Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 26 febbraio 2001
La casa color salmone dei De Nardo
• La casa color salmone dei De Nardo. Una villa color salmone in via Lodolino, zona residenziale di Novi Ligure, Alessandria, costruita nel 1991, circondata da un giardinetto con siepi alte, una magnolia, tendoni da sole a righe beige e nocciola. Due piani di sessantacinque metri quadri ciascuno, più quaranta di mansarda, tavernetta, lavanderia e garage doppio. Ampio salone, cucina quattro metri per quattro stile retrò, sedie impagliate e ripiano in legno a forma di ”L” che corre lungo una parete e mezza, di fronte uno dei due bagni (quello con la doccia) scala con pavimento piastrellato, due rampe larghe quasi un metro, camera da letto matrimoniale, due più piccole una accanto all’altra, bagno con vasca e specchi.
• La famiglia. Francesco De Nardo, originario di Maida, provincia di Catanzaro, s’era trasferito a Novi Ligure coi genitori e la sorella Gina. Laureato a Genova in ingegneria chimica, era entrato alla Pernigotti come impiegato ed era poi diventato direttore dello stabilimento. Un fidanzamento di dieci anni con Susy Cassini prima di sposarla, una casa in montagna a Monginevro, appassionato di pallavolo, calcetto e sci. Susy Cassini, carattere forte, molto cattolica, aveva lasciato il lavoro per stare coi figli e da un po’ litigava con Erika, perché era preoccupata dei suoi studi, delle sue compagnie eccetera. Gianluca, 12 anni, moro, bravo a scuola e a calcio, chierichetto alla chiesa della Pieve. Erika, 16 anni, caschetto castano chiaro con riflessi biondi, intelligente, brillante, appassionata di pallavolo e kickboxing, ottima padronanza dell’inglese e qualche amico a Londra, fan dei Lùnapop, considerata ribelle, iscritta al terzo anno all’istituto privato San Giorgio, uno dei più esclusivi di Novi, dopo due anni di liceo scientifico.
• I due fidanzatini s’erano conosciuti tra le giostre durante la festa di Santa Caterina. Mauro Fasaro detto Omar, 17 anni, bella faccia, fisico asciutto, un metro e settanta, capelli castani, figlio di un barista e di una casalinga, timido, silenzioso, conosce Erika all’inizio di ottobre, nel centro di Novi. Era la festa di Santa Caterina, molto popolare in città. «Nell’ex caserma San Giorgio si piazzano le giostre e i banchetti del tiro a segno. Bionda, snella, carina, lei; lui robusto, serio, all’apparenza molto più adulto. Sono arrivati con i rispettivi gruppi di amici». Il loro rapporto diventa subito molto stretto, secondo il padre di Omar «un po’ morboso». Un amico: «A volte sembrava che, a loro due, tutti gli altri facessero schifo». «Erika e Omar sembrano diversi, per tante cose. Omar vive in una modesta palazzina giallastra, anche se la famiglia è benestante perché il papà gestisce un bar di successo. Erika vive invece in una bella villetta, e il padre è ingegnere, direttore di stabilimento. Omar frequenta l’istituto Itis ”Volta”, per periti meccanici ed elettronici, Erika una scuola privata cattolica, la San Giorgio. Ma dopo questo, ecco altre cose che uniscono. Omar sta andando male a scuola, senza una ragione apparente. Ed Erika pure, tanto che si è appena trasferita alla San Giorgio da un liceo scientifico. Omar ha avuto amici che - così lasceranno poi capire gli inquirenti - hanno avuto piccoli guai con le droghe; ed Erika anche».
• Il tema di Gianluca. «La compagna che mi piace di più è mia sorella Erika. Ha sedici anni e vive con me e con la mia famiglia a Novi Ligure. molto alta ed è magra come uno stecchino. di carnagione chiara, ha il viso liscio con un piccolo e sottile naso (non come quello di pinocchio). Gli occhi neri, molto brillanti; la bocca piccola e rossa come una rosa e i capelli neri (...). La voce è molto dolce, solo quando urla diventa un po’ roca. Veste abbigliamenti moderni come jeans e le felpe dei Rap. (...) Erika è una studentessa molto brava e un po’ la invidio, frequenta la III geometra. Vive con me, con mia mamma Susy e con mio papà Francesco. Siamo una famiglia che sta bene. A casa si comporta bene, certe volte è un po’ scontrosa come un Bull dog ed ha un importante ruolo in famiglia. Ad esempio nei discorsi dei miei genitori, soprattutto quelli riguardanti i viaggi, essa deve essere sempre presente perché si deve regolare i giorni che stanno per poi andarlo a dire alla compagnia, che frequenta ogni giorno. Ha un carattere umile, calmo ed educato come quello di un ”Angelo” (...). Erika ha solo un difetto, quello di essere un po’ troppo scontrosa con le persone che la fanno arrabbiare (...). Erika, avendo un carattere umile prova tenerezza per i bambini ammalati. Infatti è andata in un centro a Tortona dove si trovano i bambini ammalati (...). Anch’io condivido i suoi sentimenti (...). Le voglio tanto bene».
• Erika De Nardo s’era fatta beccare la sera stessa del delitto. Alle 21 e 15 di venerdì 23 Erika è stata accusata di omicidio volontario plurimo aggravato insieme al suo fidanzato Omar per aver ammazzato a coltellate, mercoledì sera, la madre Susy e il fratello Gianluca. La storia che lei aveva inventato (due sconosciuti, «uno di 40 anni con la barba bianca e uno giovane con lo sguardo cattivo», entrati in casa per rubare, che le avevano accoltellato la madre sotto gli occhi mentre lei fuggiva passando per il garage), non aveva convinto i carabinieri, che avevano messo sotto controllo il suo cellulare quella sera stessa. Telefonata fatta al suo fidanzato poche ore dopo l’omicidio: «Non ti preoccupare, stai tranquillo, non ci prenderanno, ce la facciamo. Io sono l’unica testimone».
• Il sopralluogo nella villa e le chiacchiere dentro la caserma. I sospetti degli investigatori sono diventati indizi poco dopo l’ultimo sopralluogo, due giorni dopo il delitto. Intorno a mezzogiorno di venerdì la polizia porta Erika e Omar nella villa, le fa ripetere la ricostruzione e la filma. Sperano che lei esiti, che si tradisca con qualche occhiata al fidanzato, ma lei ripete lucida e tranquilla la sua storia. Intorno all’una e venti i due fidanzati vengono portati in caserma per stendere il verbale: li lasciano soli in una stanza disseminata di microspie e loro si tradiscono con mezze frasi e atteggiamenti da complici. Alle 16, il procuratore della repubblica di Alessandria, Carlo Carlesi annuncia che «il caso è chiuso» e passa l’inchiesta ai giudici per i minori di Torino, che nella serata ordinano il fermo. «A tarda notte, dopo molte ore di interrogatorio, Omar, il primo a parlare, dice: ” stata lei”. Dopo tocca a Erika. Che agli investigatori ribatte: ” stato Omar”». Nella giornata di sabato, Omar continua a negare ”ogni coinvolgimento nella vicenda”: a uccidere sarebbe stata solo Erika, lui sapeva ma ha taciuto per proteggerla.
• Alcune stranezze sulla scena del delitto e nella ricostruzione fatta da Erika. I due cani della famiglia Nardo non hanno abbaiato agli assassini (gli esami del sangue hanno accertato che non sono stati narcotizzati). Nella casa e sul coltello non sono state trovate impronte diverse da quelle della famiglia De Nardo (peraltro era strano che gli assassini, disarmati, fossero entrati in una villa alle otto e mezza di sera). Nessun segno di effrazione a porte e finestre. Sono passati troppi minuti tra il delitto e l’allarme dato ai vicini. Il pavimento era pulito dove invece doveva esserci sangue. Erika diceva che la madre era stata colpita dalla prima coltellata sulla scala che porta al secondo piano, il corpo invece era al pianterreno, insieme al coltello (che pure doveva trovarsi al primo piano); diceva di esser corsa via a piedi nudi, ma nel corridoio sotterraneo che porta al garage (peraltro la via di fuga più difficile) non ci sono tracce di sangue, e per di più le impronte sono di uno che cammina, non di uno che fugge. Giovedì mattina ha identificato un giovane albanese che la sera prima l’aveva passata con gli amici al bowling. Sabato è stato ritrovato nella sua camera uno straccio sporco di sangue.
• Cosa hanno fatto i due fidanzatini nel pomeriggio e nella sera di mercoledì. Erika e Omar hanno passato il pomeriggio insieme. Omar dice d’aver accompagnato la fidanzata alle 19, poi di esser passato al bowling. Non è tornato a casa né prima né dopo il delitto: a un certo punto ha chiamato il padre e gli ha detto: «Una cosa terribile: hanno ammazzato la madre e il fratellino di Erika». Agli investigatori Erika dice d’aver telefonato a Omar per farlo correr da lei, ma sui tabulati Telecom non c’è traccia della telefonata.
• Una probabile ricostruzione del delitto. Nel tardo pomeriggio di mercoledì 21 Susy Cassini è andata a prendere Gianluca dal basket e l’ha accompagnato a casa, poi è andata nella palestra Gymnasium insieme con l’amica Anna, moglie di un medico, per una seduta di fitness. Alle 19 si è presentata in una tabaccheria vicino casa e ha acquistato una risma di fogli protocollo per Gianluca, «che deve studiare». Il padre Francesco De Nardo, era fuori a giocare a calcetto. In casa, «la sorella stava in camera sua pare con il fidanzatino. Il piccolo ha probabilmente aperto l’uscio di quella stanza e visto qualcosa che non doveva vedere: qualcuno parla di sesso, altri di droga». Il suo cadavere viene ritrovato nella vasca da bagno piena d’acqua e sangue, cinquantasette coltellate. La Cassini è tornata probabilmente dopo il delitto. Il suo corpo è stato ritrovato nell’atrio, quaranta coltellate.
• La prima reazione di Francesco De Nardo quando l’hanno informato che il caso era chiuso. Fissava il calendario dei carabinieri alle spalle del colonnello Tornabene che gli diceva che sua figlia aveva ucciso. Ha chiuso gli occhi, s’e appoggiato allo schienale della sedia, ha detto qualcosa a voce bassissima, s’e alzato di scatto ed è uscito».
• La reazione di Maurizio Fasaro, padre di Omar, capelli lunghi e disordinati, orecchino due braccialetti, un anello, dietro al bancone, una tazzina da caffè appena lavata tra le mani: «Il caso è chiuso? Ha detto proprio così il procuratore? Scusi l’ignoranza, ma che vuol dire il caso è chiuso?».
• Il primo caso di figli che ammazzano i familiari. «Novara, 13 novembre 1975. Doretta Graneris, 18 anni, figlia di un gommista di Vercelli, arriva poco dopo le 9 di sera nel casolare dei suoi. Con lei c’è il fidanzato, Guido Batini, 21 anni, ragioniere disoccupato, bulletto di Novara. Irrompono in casa pistole in pugno. Attorno al tavolo da pranzo ci sono il padre e la madre di Doretta, i nonni materni e il fratellino più piccolo. Batini spara. Colpisce per primi il padre e il nonno della sua fidanzata. Poi la madre e la nonna. Luigi, 11 anni, fratello di Doretta, si nasconde sotto il tavolo. Inizia a sparare la ragazza. Tre colpi a vuoto. Batini esplode altri colpi sui corpi ormai inermi. All’appello manca il piccolo Luigi e Doretta se ne accorge subito. Basta sollevare la tovaglia: ”Eccolo qui”, esclama la ragazza. Batini esplode un colpo in piena fronte. ”Li odiavo tutti”, confesserà Doretta pochi giorni dopo. ”Ho fatto l’amore per tutta la notte con il mio fidanzato. Volevamo fare la bella vita”. Doretta Graneris e Luigi Batini vengono condannati all’ergastolo. Dopo 18 anni, nel novembre del 1993, ottiene la semilibertà. Oggi lavora nel Gruppo Abele di don Ciotti. A chi le chiede di spiegare, risponde: ”Voglio essere dimenticata”».
• Gli altri casi dal 1975 ad oggi. 30 maggio 1985, Biella: Massimo Bosso, 18 anni, uccide il padre dopo un litigio, colpendolo con un tubo di ferro e poi strangolandolo. Attende poi il rientro dalla messa della madre e la uccide con lo stesso tubo. Quindi nasconde i corpi vicino al pollaio di casa e passa la sera in pizzeria con gli amici. 4 agosto 1989, Parma: Ferdinando Carretta, 27 anni, ammazza padre, madre e fratello e riesce per anni a tenere celata la strage. Tutti pensano che i Carretta siano fuggiti nei Caraibi. Soltanto nel novembre 1998, nove anni dopo, Ferdinando confessa di aver sterminato la famiglia. 16 aprile 1991, Montecchia di Crosara (Verona): Pietro Maso uccide i genitori con l’aiuto di tre amici. I ragazzi volevano darsi alla ”bella vita” con i soldi dell’eredità dei Maso. Dopo la strage, i giovani simularono un furto e trascorsero il resto della nottata in discoteca. 26 marzo 1992, Arma di Taggia (Imperia): il fidanzato di Emanuela Del Monte (15 anni), d’accordo con lei, uccide la madre della ragazza a martellate, dopo il suo rifiuto di accoglierlo in casa. I due simulano poi un omicidio compiuto dal ”mostro” che aveva già ucciso due prostitute a Sanremo. 26 dicembre 1992, Cerveteri (Roma): Giovanni Rozzi, 25 anni, uccide, con un amico tossicodipendente, il padre e la madre, ristoratori. Aveva promesso i gioielli della madre all’amico che sparò ai coniugi Rozzi mentre dormivano. 4 novembre 1994, San Michele Extra (Verona): Nadia Frigerio, 33 anni, aiutata dal fidanzato, uccide la madre strangolandola in casa e lasciando poi il corpo in un fosso a cinque chilometri di distanza. Soltanto dopo più di due mesi i due saranno accusati dell’omicidio, avvenuto per impadronirsi dell’appartamento della madre. 21 aprile 1995, Sestri Levante (Genova): Carlo Nicolini, 26 anni, uccide i genitori a colpi di fucile, poi ne dilania i corpi. 6 dicembre 1998, Giavera del Montello (Treviso): Riccardo Colombo, 33 anni, spara al fratello e alla madre perché hanno sbagliato a compilare alcune dichiarazioni dei redditi. Poi si uccide. 6 febbraio 2000, Lizzano (Cesena): trovati in un pozzo i cadaveri di genitori, moglie e figlia di Massimo Predi, 40 anni, visti per l’ultima volta in vita a metà gennaio. Sono stati uccisi a martellate. Predi, ricercato in tutta Italia, viene catturato l’11 febbraio a Bari.