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 2004  novembre 04 Giovedì calendario

Quand’erano a Roma, gli onorevoli di provincia si sistemavano in albergo

• Quand’erano a Roma, gli onorevoli di provincia si sistemavano in albergo. Di solito quelli di maggioranza occupavano il ”Dragoni” e il ”Tordelli” in piazza Colonna, il ”Cesari”, il ”Nazionale”, il ”Sole”, la ”Locanda del Montone”. I crispini preferivano gli alberghi tra il Pincio e Villa Borghese, nei pressi di Trinità dei Monti. I democratici lombardi si facevano vedere all’’Hotel de Rome”, al ”Milano” o alla ”Pensione Piemontese”. I clericali al ”Santa Chiara” o al ”Minerva”, sempre odorosi di canfora e cera. Giolitti, che stava in via Cavour dove occupava un appartamento al terzo piano, radunava fra Termini e Santa Maria Maggiore molti parlamentari delle sinistre. Gli alberghi più maestosi (come l’’Helvetia”, il ”Continental” e il mondano ”Quirinale”) tra via Nazionale e corso Umberto, erano frequentati dagli amici di Rudinì e Sonnino.
• Napoleone Colajanni, siciliano, deputato dell’estrema sinistra per il collegio di Castrogiovanni, professore di statistica all’università di Napoli: basso, gambe corte, il busto simile a una botticella, occhi sgranati sotto le lenti tonde. Famoso perché, quando si lasciava prendere dall’impeto del discorso, investiva l’interlocutore di piccoli sputi che sfuggivano tra i denti larghi e gialli. Il 20 dicembre 1892, prima della seduta della Camera in cui denunciò il marcio della Banca Romana, parlava fitto coi colleghi promettendo catastrofi per il governo e "nella foga del furore apocalittico, gli si commovevano le viscere, che diventavano una specie di fragorosa caverna di Eolo" (Nello Quilici).
• Carducci frequentava l’Osteria romana del ”Sor Checchino” a Santa Maria in Via, presso piazza Colonna.
• Giovanni Giolitti, deputato e ministro, con l’infittirsi degli incarichi politici ebbe sempre meno tempo per la famiglia. Col figlio più piccolo Giuseppe, che vedeva solo all’ora dei pasti, scherzava: "Tu sarai di quelli che diranno che anche l’onorevole Giolitti è un mangione. E dirai bene: perché mi vedi solo a tavola".
• Crispi abbandonò la sua prima compagna per una più giovane. Accusato di bigamia, dopo le indagini si scoprì che aveva una terza relazione, rimasta segreta.
• Sul finire dell’800 diminuirono i prezzi di cereali e prodotti vari: la canapa scese da 90 lire al quintale a 64; il lino da 1,50 a 0,80 lire al chilo; il riso da 23,27 a 18,67; il frumento da 30,13 dell’80 a 22,1 nell’85; il granoturco da 22 lire a 14. L’esportazione del bestiame aumentò fino al 1883, si ridusse nell’84 e quasi cessò negli anni successivi: il mercato su cui l’Italia vendeva di più era quello francese (nell’83 la Francia importava dall’Italia il 75 per cento del bestiame, nell’85 era passata al 2,5 per cento per via di una guerra commerciale in atto tra i due Paesi). Calarono anche i prezzi di latte (da 10 lire al quintale nell’83 a 8 negli anni successivi), oli, agrumi, frutta e vino.
• Nell’ultimo decennio del XIX secolo furono fondate le maggiori industrie italiane: Fiat, Isotta, Ausonia, Ilva, Breda, Metallurgica Toscana, Crespi, Rossi, Florio, Cirio.
• In tre anni il deficit del bilancio italiano si moltiplicò per dieci: da 23 milioni di lire dell’86 si passò a 72 nell’87, poi a 108 nell’88, per raggiungere 238 milioni nell’89.
• Francesco Crispi descritto dai cronisti delle sedute parlamentari: "Redingote nera, bordata di seta, calzoni a righe, un gilè bianco attraversato da una catena d’oro e sormontato da una cravatta sulla quale brillava una spilla di diamanti, infilati alle dita non meno di due o tre anelli...".
• I ministeriali del sud si potevano riconoscere dall’abbigliamento: sempre vestiti di nero dalla testa ai piedi, solo il panciotto era colorato (’rosso granatone”, ”verde pisello” o ”castagnaccio”, come imponeva la moda). Più eleganti gli onorevoli del nord: giacche filettate in seta, colletto basso e cravatta bianca. Alcuni poi superavano tutti per la classe, sfoggiando colletto duro e alto, gilet accollato a bande bianche sul cravattino sottile, al modo di Andrea Sperelli (il personaggio de Il piacere di D’Annunzio) che furoreggiava ai tempi. Tutti comunque avevano i baffi, la maggioranza spioventi sul labbro superiore sino a coprirlo, come Francesco Crispi; oppure all’Umberto, molto lunghi e tirati orizzontalmente. Molti coloro che portavano la barba (’mosca” o pizzo erano i tagli più alla moda).
• Nel 1883, il pittore abruzzese Francesco Paolo Michetti aveva acquistato il cinquecentesco convento degli Zoccolanti di Francavilla. L’edificio era di fronte al mare, sulla cima di una collina attraversata da piccoli sentieri tortuosi. Michetti lo aveva trasformato in un’abitazione e volentieri lasciava le celle del piano superiore agli amici poeti, pittori, scultori e musicisti. Qui Gabriele D’Annunzio scrisse in sei mesi Il Piacere (pubblicato dai fratelli Treves nel 1889). Un divano, tappeti persiani e cuscini di broccato arredavano la cella del poeta, che agli amici, durante i pasti serali, ripeteva: "Devo resistere usque ad finem, con spirito lucido e resistenza fisica". A vigilare sull’assiduità del suo lavoro era lo stesso Michetti (in una lettera D’Annunzio scrisse: "Veglia come un cerbero alla mia porta. In verità io non farò nulla lontano dal convento"). Il pittore fece addirittura suonare la campana in segno di festa quando l’amico poeta portò a compimento l’opera. Gli artisti che si trovavano nel convento avevano l’obbligo di cenare tutti insieme (d’estate sotto il pergolato ch’era sulla terrazza) per scambiarsi idee ed esperienze. Dopo le cene, gli ospiti trascorrevano il tempo cantando, disegnando e discutendo. Doppione
• Tra i poeti, Giolitti aveva una predilezione per il Belli. Recitava volentieri I Sepolcri di Foscolo, conosceva i romanzi russi nelle prime traduzioni (apprezzò molto Padri e figli di Turgenev).
• La ”Cronaca Bizantina”, una delle più belle riviste italiane di sempre, animò la vita culturale di Roma tra il 1881 e il 1886. Aveva sede in via Due Macelli, nel Collegio di Propaganda Fide. Tra i collaboratori D’Annunzio, Carducci, Serao, Capuana, De Amicis, Verga, Pascarella, Pascoli. Fino al marzo 1885 il quindicinale fu pubblicato da Angelo Sommaruga, disinvolto intellettuale che editava pure i periodici ”Le forche caudine” e ”Nabab”, gestiti interamente dall’ex professore di economia nonché massone Pietro Sbarbaro. Dalle pagine di queste ultime riviste i due si prendevano la libertà di diffamare chiunque volessero. Fino a quando al Sommaruga giunse un mandato di cattura e le sue attività (tra cui la ”Cronaca”) furono sequestrate. Dal novembre 1885 editore del periodico fu Maffeo Sciarra.
• Racconta Carlo Dossi che tra i bersagli preferiti della ”Cronaca Bizantina” c’era il poeta catanese Mario Rapisardi, definito "il siciliano becco": il soprannome fu suggerito dal Verga, il quale era nel nutrito novero di coloro che avevano potuto godere delle grazie di Giselda Fojanesi, moglie di Rapisardi.