946. Il professor Macaggi, incaricato di ispezionare il cadavere prima dell’esposizione, ritenne opportuno applicare "due palpebre ricoprenti i globi oculari, il che farebbe assumere al Maestro quella espressione di riposo, che attualmente manca a causa dell’artificiosità dello sguardo risultante dagli occhi di cristallo". Le spoglie restarono visibili al pubblico per una settimana.