Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1999  settembre 20 Lunedì calendario

Il 14 settembre le Generali (Cuccia) hanno lanciato un’offerta pubblica di acquisto e di scambio (Opas) sul 100% dell’Ina

• Il 14 settembre le Generali (Cuccia) hanno lanciato un’offerta pubblica di acquisto e di scambio (Opas) sul 100% dell’Ina. L’offerta ha un valore complessivo di 23.800 miliardi, l’obiettivo minimo è il 34% del capitale (esecuzione entro gennaio 2000). Intento dell’operazione: creare un polo assicurativo da 80mila miliardi di lire di premi consolidati rafforzando il terzo posto in Europa dietro Axa e Allianz. Se l’operazione andasse a buon fine le Generali diventerebbero inoltre più difficilmente scalabili (nelle scorse settimane era parso imminente un attacco dei francesi dell’Axa).
• Secondo ”Repubblica” l’operazione «ha aspetti quasi comici per un paese serio». «Se dovesse andare in porto, infatti, dentro la Galassia di Mediobanca ci sarebbe di fatto tutto il mondo assicurativo italiano: Generali, Fondiaria, Sai, Alleanza, e infine Ina. Fuori rimarrebbe solo la Ras del gruppo tedesco Allianz. E poi, certo, piccole compagnie (come la Toro della Fiat), bruscolini rispetto all’incredibile massa di attività assicurative concentrata intorno alle Generali e dentro la Galassia di Cuccia. Di fatto, fuori da quel giro non ci sarebbe più una sola compagnia italiana di un certo peso. E quindi, almeno per quanto riguarda le polizze, il ”capitalismo a una dimensione” sarebbe pienamente realizzato: niente al di fuori di Mediobanca. [...] come se a Pavia decidessero che ci deve essere un unico panettiere».
• Ciò che in Italia a molti fa storcere il naso è esattamente ciò che sul mercato di Londra ha reso tutti entusiasti, cioè il suo carattere ostile. proprio questa caratteristica infatti a venire considerata una conferma della «nuova atmosfera» che dall’inizio dell’anno «spira finalmente anche sui mercati finanziari italiani».
• Bisognerebbe spiegare a chi lancia urla isteriche, come i fan di ”Repubblica”, «che non si può sostenere per anni la bontà del mercato e delle sue potenzialità e poi, quando il mercato si muove, lanciare anatemi contro chi assume iniziative solo perché non è ossequioso verso alcuni santoni dell’informazione che col tempo si sono trasformati in veri e propri gruppi di pressione [...] Per una vita intera quasi tutti hanno criticato il sodalizio oppressivo Cuccia-Agnelli e ora che quel sodalizio si è rotto perché gridare allo scandalo?».
• Prima dell’Opas di Generali, Sanpaolo-Imi (Agnelli) era in trattativa per l’acquisto dell’Ina. Secondo la maggior parte degli analisti l’offerta di Generali è così allettante che lanciare una contro-Opa sull’Ina sarebbe troppo costoso. Al momento non si vede il ”cavaliere bianco” che possa venire dall’estero in soccorso del Sanpaolo (Axa?). Alternativa pacifista: lasciare che le Generali comprino Ina per farsi poi vendere il Banco di Napoli (il gruppo di Trieste diminuirebbe i debiti fatti per l’Opa, Sanpaolo comprerebbe la banca ad un ottimo prezzo, sicuramente inferiore a quello che avrebbe dovuto spendere prendendo tutta l’Ina).
• In teoria è possibile un’Opa su Generali. Sanpaolo-Imi avrebbe comunque bisogno di un sostegno finanziario esterno non indifferente (bisognerebbe arrivare almeno a 75 mila miliardi) e dell’autorizzazione di Bankitalia. E un’Opa su Mediobanca (’padrona” di Generali)? La banca d’affari è controllata da un patto di sindacato che detiene un po’ meno del 50%, ma Cuccia potrebbe disporre di «una potenza di fuoco pressoché illimitata». Ancora: la famiglia Agnelli potrebbe rispondere cercando di svuotare la cassaforte di via Filodrammatici, possibili prede Olivetti o Compart Montedison (che potrebbero anche unirsi in Olimont). Per molti si tratterebbe di una follia perché l’Opa a cascata su Tecnost e Telecom sarebbe costosissima.
• Gianni Agnelli sta perdendo la corona di re del capitalismo italiano. «Passi che il fratello Umberto, per far quadrare i bilanci della Juventus, gli vende il centravanti Vieri senza dirgli nulla. Passi pure che la Ferrari non sia più capace di vincere un campionato del mondo. E passi infine che gli svedesi della Volvo abbiano preferito gli americani della Ford ai torinesi che pure offrivano 25 mila miliardi di lire [...] Ma che il Leone di Trieste, spronato da un signore di 92 anni come il banchiere Enrico Cuccia, salti i recinti e invada i suoi territori mandando all’aria con una zampata feroce l’intesa amichevole tra il Sanpaolo-Imi e l’Ina, questo è davvero troppo» (Massimo Mucchetti).
•  un fatto che nelle ultime grandi operazioni che hanno infiammato la scena finanziaria italiana Cuccia e gli Agnelli si sono sempre trovati su fronti opposti. «L’Opas di Generali sull’Ina è solo l’ultimo tassello di un grande mosaico in movimento, dove nascono nuove alleanze e si suggella la fine di alcune storiche. Solo sei mesi fa, l’equinozio di primavera sembrava aver segnato la fine di Enrico Cuccia e della stessa Mediobanca. Nel giro di ventiquattr’ore UniCredit e Sanpaolo-Imi avevano lanciato due Ops, rispettivamente su Comit e Banca di Roma, che avrebbero terremotato i delicati equilibri su cui si regge Mediobanca dopo la semi-privatizzazione degli anni Ottanta. Si ventilava già la spartizione delle sontuose spoglie di via Filodrammatici fino a ipotizzare Generali nell’orbita degli Agnelli. Ma la storia da aprile in poi ha preso tutt’altra piega [...] Cuccia, anche sotto una pressione ostile fino a oggi sconosciuta nei confronti di Mediobanca, ha cominciato a risalire la china, colpo su colpo, mandando in soffitta la tradizione che lo voleva tutore di poche grandi famiglie» (Aldo Bernacchi).
• Torino non ha, probabilmente, la forza di opporsi all’azione normalizzatrice di Mediobanca e delle Generali. «Via Filodrammatici oggi vince in parte perché non c’è nessuno che abbia una massa critica sufficiente per organizzare un’opposizione. Ma Mediobanca vince, anche e soprattutto, perché l’intero sistema istituzionale (dal potere politico alla Banca d’Italia) è schierato da una parte, quella di Mediobanca» (Giuseppe Turani).
• Se Massimo D’Alema accettasse consigli, il migliore da dargli sarebbe: «Maneggiare con cura». «Dopo l’interventismo degli anni Ottanta con Palazzo Chigi crocevia di tutti gli affari, si era assistito a una presa di distanza, anche per lo sbandamento post Tangentopoli. Finché D’Alema ha rivendicato, anche giustamente, il primato della politica, il che, combinato con l’innata passione per potere e poteri, lo ha indotto a eccedere in prese di posizione in tutte le grandi partite [...] Che il capo di un governo voglia razionalizzare il sistema Italia, dare un indirizzo a economia e finanza non è scandaloso. Il problema è: come lo fa? Se è veritiera la ricostruzione che il premier ha fornito, Enrico Cuccia sarebbe salito a Palazzo Chigi prospettando un attacco alle Generali del colosso francese Axa: da qui la necessità di irrobustire il gruppo di Trieste attraverso la conquista dell’Ina. Ma poiché con l’Ina sta trattando anche il Sanpaolo-Imi (suo secondo azionista dopo il Tesoro), avrebbe aggiunto Cuccia, diamo a questi il Banco di Napoli e la Bnl all’Unicredito. Un piano multiuso [...] E benedizione dalemiana: ”Sono le soluzioni più razionali”». [...] «Vengono spontanee un paio di domande. Prima: il premier ha sentito anche le altre parti in causa? Seconda: perché nelle stesse ore in cui il risiko prendeva forma D’Alema ha avvertito la necessità di elogiare solennemente Cuccia e riservare a Giovanni Agnelli una dura reprimenda (’Con lui ci sono dissensi espliciti”, 5 settembre, festa dell’Unità)? Non sa, il capo del governo, che per aspirare davvero alle grandi mediazioni la prima dote è di essere affidabili, autorevoli e informati per tutte le parti in causa?».
• Questa volta la Fiat non può permettersi di stare a guardare. «Se gli Agnelli decidessero di porgere l’altra guancia, di consentire l’isolamento del Sanpaolo di Torino e dunque dell’Ifil, subirebbero una sconfitta storica. A quel punto la voracità di Mediobanca potrebbe arrivare fino alla conquista del ”Corriere della Sera”. Qualche avvisaglia c’è già stata. E tutti sanno che la Gemina di Cesare Romiti, alleata a Mediobanca e alle Generali, avrebbe la forza di prendersi il ”Corsera”» (Bruno Perini).
• «Messo implacabilmente alla porta Romiti con un anno d’anticipo rispetto alle possibilità offerte dallo statuto e con scelta per lui quasi inattesa, ma soprattutto messo alla porta subito dopo la condanna per falso in bilancio, in Cuccia deve essere nato un sentimento misto di delusione e di rabbia. Rabbia, raccontano, per l’ingratitudine verso il manager a lui più legato. Da qui la scelta, condivisa ed elaborata insieme, di gestire l’uscita dell’ex presidente della Fiat facendo pagare agli Agnelli il prezzo altissimo di alcune partecipazioni chiave, come quella in Gemina e in Hdp, sì da costituire non solo la base per un nuovo gruppo Romiti, ma anche le premesse per far calare il peso politico di Torino, privando la Fiat del potere assoluto di nomina del direttore del ”Corriere della Sera”» (Paolo Panerai).
• La Hdp capitalizza circa 2.800 miliardi, ma il gioiello che contiene, il ”Corriere della Sera”, da solo li vale tutti. Da un editoriale di ”Panorama” del 18 febbraio scorso, intitolato ”If”: «La holding Hdp, che nasce dalle rovine della vecchia Gemina, è governata da un patto di sindacato i cui membri non marciano in sintonia. C’è la Fiat, che con il 15% resta il primo azionista [...] C’è la Mediobanca, che controlla poco più del 10 [...] Infine c’è lui, Romiti, nella doppia veste di azionista al 3 per cento e presidente Rcs [...] Se, e sottilineiamo se, un raider, ma ancor più un qualche colosso dell’editoria, volesse entrare sul mercato italiano, l’occasione sarebbe dunque ghiotta. In più, il prezzo di un’Opa totalitaria sul capitale dell’Hdp sarebbe poca cosa». Renzo Rosati su ”Panorama” del 26 agosto: «L’enigma è soprattutto finanziario. Tutti i soci del sindacato hanno approvato il passaggio pro quota entro settembre dal 43 al 46 per cento. Contemporaneamente la Gemina, di cui Romiti è l’azionista forte, ha iniziato a esercitare l’opzione su azioni Fiat e Mediobanca per salire entro il 2000 da al 3 al 9 per cento: è al 4,2. Tenendo conto del 3 per cento a testa che gli Agnelli ed Enrico Cuccia cederanno, la Fiat si troverà con il 9 per cento contro il 18 Mediobanca-Gemina. Non è precisamente quel ”noi avremo sempre un voto in più” che l’Avvocato ama ripetere. Anche perché con le quote non sindacate (e segrete) già ora la Mediobanca supera la Fiat di una spanna».