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 2016  novembre 11 Venerdì calendario

«Vuole riproporre la ricetta di Reagan 
ma così il debito rischia di esplodere». Intervista a Carlo Cottarelli

«Non lo nascondo, anche io sono rimasto sorpreso dall’affermazione di Trump ma soprattutto dalle sue dimensioni. Ora è un presidente fortissimo perché ha anche tutto il Congresso. Bisognerà vedere quali saranno ora le sue mosse in economia: ha già ammorbidito i toni rispetto alla campagna elettorale, ma non potrà tornare indietro rispetto a molte promesse». Lo afferma Carlo Cottarelli, direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, ed ex commissario alle spending review. Sta presentando il suo nuovo libro: «Il macigno – Perché il debito pubblico ci schiaccia e come si fa a liberarsene».

Quale sarà la ricetta di Trump?

«In campagna elettorale ha detto molte cose, per esempio ha parlato dell’espulsione di milioni di immigrati, per poi correggerle senza peraltro mai smentire la prima versione. Parla di minori tasse, ma al tempo stesso di maggiore spesa pubblica, che a prima vista appare una contraddizione. L’intendimento è quello di risvegliare l’economia».

Tradotto in parole semplici: lascio più soldi in tasca ai cittadini, rilancio gli investimenti pubblici e un’economia che gira riassorbe il deficit; nel frattempo faccio lavorare la gente.

«È fondamentalmente la stessa impostazione della “Reaganomics”. Ma certi meccanismi non sono così automatici e l’esperienza di Reagan, che è l’indicatore al quale dobbiamo fare riferimento, non è andata così».

L’incidenza del debito pubblico sul prodotto lordo era quasi raddoppiata alla fine della presidenza Reagan...

«Questo è il rischio cui va incontro Trump. Bisogna però dire che il debito pubblico negli Usa è molto vigilato. Esiste ad esempio il Comitato per un bilancio federale responsabile che è molto autorevole. È stato citato in tutti e tre i dibattiti televisivi ed è un organismo indipendente. È finanziato dai privati, perché negli Usa il settore privato vuole controllare molto bene cosa fa il settore pubblico. Da noi non avviene».

Per quale motivo?

«Fondamentalmente culturale. Così anche nei confronti con l’Ue i numeri appaiono a volte variabili impazzite, proprio perché manca un’attestazione indipendente delle cifre e ognuno, ovviamente, tira l’acqua al suo mulino. Poi mancano indici oggettivi per misurare la qualità dei servizi e della trasparenza della spesa».

Altrove fanno meglio di noi...

«Nel Regno Unito, dalla metà degli Anni 90, sono stati introdotti indicatori per valutare programmi di spesa e obiettivi raggiunti nel tempo. Questi indici rappresentano dati oggettivi per procedere, ogni due o tre anni, con le spending review».

Tornando a Trump: quali saranno le altre prime sue mosse?

«Credo che non potrà, anzi, non vorrà esimersi dal rinegoziare alcuni trattati, come ad esempio il Nafta (l’Accordo nordamericano per il libero scambio, ndr). Poi bisognerà capire il destino dell’Obamacare. La sua sorte è segnata, bisognerà vedere con che cosa Trump vorrà sostituirlo».