Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 22 ottobre 2005
Emuntori - Per più di un secolo la scienza medica si basò sugli studi dei sistemi ghiandolari condotti nel Settecento da Théophile de Bordeu
• Emuntori. Per più di un secolo la scienza medica si basò sugli studi dei sistemi ghiandolari condotti nel Settecento da Théophile de Bordeu. Primo fondamento: ogni organo umano esala un odore specifico attraverso gli emuntori, in tutto sette, "il cuoio capelluto, le ascelle, gli intestini, la vescica, le vie spermatiche, gli inguini, gli interstizi tra le dita dei piedi". L’intensità degli effluvi è sintomo di vigore dell’individuo. In particolare l’odore acre e fetido del maschio villoso, dovuto al rifluire del seme nel sangue e negli organi, non deve ripugnare e si differenziava dagli altri umori per non variare mai (cosiddetta aura seminalis) (Brieude, Memoria sugli odori da noi esalati, visti come sintomi di salute e malattia, 1789).
• Traspirazione. L’odore delle donne invece cambia nel tempo: "La loro fibra lassa e scarsamente esercitata non fa allora che attenuare l’agrore dell’infanzia, conferendo alla traspirazione un odore scipitamente dolciastro" (Brieude).
• Mestruo. Per Bordeu la secrezione mestruale non è una mera pletora sanguigna, ma spurgo di umori. Da qui la credenza del potere putrefattivo dei mestrui, capace di rovinare le salse o guastare le carni salate.
• Igiene. Sconsigliate l’igiene e la deodorizzazione, perché compromettono la salute degli uomini vigorosi e odoriferi, nonché indebolimento del desiderio sessuale: "L’aura seminalis si conserva meglio negli individui poco curati e che non perdono tempo e linfa a nettarsi" (Bordeu).
• Alimentazione. Per Brieude l’alimentazione a base di carne favorisce l’emanazione di cattivi odori: infatti gli odori dei campagnoli sono meno viziati di quelli dei cittadini, perché hanno maggiore attinenza con la natura vegetale
• Passioni. Corollario dell’osfresiologia: le passioni condizionano gli odori personali. Chi è triste perde il proprio odore, la putrefazione accelerata della bile conferisce fiato pesante alle persone incollerite, il terrore rende nauseabonda la traspirazione delle ascelle e insopportabile il lezzo di flatulenze ed escrementi. Questo principio convalidava anche la credenza del profumo dei santi: in vita Santa Trevera olezzava di rosa, giglio e incenso, Santa Rosa di rosa, San Gaetano di arancio, Santa Caterina di violetta, Santa Teresa d’Avila di gelsomino e iris, Santa Lydwine di cannella. Solo da morti Madeleine de Bazzi, Santo Stefano di Muret, San Filippo Neri, San Francesco Olimpo, esalavano profumi soavi.
• Diagnosi. La diagnosi del medico iniziava da un’analisi olfattiva: "Ogni giorno è dato notare, dalla medicazione delle piaghe, e persino da ogni suppurazione cutanea, che se un malato è stato preda di passioni violente, se si è dedicato a esercizi troppo intensi o troppo prolungati, se segue un regime inadatto, se soprattutto abusa di liquori forti, se ingurgita alimenti acidi, salati o affumicati, se abita in luoghi dove l’aria è infetta o paludosa" (Brieude).
• Esperienza. "I sanitari esercitati distinguono perfettamente l’odore che emana da ulcere complicate da cancrena, l’odore particolare dei tisici, delle persone affette da dissenteria, febbri tifoidee e maligne; e quel sentore di topo che è proprio delle febbri ospedaliere e carcerarie" (H. A. P. A. Kirwan, De l’odorat et de l’influence des odeurs sur l’économie animale, Parigi, 1808).
• Cure. Rimedio terapeutico del Settecento alla insufficiente animalità del malato, trascorrere la giornata in una stalla piena di giovani animali. In alternativa Capivaccius aveva prescritto a un giovane aristocratico affetto da languore di stare a letto, ma a contatto di fanciulle nude. Medici più anziani consigliavano l’aria emanante dai corpi dei bambini.
• Pregiudizi. Nel 1780 il chimico Ingenhousz pubblicò i risultati di un suo esperimento, consistito nell’immergere in una vasca una ragazza di diciannove anni: constatò che l’aria emanata non era meno nociva di quella delle proprie ascelle e che la virtù terapeutica dell’aria giovane era solo un pregiudizio. Jurine (Memoria sui vantaggi che la medicina può ricavare dagli eudiometri, 1789), affinò l’analisi reiterando esperimenti sui ragazzi dai dieci ai diciannove anni, su uomini dai trentasei ai sessantasei e su una donna di quaranta. In Italia il canonico Gattoni, discepolo di Volta, pagava giovani mendicanti per chiuderli stretti stretti "fino a’ lombi" in grossi sacchi di cuoio, e immergerli fino allo stomaco nell’acqua tiepida di una tinozza sotto un grosso imbuto destinato a raccogliere l’aria chiusa nel sacco, allo scopo di analizzare l’aria con un idrometro.
• Etichetta. Alla corte di Luigi XV l’etichetta prescriveva ogni giorno un odore diverso. I preferiti erano l’acqua di rosa, la viola, il timo, la lavanda, il rosmarino e l’acqua "della marescialla", miscuglio di iris, garofano, lavanda, rosa, arancio e maggiorana, ricetta inventata dalla marescialla d’Aumont.
• Navi. Tra i precetti di igiene a bordo delle navi impartiti dal visconte di Morogues, nel Settecento, lanciare spesso l’ordine "ai posti di combattimento!", al solo scopo di far prendere aria ai panni dei marinai.
• Pazzi. Il risanamento dei luoghi di reclusione avviato nell’Ottocento in Francia prevedeva la deodorizzazione mediante ventilazione e una disciplina defecatoria. In particolare le prescrizioni di Girard de Cailleux agli infermieri, di imporre ai pazzi di dedicarsi notte e giorno, a un’ora prestabilita, al braccio di ferro, per indurre il ricoverato a dar sollievo al ventre nel luogo e nel momento stabilito: "Per quanto riguarda la frequentazione dei gabinetti, l’alienato, proprio per il fatto di essere privo di ragione, può essere sottoposto, nel caso che si renda colpevole di insudiciamento, a una repressione che non potrebbe venire imposta ai normali ospiti di istituzioni pubbliche". D’altra parte l’ingegner Trotté de la Roche, nel 1822, segnalava che spesso i carcerati non si recavano nelle latrine di notte, con la conseguenza che l’urina, invece di essere incanalata nell’acquedotto, ristagnava sul piancito e penetrava nel legno.