Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 11 Venerdì calendario

Quei levrieri nati sul Lago
 più veloci di Usain Bolt

Adelchi Lionello ha solo 3 anni ma è più veloce di Usain Bolt. I suoi antenati sono stati la compagnia preferita dei nobili d’un tempo e molte opere di artisti famosi li ritraggono accanto ai loro inseparabili padroni. Lionello è un Piccolo levriero italiano, affettuoso e sensibile. Intorno agli Anni 20 la sua razza è stata ricostruita dal conte Emilio Cavallini nella sua villa a Solcio di Lesa. E oggi, proprio al Lago Maggiore, si devono i natali del prodigioso velocista che ha trionfato agli ultimi mondiali.

Campione di salute

Con lo sport, anche il Piccolo levriero italiano cresce più sano e forte. Ne è convinto il veterinario di Meina, Angelo Anselmi, appassionato allevatore della razza: «Erroneamente, è considerata fragile e poco sana. Per questo ho puntato sullo sport. L’attività fisica migliora notevolmente la salute genetica». Lionello ha vinto l’anno scorso il campionato europeo di racing a Hunstetten in Germania e quest’anno a Tolosa è diventato campione ai mondiali di racing per PLI riconosciuti dalla Federazione cinofila internazionale, fissando il record assoluto. Con i suoi circa 40 km orari (il suo primato è di 27,8 secondi sui 350 m), sfreccia più veloce del giamaicano Usain Bolt, il più grande sprinter di tutti i tempi che corre a 37,5 km orari.
Il campioncino del Lago Maggiore, 38 cm di altezza e 6 kg di peso, ha regalato diverse soddisfazioni al suo padrone: «Non c’è un ritorno economico, anche se i premi possono dare lustro al mio allevamento “Adelchi”». L’obiettivo principale del veterinario-trainer è un altro: «Da quando, a fine Anni 80, ebbi in affidamento il mio primo levriero, mi sono impegnato ad alleviare i problemi di salute, iniziando a selezionarli con lo sport per portare avanti cani forti, sani e quindi più adatti alla compagnia, che è poi la loro vocazione».

La rinascita a Lesa 

I levrieri di villa Cavallini vivevano nel lusso più sfrenato, al primo piano della nobile dimora di Lesa. Oggi riposano attorno al corpo centrale dell’edificio e alla fontana, dove restano decine e decine di lapidi con tanto di pedigree scolpiti: nome, genitori, caratteristiche, causa di morte: «Il cimitero è una testimonianza unica per la cinofilia di un periodo storico irripetibile», sottolinea Anselmi. È la prova di un impegno assiduo e all’avanguardia del conte Emilio a partire dagli Anni 20, opera che dopo la sua morte proseguì la sorella Adelaide: «Cinque addetti, tra cui tre veterinari, si occupavano solo dei loro cani. Fu il conte con il suo lavoro a fissare la razza antichissima così come è oggi : ormai la “levrette” stava assumendo dimensioni simili a un chihuahua con tendenze al nanismo. Grazie alla selezione del conte tornò alle caratteristiche originarie».

Nel testamento i nobili Cavallini chiesero al Comune di continuare ad accudire i cani, ma la Seconda guerra mondiale ha portato alla loro decimazione: alcuni vennero barbaramente gettati nel lago. Nonostante tutto, un po’ del Dna di Lesa è sopravvissuto in tutti gli attuali Piccoli levrieri italiani. Pure in Lionello, valoroso pronipote.