Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 11 novembre 2016
La via della Cina
• In Cina, negli anni Cinquanta, quasi tutti gli studenti e gli insegnanti facevano un po’ di "laodong", lavoro volontario. Nei campi di lavoro i volontari potevano bere solo acqua calda salata e mangiare zuppa di cavoli, verdura sotto sale e pane cotto al vapore.
• Nella primavera del 1958, ci fu una mobilitazione dei cinesi di Pechino contro i passeri, considerati con topi, mosche e zanzare uno dei "quattro mali" (perché distruggono i raccolti). Per tre giorni dall’alba al tramonto tutti i cinesi di Pechino hanno fatto rumore con tamburi, urla, grancasse improvvisate: gli uccelli, terrorizzati, non si posavano mai e alla fine il cuore gli scoppiava per la fatica. All’università avevano appeso barattoli ai rami di tutti gli alberi e chi passava doveva battere i barattoli con un bastone.
• Alla fine degli anni ’50 la Cina venne investita da una grave carestia che fece una ventina di milioni di morti. Gli studenti avevano sempre da mangiare, ma nella mensa c’era un cartello ordinava di "non sprecare neanche un chicco di riso". Una studentessa che aveva nascosto nel cassetto della sua scrivania pochi tozzi di mantou, pane cotto al vapore, ormai immangiabili, non osava buttarli o regalarli per paura che si scoprisse che aveva sprecato pane. Sorpresa dai compagni fu costretta a stare ore e ore in piedi su uno sgabello a testa bassa. Poi fu obbligata a portare per settimane una collana da cui pendevano i tozzi di pane e un cartello con la scritta: «Sono un mostro, ho sprecato il pane del popolo». Dovette portarla per settimane, anche la notte, le compagne di dormitorio la sorvegliavano a turno. Tra gli slogan più diffusi: «studiare all’ombra dei cavoli», con il quale si incitavano i contadini a coltivare cavoli grandi come alberi, capaci di fare ombra.
• Dazipao, giornali murali di denuncia scritti a grandi caratteri. Ce n’erano su tutti i muri di Beida, la città universitaria di Pechino, molti li stendevano perfino a terra, nei viottoli. «Stanotte alle 10 hanno bussato alla porta. Era Li il quale ci ha chiesto se potevamo ospitarlo per un po’, doveva scrivere dei dazipao in segreto. Un quarto d’ora dopo è arrivato anche Fan con dei grandi fogli di carta e si sono messi al tavolo a scrivere daziapo l’uno contro l’altro, concordando le accuse reciproche. Fan mi ha detto che la situazione è molto grave, che loro due non sono ancora stati etichettati come elementi di destra, ma che se lo aspettano da un momento all’altro. Così hanno voluto anticipare la campagna di accuse nei loro confronti e domani affiggeranno alla mensa i dazipao scritti stanotteª
• Hutong: vicoli in terra battuta della città vecchia (Pechino). Le case non hanno finestre, i cortili interni sono separati da bassi muri grigi che ripetono all’infinito il disegno della Grande Muraglia. Quando gli hutong sono interrotti da portoni in lacca rossa, lì c’è la casa di un ricco. Dietro ogni porta un muro sbarra l’ingresso alla casa consentendo il passaggio solo a destra o a sinistra: così s’impedisce agli spiriti maligni, che si spostano solo in avanti, di entrare.
• 1986. Pisu torna nuovamente a Pechino. Tra le prime cose cercò di andare al cimitero Babaoshan, il cimitero degli eroi della Rivoluzione cinese, dove era stato sepolto pochi giorni prima il suo professore americano, Robert Winter. La guardia all’ingresso non voleva farla passare perché solo i parenti potevano andare a visitare le tombe, lei spiegò che era parente di un rivoluzionario americano sepolto lì e alla fine la guardia, pur non credendole, la lasciò passare. Stando in fila all’ingresso del Mausoleo di Mao si stava a mani vuote: tutto veniva lasciato in custodia e tenere le mai in tasca sarebbe stato giudicato irrispettoso. Una voce da un altoparlante continuava a ripetere: «Non fumate, non mangiate, non fischiettate, non sputate per terra». La sala dove è esposta la mummia si chiama Sala dell’Estremo Rispetto.
• «A Shanghai, nel 1987, andai a visitare la casa dove era stato fondato, nel 1921, il Partito comunista cinese. Avevo l’indirizzo, chiedevo indicazioni, nessuno che sapesse darmele. Eppure era un monumento nazionale. Alla fine arrivai ala meta, una casa in mattoni, a due piani, in una via secondaria. Sulla porta un’iscrizione: "Qui si è tenuta la prima riunione nazionale per la fondazione del Partito comunista cinese". Nel piccolo androne semibuio, un banchetto dietro cui sedevano due donne con l’aria annoiata, in attesa di vendere il biglietto d’ingresso, che costava solo 10 centesimi di yuan, cioé 25 lire, un prezzo popolarissimo in una città dove allora le pere costavano otto yuan al chilo. Visitai in assoluta solitudine la saletta al pianterreno, riarredata con mobili d’epoca, dove dal 13 al 30 luglio del 1921 tredici uomini fondarono segretamente il grande partito. La casa in cui si svolse questa storica riunione, mi spiegò una delle due donne che si era alzata contrariata a farmi da guida, apparteneva a uno dei fondatori, un certo Li Hanjun, gli altri dodici non ricordava come si chiamassero. Mao non c’era, pare fosse stato invitato, che fosse venuto fino a Shanghai apposta per partecipare a quella riunione, ma non fosse mai arrivato in quella casa. In seguito raccontò di non essere riuscito a raccapezzarsi nel dedalo di vie della grande città».
• Nel 1957 Renata Pisu va in Cina per la prima volta, per studiare il cinese all’Università di Pechino. A quel tempo piazza Tiananmen (lei lo scrive proprio così, ndr) non c’era ancora: era un immenso spiazzo davanti alla Porta della Pace Celeste dell’antico Palazzo Imperiale, stavano costruendo due grandi edifici: il Museo della Rivoluzione e l’Assemblea del Popolo, divisi in tre turni, migliaia di operai lavoravano notte e giorno alla luce di potenti riflettori.
• Ma: monosillabo cinese che cambia significato con l’intonazione: lungo, la voce che segue come una linea retta, significa mamma, acuto, con la voce che si impenna, significa canapa, modulato significa cavallo, breve è una particella interrogativa.
• Le bigliettaie sugli autobus sempre affollati incitavano i passeggeri «Comprate il biglietto compagni!». Risciò: i sovietici avevano l’ordine dell’ambasciata di non prendere mai il risciò, perché «non era da comunisti farsi portare a gambe da un altro comunista».
• A un certo punto a tutti gli stranieri è stato assegnato un "amico/a cinese" ufficiale. La scusa per affidare Renata Pisu a "un’amica cinese" era che questa avrebbe potuto aiutarla nella lettura di testi in lingua classica. Poiché la ragazza non conosceva il cinese classico e le propose invece di leggere testi di Mao, Renata andò a farsene assegnare un’altra.
• Renata Pisu lascia la Cina nel dicembre del 1961. E’ stata una decisione difficile, e per anni ha avuto lo stesso incubo: lei che si affannava per partire e loro che non le concedono il visto. Dovette davvero aggirarsi per molti uffici, parlare con molti dirigenti del Partito comunista cinese che volevano convincerla a restare, ma alla fine riuscì a partire.
• 1974: Renata Pisu torna in Cina per un breve viaggio e visita quelle che sono state definite Le Catacombe del XX secolo: 270 chilometri di cunicoli scarsamente areati, ogni tanto una piazzola o un’infermeria o una mensa, che sarebbero dovuti servire come rifugio antiatomico in caso di attacco sovietico. E’ in corso una durissima campagna di repressione, nelle librerie solo testi di Mao. La campagna si chiama Pi Lin Pi Kong (Criticare Lin Biao, Criticare Confucio). La purga era feroce, sui dazipao si leggevano i nomi dei condannati a morte.