Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 15 agosto 2004
Uomini, donne e bambini scrivevano fiduciosi al ”compagno” Lenin
• Uomini, donne e bambini scrivevano fiduciosi al ”compagno” Lenin. Erano lettere inviate all’ideale di riscossa che l’uomo rappresentava e erano pure lettere inviate a lui come a qualsiasi altro zar.
Ecco che si passava da discorsi di matrice politica a richieste di favori personali. Di standard c’era la struttura della corrispondenza: esaltazione del capo, dichiarazione di appartenenza, disumanizzazione dell’avversario, esposizione del caso, saluti più o meno retorici.
Pensare che Lenin potesse leggere queste lettere è chiaramente risibile. Tuttavia esse sono curiose testimonianze del fermento propositivo e della speranza che attraversavano la società russa dopo la rivoluzione.
• Tanti auguri
Il capo della sezione rurale di Efremov D. Gnidkov e i membri della commissione G. Edakov e Zurin, tutti iscritti al partito dei comunisti-bolscevichi di Efremov, addolorandosi sinceramente per la Vostra preziosa salute, inviano maledizioni ai criminali che hanno osato levare la spada su di Voi.
Giuriamo sul nostro onore e sulla coscienza rivoluzionaria che nessun criminale resterà impunito. (...) Vi auguriamo un rapido e completo ristabilimento e Vi inviamo del burro perché possiate riprenderVi.
D.Gnidkov, G.Edakov, 25/10/1918
• l’amico del fratello
Il ricordo di Vostro fratello Aleksandr, che fu mio compagno all’Università di Pietroburgo, mi consente di scriverVi questa lettera.
Sono uno scrittore, scomparso dalla scena già prima della guerra. Dopo che nel 1915 e all’inizio del 1916 condussi una campagna di stampa sui giornali americani, tornai dall’America alla mia fattoria di Orechovno, circondario di Boroven, distretto di Valdaj, governatorato di Novgorod, ove dal luglio 1917 al febbraio 1918 fui presidente della giunta per gli approvvigionamenti e presidente della giunta circondariale. Gli anni 1897-99 li trascorsi in Estremo Oriente; il 1900 in India e Mesopotamia; il 1904 in Manciuria. Conosco bene l’Estremo Oriente, l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Ho 54 anni e non appartengo a nessun partito politico. Se nell’attuale, gravoso periodo per la mia patria posso esserLe in qualche modo utile, sarei felice di servirLa, della qual cosa prego Voi, Illustre Signore, di accogliere le assicurazioni della mia perfetta stima e sincera devozione.
S.N. Syromjatnikov 19/12/1918
• Ci scrivi il corsivo di capodanno?
Stimatissimo compagno, nell’allegare alla presente un programma della rivista Tvorcestvo (La Creazione) che, lo spero, Voi approverete, come l’ha approvato il nostro organo centrale, Vi prego caldamente di non rifiutarVi di scrivere poche righe per il numero di Capodanno. Con ciò Voi darete un forte appoggio a Tvorcestvo e inciterete me a lavorare energicamente. Il programma è stato approvato dalla redazione all’unanimità, soprattutto perché lega la rivista alla vita reale, dalla quale era del tutto avulsa.
Dal momento della pubblicazione del programma, già centinaia di persone si sono abbonate alla rivista; la Vostra partecipazione ci darà decine di migliaia di abbonamenti e, soprattutto, darà saldezza e determinazione alla linea che intendiamo seguire.
Un Vostro articolo ci assicurerebbe anche un nuovo gruppo di collaboratori. Compagno, non rifiutate! Saluti comunisti (...).
K. Zlincenko, redattore capo, 30/12/1918
• Forza, vieta il denaro
(...) Il mio appello a Voi, compagno Lenin, (...) è forse un’azione impudente e indegna; ma, come socialista della vera uguaglianza e fratellanza di tutta l’umanità, io non posso tacere.(...) Nella questione finanziaria e alimentare consiste tutta la tragedia dell’attuale situazione, e queste due questioni sono indissolubilmente legate l’una all’altra. Sin dal 1917, quando tutti gli operai e gli impiegati chiedevano aumenti, cioè un miglioramento della loro situazione economica, mentre la borghesia imponeva prezzi fantastici su tutti i loro prodotti, allo scopo di rimpinzarsi le tasche al massimo, era possibile prevedere la grave situazione finanziaria della Russia.
Col passare del tempo tutto è progressivamente peggiorato, giungendo fino alla totale impossibilità di vivere nelle vecchie condizioni. Il governo degli operai e dei contadini, con l’aiuto di tutti gli elementi coscienti, deve trovare i mezzi per correggere tutte le carenze della vita. A guardare la vita a mente fredda, allora a cosa servono questi diabolici soldi, quando tutta la vita consiste nell’alimentazione, nell’abbigliamento e nell’alloggio, e solo dopo viene tutto il resto?
Come figlio di un contadino povero, io vedo benissimo che l’operaio e il contadino possono vivere felicemente senza questo retaggio borghese di vile metallo o di carta: il danaro; ma per il borghese e lo speculatore questo sarà il colpo definitivo e mortale, che porrà fine alla loro inutile vita. ”Chi non lavora non mangia”. l’ora che la Russia Sovietica, come prima repubblica socialista, prenda l’iniziativa di distruggere il danaro, questo grande male universale, sostituendolo con una determinata aliquota in natura per ogni uomo del lavoro. (...) Penso che il contadino stesso porterà la sua produzione, solo bisogna chiarirgli la vera situazione, cioè occorre che egli sappia cos’è il Regime Sovietico e la Russia e occorre ripulire la sua mente dalle menzogne che la contaminano (s’intende, parlo del contadino non cosciente che, come dicono, seppellisce i prodotti della terra, piuttosto che aiutare il Regime Sovietico).
I. A. Suprun, impiegato
alla Posta centrale di Mosca, gennaio 1919
• Rivoglio la stampatrice
Nell’ottobre del 1918, su ordine proveniente da Sasovo, è stata nazionalizzata la mia tipografia a Elat’ma, trasferita a Sasovo, posta in una rimessa sotto una tettoia e lasciata fino al gennaio 1919 (ma forse è ancora lì). Io che lavoravo nella tipografia esclusivamente per le esigenze del Regime Sovietico sono stato allontanato dal lavoro senza il preavviso previsto dalla legge e messo nella situazione del disoccupato, così come le due apprendiste e la legatrice che lavorava con me. Il decreto del comitato esecutivo distrettuale del 6 febbraio c.a., n. 455, col quale veniva nazionalizzata la tipografia, mi rifiutava sia il risarcimento per la tipografia, sia la compensazione per l’allontanamento dal lavoro senza preavviso di me stesso, delle due apprendiste e della legatrice. Io non sono un borghese: per 27 anni ho lavorato come impiegato, segretario, maestro di canto e ragioniere; mia moglie ha prestato servizio come levatrice presso l’amministrazione delle ferrovie. (...).
Non dispongo né di capitali, né di beni immobili. Nella macchina era immobilizzato tutto quanto avevo accumulato in lunghi anni. Ed ora rieccomi a zero. Mentre la tipografia è abbandonata in una rimessa di Sasovo e si arrugginisce.
La città distrettuale di Elat’ma è restata priva di tipografia per volontà del villaggio di Sasovo, e le ordinazioni debbono essere inoltrate ad altri distretti. Nonostante la Costituzione e le leggi, che tutelano le condizioni di vita e il benessere della classe operaia, quattro lavoratori vengono buttati sulla strada senza nessun preavviso.
Vedo in questo una grossa ingiustizia e Vi prego, comp. Presidente, di intervenire.
M. Fedoseev, 12/2/1919
• Molta segala
InviatiVi in regalo da Sarapul in data diciassette febbraio venti vagoni segala.
Commissario Zubov, 11/3/1919
• Mi passi a trovare?
Caro Vladimir Ilic, come va la Vostra salute? Vorremmo tanto vederVi, benché io Vi abbia visto una volta, ma le mie sorelle non Vi hanno visto.
Mi siete piaciuto molto, e mi è piaciuto molto come pronunciate i discorsi. Quella volta avete parlato a Lefortovo. Siamo evacuati dall’Ucraina, dalla città di Odessa. Un omaggio a Vostra moglie (...).
Vlaja, bambina di otto anni, 19/2/1919
• Noi vorremmo pregare il compagno Lenin, perché il compagno Lenin ci indichi la possibilità perché noi possiamo partire per l’estero, per la Romania, per organizzare là un’Armata Rossa internazionale per combattere i controrivoluzionari. Perché noi possiamo parlare le lingue romena, tedesca, magiara e russa, noi siamo due e, se andiamo col fucile, saremo soltanto due. Ma se andiamo per organizzare un’Armata Rossa internazionale, allora ben presto saremo alcune centinaia di migliaia.
Balog Franz e Georgij Hossu, soldati del 3° reggimento internazionale di fanteria di Novgorod, 18/5/1919
• Caro e amato compagno V. I. Lenin, siate buono, mobilitate i ragazzi nati nel 1904. Desidero tanto difendere il Regime Sovietico, ma non posso andarmene di casa, perché i genitori non mi lasciano. E perciò, Vi prego: mobilitate la mia classe. Se non potete farlo per tutta la Russia, fatelo almeno per il mio distretto. Io vivo nel distretto di Livny, governatorato di Orël.
Vanja Ivanov, 20/5/1919
• un domanda
Compagno Lenin, rispondete, per favore, ad una questione che mi turba da tempo: ”Può un vero comunista credere in Dio?”. Spero che risolverete presto tale questione.
G. Frejdin. Smolensk, Unione della gioventù comunista, 25/8/1919
• Duce mondiale, i soldi dove sono?
Grande duce mondiale compagno Lenin,
Io, commissario politico di un battaglione del 102° reggimento, sono un contadino poco istruito. Permettetemi nella mia istanza di comunicarVi che mi arrivano molte lagnanze dai soldati dell’Armata Rossa, che le famiglie non ricevono nessun sussidio in danaro. E ancora i soldati non ricevono lettere al fronte. E anche le famiglie dei soldati non ne ricevono.
Perciò io Vi prego al settimo congresso dei Soviet di chiarire la situazione, perché io possa andare al reparto e riferire ai soldati.
Tal Krichtunov, dicembre 1919
• la fame e altri problemi
Stimato duce, Vladimir Ilich,
La Vostra lettera è giunta alla vigilia delle elezioni ai Soviet del circondario di Bakura.
Quando io (presidente dell’assemblea) ho annunciato l’arrivo di una lettera del compagno Lenin, in cui il compagno Lenin scrive all’organizzazione circondariale del PCR che essa, che già lotta contro la distillazione dell’alcool, la speculazione, ecc., deve lottare pure contro quanti minano il potere sovietico con azioni illegali (come l’ubriachezza, la corruzione, la violenza e le persecuzioni degli indigenti) e deve deferirli al tribunale rivoluzionario, tutto l’auditorio in coro ha dichiarato: «Preghiamo il compagno Turunen di mandare a nome nostro al nostro duce compagno Lenin i saluti e i ringraziamenti dei contadini di Bakura per la lettera». Poi, quando ho spiegato che cosa aveva deciso l’ottavo Congresso dei Soviet in materia di agricoltura e che non è pensabile un miglioramento della vita dei contadini senza la ricostruzione dell’industria, delle fabbriche e degli stabilimenti, e che per raggiungere questo scopo bisogna intensificare i trasporti e avere una grossa riserva di prodotti alimentari, e in conseguenza di ciò noi dobbiamo fortemente ridurre tutti i nostri consumi di prodotti alimentari, è stata sollevata la questione: «Noi, compagno Turunen, comprendiamo bene tutto ciò, lo capiamo e non ci opponiamo. Ma come dobbiamo fare per le sementi, se ce le hanno portate via tutte?»
A questo io ho risposto che al momento giusto ci sarà tutto. Ma quando ho visto che effettivamente ci sono famiglie indigenti di 8-9 bocche, e tra queste anche famiglie di soldati dell’Armata Rossa, e che forse non daranno le sementi in tempo, che avvengono degli arbitrii (vandalismo e baccanali di funzionari sciagurati, a cui il comitato distrettuale del PCR resta indifferente), allora le convinzioni rivoluzionarie radicatesi in me nel corso di 15 anni non mi hanno dato pace e, tormentato dalla lotta vana, camminavo per notti intere da un angolo all’altro (i pidocchi mi assaltavano, e io tre-quattro volte al giorno mi toglievo la biancheria per eliminarli), e non c’era altra via d’uscita che portare tutto ciò a conoscenza del centro. Esaminata più volte la questione, l’organizzazione circondariale giunse alla ferrea decisione di mettere a conoscenza di ciò il compagno Lenin, nonostante che io personalmente abbia insistito che non dobbiamo distrarre il compagno Lenin con le nostre meschine questioni e rimostranze. Saluti comunisti.
I. P. Turunen a V.I. Lenin, 25/1/1921
• Ancora sulla fame
A nome dei contadini lavoratori, noi delegati del Congresso dei Soviet di Bogorodsk inviamo a te, duce amato del proletariato mondiale e dei contadini, il nostro saluto contadino.
(...) L’anno scorso è stato per noi un pesante anno di fame. La mano ossuta della fame ha portato via molte vite di contadini poveri e ha distrutto completamente la nostra agricoltura, mentre la fame ha influito negativamente sulla nostra industria e sui trasporti. (...).
Ora, al momento del raccolto, noi contadini, con ferma speranza in un luminoso futuro, ricostruiremo la distrutta economia della Repubblica.(...).
Lavoratori di Bogorodsk, 8/11/1922
da Lettere dei lavoratori a Lenin, Longanesi, 1970