Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 22 gennaio 2001
La Bse, o encefalopatia spongiforme bovina, è una malattia che causa demenza nei bovini (da ciò ”mucca pazza”)
• La Bse, o encefalopatia spongiforme bovina, è una malattia che causa demenza nei bovini (da ciò ”mucca pazza”). Dal 1986 si è diffusa fra quelli inglesi a causa di mangimi contenenti farine ottenute da carcasse di animali triturate. La versione umana si chiama ”variante di Creutzfeldt-Jacob”, ma si tratta di un errore, visto che non c’è nessun rapporto con la Creutzfeldt-Jacob, malattia degenerativa umana.
• Le prime tracce del morbo della mucca pazza risalgono al 1732 e portano alle pecore di un tale Robert Bakewell, allevatore del Suffolk. Al tempo si facevano accoppiare le pecore migliori con i loro discendenti, avendo scoperto che in tal modo la razza migliorava. Le pecore, però, da vecchie diventavano lunatiche: aggressive, antisociali, incespicanti e capaci di ferirsi a sangue a furia di grattarsi. Nonostante si pensasse fosse dovuta a un microbo, la malattia, chiamata scrapie, resisteva a ogni forma di sterilizzazione. Nel 1932 un veterinario, provando un vaccino tratto dal cervello di pecora, ne provocò un’epidemia. Negli anni ’60 un medico americano, visitando il Wellcome Museum di medicina a Londra, guardando le foto dei cervelli di pecore morte di scrapie, scoprì che somigliavano a quelli che aveva visto a Papua, Nuova Guinea. Erano i cervelli di indigeni colpiti dal ”kuru”, prima causa di morte tra le donne della tribù Fore. «Ne uccideva talmente tante che per ogni tre maschi di quella comunità era rimasta una sola femmina».
• L’epidemia è esplosa in Gran Bretagna quando la scrapie è passata dalle pecore alle mucche. Nei primi anni ’80 vennero introdotti nuovi metodi di produzione delle farine animali per allevamento (per cui s’usavano carcasse di pecora), riducendo le temperature e la durata della sterilizzazione. I prioni, non più distrutti, entrarono così nella catena alimentare umana.
• Nel sito ”Il barbiere della sera” un anonimo sostiene che «La Thatcher, per risparmiare energia, fece abbassare le temperature dei forni dove si bruciavano le pecore morte. Così, mentre prima lo scrapie veniva eliminato dalle alte temperature, con la ”temperatura Thatcher” lo scrapie sopravvisse passando così nelle farine animali e quindi generando la mucca pazza».
• La malattia non si trasmette a causa di un virus o di un batterio. L’ipotesi prevalente è che a causare le encefalopatie spongiformi sia una particella proteica infettiva, il prione. La proteina prionica infettiva, che si accumula sotto forma di placche nel cervello, non è espressione di un gene ma della replicazione alterata di una proteina normale presente in molti tipi di cellule, fra cui i neuroni, sia negli animali che nell’uomo. Non si conosce il meccanismo che fa ammalare una proteina sana quando questa entra in contatto con il prione. Si sospetta che vi sia un agente promotore, forse un virus.
• Le probabilità di ammalarsi di ”mucca pazza” sono una su 4.402.985. Probabilità di morte per altre cause: cancro o infarto, una su 4; vecchiaia, 1 su 97; avvelenamento, 1 su 3.060; incidente, 1 su 15.860; incidente aereo, 1 su 20.000; Aids, 1 su 23.600; impatto di meteorite, 1 su 25.000; arrampicandosi in montagna, 1 su 250.000; facendo canoa tra le rapide, 1 su 2.000.000; fulmine, 1 su 15.000.000 (dalla ricerca del dottor Peter Marsh del Social Issues Research Center di Oxford).
• I test sono in grado di rilevare la malattia nel cervello del bovino solo in presenza di grandi quantità di prione. I kit vengono prodotti da tre aziende, una svizzera, una francese e una irlandese. Il test più sensibile è il francese. L’Italia usa quello svizzero, si chiama ”Prionics” e costa 120 mila lire, interamente a carico dello Stato.
• Le mucche da latte anziane sono le più esposte ai rischi di contagio da Bse perché vivono a lungo, a differenza di quelle da carne, che vengono macellate giovani. Sono a rischio per il grande fabbisogno energetico richiesto dai parti e dalla produzione di latte (40 litri al giorno) che spinge gli allevatori a dar loro mangimi altamente nutrienti, come quelli a base di farine animali.
• Una mucca da latte vale da 3 a 4,5 milioni, a seconda dell’età e dei parti che ha avuto. Nella sua vita, una vacca da latte ne produce per un valore di 30 milioni. Una mucca a fine carriera valeva, a peso vivo, circa 1 milione di lire: ora ne vale 200 mila. Il rimborso minimo previsto dalla Comunità europa per ogni capo abbattuto è di 560 mila lire, il massimo 1 milione e 100 mila (70 per cento a carico Ue, il resto lo mette lo Stato). Per abbattere 100 mila capi si spendono circa 144 miliardi. I capi italiani da sottoporre a test anti Bse sono circa 800 mila. Nei 227 mila allevamenti italiani vivono 7 milioni e 300 mila bovini (1.963.870 in Lombardia).
• Le mucche da abbattere vengono caricate su un camion a due piani con rimorchio, capace di ospitare 35 capi. Per evitare crisi di terrore, agli animali viene iniettato un sedativo. Giunte in un macello appositamente destinato all’abbattimento degli animali malati (e perciò disinfettato a fondo ogni giorno), le mucche sono spinte in un corridoio che porta alla ”camera della morte”, un recinto dove restano ammassate in attesa dell’esecuzione. Una per volta le mucche entrano in un’area dove viene loro sparato in testa con una pistola a proiettile ”captivo”, cioè prigioniero, una specie di punteruolo che trapassa l’osso frontale e trafigge il cervello. L’animale crolla a terra su un piano basculante concavo chiamato ”culla”, che lo rovescia e lo solleva, in modo che possa essere appeso per le zampe posteriori. Visto che la bestia non è del tutto morta, un addetto le recide carotide e giugulare. Un fiotto di sangue si rovescia a terra, gli altri animali in attesa ne avvertono l’odore e iniziano a muggire folli di terrore. Dalla carcassa, squartata e eviscerata, si asporta la testa. Il resto viene bruciato in un forno, tipo ”Sardigna”, che distrugge rapidamente carcasse dai 400 ai 700 chili.
• Sofferenze degli animali d’allevamento: i maiali, molto stressati (gli tolgono i denti perché non si feriscano durante i combattimenti), mangiano soprattutto cereali ma sono afflitti dalla diarrea (ricevono perciò pesanti dosi di antibiotici). Uccisi con la corrente elettrica (sistema relativamente indolore), durante il trasporto verso il mattatoio soffrono molto. Mucche: i vitelli vengono separati dalle madri alla nascita e allevati artificialmente al chiuso e in spazi angusti. Salmoni: vivono in 250 mila in vasche lunghe 100 metri e profonde tre, combattendo per sopravvivere. A causa dell’affollamento, impazziscono e prendono a nuotare in cerchio, si stressano ogni volta che vengono maneggiati. Galline: gli animali più maltrattati, vivono in gabbie ad altissima densità, subiscono danni ossei e hanno problemi respiratori, il 25 per cento di loro passa un quarto della vita nel panico.
• La mucca 103 era nata il 5 settembre 1994, viveva nella stalla di Mario Greci con una figlia, una nipote e altre 180 compagne. Era una mucca da latte, all’età di sei anni si poteva paragonarla ad una cinquantenne umana e avrebbe quindi potuto vivere ancora a lungo. Lo scorso 3 gennaio, però, l’ultimo parto le è stato fatale: visto che non migliorava, l’allevatore ha deciso di avviarla al macello.
• L’allevatore Mario Greci a proposito della 103: «Era la vacca più bella che avevo nella stalla. Non avrei voluto sacrificarla, ma stavo per splafonare (superare il consentito ndr) di nuovo la quota latte». La mucca zoppicava, cosa che è stata ritenuta sintomo di Bse, ma per Greci era solo colpa di suo figlio che le aveva limato troppo le unghie, tanto che aveva ancora le zampe fasciate. « salita da sola, con le sue zampe, sul camion che la portava al mattatoio».